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La Corte Suprema va a guardare nei soldi di Trump

Paola Peduzzi

Follow the money, la falla del trumpismo. I giudici dicono che il presidente degli Stati Uniti non è sopra la legge e deve mostrare le sue dichiarazioni dei redditi (ma non accadrà prima delle elezioni)

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L’ex avvocato di Donald Trump,Michael Cohen, aveva detto: follow the money. Lui che a lungo è stato il factotum del presidente (anche prima che lo diventasse) e che diceva che non lo avrebbe mai tradito – “prenderei anche un proiettile al suo posto” – a un certo punto, dopo l’ultimo eccesso o forse l’ultima umiliazione, decise che avrebbe dato la sua versione dei fatti – sui soldi spesi da Trump per mettere a tacere le donne che lo accusavano di molestie – davanti al Congresso. Quel giorno, Cohen disse: follow the money. Tutti cercavano connessioni russe, poi sarebbe arrivato l’impeachment sulla questione ucraina, ma l’ex avvocato già allora, era il marzo del 2019, insisteva: guardate ai soldi, è lì la falla del trumpismo.

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L’ex avvocato di Donald Trump,Michael Cohen, aveva detto: follow the money. Lui che a lungo è stato il factotum del presidente (anche prima che lo diventasse) e che diceva che non lo avrebbe mai tradito – “prenderei anche un proiettile al suo posto” – a un certo punto, dopo l’ultimo eccesso o forse l’ultima umiliazione, decise che avrebbe dato la sua versione dei fatti – sui soldi spesi da Trump per mettere a tacere le donne che lo accusavano di molestie – davanti al Congresso. Quel giorno, Cohen disse: follow the money. Tutti cercavano connessioni russe, poi sarebbe arrivato l’impeachment sulla questione ucraina, ma l’ex avvocato già allora, era il marzo del 2019, insisteva: guardate ai soldi, è lì la falla del trumpismo.

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Oggi la Corte suprema ha guardato i soldi di Trump. In due sentenze che chiudono la sessione estiva della Corte, i giudici hanno deciso su due temi molto rilevanti: gli americani possono vedere la dichiarazione dei redditi di Trump? E i procuratori di New York che proprio nell’indagine nata con Cohen vogliono vedere dei documenti di Trump per cercare eventuale denaro riciclato possono farlo?

 

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La Corte ha deciso di no (per ora) nel primo caso, di sì nel secondo, ma in generale hanno sancito un principio chiaro: il presidente non è sopra la legge, è “un every man” anche lui. Sette giudici contro due (i due sono Clarence Thomas e Samuel Alito, l’opinion della sentenza è stata scritta dal presidente della Corte, John Roberts) hanno deciso che le richieste da parte delle commissioni di Congresso di aver accesso alla dichiarazione dei redditi del presidente non possono essere accolte ma devono essere rimandate ai tribunali perché valutino “le rilevanti preoccupazioni sulla separazione dei poteri implicate nelle richieste del Congresso per ottenere le informazioni sul presidente”.

 

Quanto al secondo caso: il procuratore di Manhattan, Cy Vance, chiedeva le dichiarazioni dei redditi di Trump di otto anni per cercare le prove deipagamenti fatti all’attrice Stormy Daniels, perché la loro relazione non diventasse pubblica. Trump sosteneva che la richiesta era incostituzionale, ma sette giudici contro due (gli stessi) hanno detto che Vance può avere accesso a questi documenti che però, con tutta probabilità, non saranno pubblici prima delle elezioni di novembre.

 

Trump è convinto che i giudici supremi gli stiano facendo una guerra perché i giudici conservatori (uno nominato da lui, Neil Gorusch) hanno votato assieme ai giudici liberal anche in alcune altre sentenze delle scorse settimane. In particolare: la Corte ha deciso che il Civil Right Act protegge omosessuali e transgender da eventuali discriminazioni sul lavoro; ha votato contro il tentativo di Trump di mettere fine al programma di protezione degli immigrati – i “dreamers” – entrati illegalmente negli Stati Uniti quando erano bambini (il Deferred Action for Childhood Arrivals, o Daca, era stato approvato da Barack Obama nel 2012); ha definito incostituzionale una legge della Louisiana sull’aborto considerata restrittiva.

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E ora l’ultimo colpo, sui soldi poi. Il presidente della Corte, il giudice conservatore John Roberts, è stato decisivo in questi casi e mentre Trump diceva che la Corte non gli vuole bene, la propaganda online si scatenava contro Roberts. Qanon ha messo in giro un biglietto aereo a nome di un John Roberts che andava alla residenza del fu Jeffrey Epstein, quindi dalle ragazzine che Epstein offriva agli amici e di cui si approfittava anche lui. Quando poi si è saputo che Roberts un mese fa ha dovuto mettere dei punti in testa in seguito a una caduta e nessuno ne sapeva nulla, il cerchio del complottismo ha trovato la sua chiusura: Roberts è malato, oltre che pervertito.

    
Secondo i commentatori che seguono la Corte suprema e quindi Roberts, che è presidente da quindici anni (fu nominato da Bush jr), l’unico obiettivo dei giudici oggi è mantenere l’autonomia della Corte, preservarla dalla polarizzazione del dibattito politico, contenere lo scontro tra poteri che sta deteriorando le istituzioni americane, evitare che ogni sentenza cada sempre e soltanto nella dicotomia voluta da Trump: con me o contro di me. Poiché la nomina dei giudici è politica, questa autonomia si conserva soltanto rispettando il proprio approccio alla Costituzione (ogni giudice al suo, ed è frutto di studi, esperienze, convinzioni) e le sentenze passate. Un esempio: Roberts ha votato contro la legge della Louisiana sull’aborto perché la Corte, nel 2016, aveva bocciato una misura simile che riguardava il Texas. Allora Roberts era tra i sostenitori, ma vinse l’altro blocco, e così oggi Roberts dice di aver voluto rispettare quella sentenza, in coerenza con il passato.

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Per Trump si tratta però soltanto di un conflitto aperto dalla Corte nei suoi confronti e questo ultimo capitolo sulle dichiarazioni dei redditi sarà per lui un’altra conferma. Le conseguenze sono tante, per lo scontro istituzionale e anche per la fortezza che Trump ha costruito attorno ai suoi affari. Ma quando si dovrà votare per Trump ancora le sue dichiarazioni dei redditi non saranno pubbliche. Però la Corte conferma che ci sono argini forti, in un democrazia come l’America, a una deriva autoritaria. Il presidente non è sopra la legge anche se s’atteggia come tale, e follow the money, è questa la falla del trumpismo.

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