Una delle scene dell'attentato a Hanau (foto LaPresse)

L'istinto barbarico della guerra civile

Giuliano Ferrara

La xenofobia alimentata dai falsi difensori della società giudeo-cristiano

La Germania è solo un paese infinitamente più tragico dell’Italia però Macerata non è così distante da Hanau. Noi qui per fortuna e miracolo niente morti tra i neri o gli stranieri, il leghista solitario di provincia si è pentito presto, ne è risultato un tremendo spavento e un allarme e un bel racconto giornalistico di Ezio Mauro, e alla fine la Lega di Salvini, che dopo la sparatoria ha preso una maggioranza bulgara alle elezioni in loco, è un minaccioso miscuglio di razzismo xenofobia e fascismo tuttavia temperato dalla pappa del cuore all’italiana, dalla Nutella, dallo stesso mettersi in modalità Papeete di un leader chiacchierone e pasticcione nella sua ripugnante demagogia cinica, sì, ma per un pugno di voti. Là dove nelle Marche spari a casaccio e ti penti a casaccio, nella media città dell’Assia uccidi turchi, afghani, polacchi, e miri ai curdi e ai neri invasori e ti uccidi, rendi pubbliche via social grottesche motivazioni sul rimpiazzo etnico e sul complotto, ecciti gli americani a ribellarsi contro le forze oscure della globalizzazione in agguato, e il tuo partito di riferimento, i guastatori paranazi e antisemiti dell’AfD, ha ben altra eredità ideologica e storica sulle spalle, è gente che rappresenta pezzi di società rossobruni sia all’est ex comunista déraciné sia all’ovest sulle rive affluenti del fiume Meno, tedeschi che non sopportano la crescente diversità di origine, di lingua, di foggia e di tratti somatici pertinenti che li circonda, uomini e donne comuni che non hanno mai conosciuto o capito la frase cosmopolita e illuminista di Friedrich Meinecke: non è tedesco essere soltanto tedesco.

   

D’altra parte a giugno un Pietro Bartolo tedesco era stato ammazzato come un cane, e il terrorismo contro i Gastarbeiter, contro gli stranieri delle comunità che vivono e lavorano in Germania, fanno festa alla sera e fumano il narghilè, ha sviluppi reticolari imprevedibili e funesti, che allarmano la cancelliera lungimirante, che non aveva chiuso la porta in faccia a un milione di siriani e li ha largamente integrati al suono delle sue stesse parole: Wir schaffen das, ce la facciamo, yes we can.

  

Da noi in tanti, politici intellettuali antropologi mezzi filosofi mezzi giornalisti, pretendono di rappresentare la gente impaurita e stordita dall’irruente novità della mobilità tra i continenti e le aree di crisi, ché anche noi siamo un’area di crisi, facendo propria in modo più o meno ipocrita la logica della prudenza, della distinzione, e cercando di esercitare comprensione sociologica verso quelli che non ci stanno, che vedono negli altri, zingari o musulmani o neri, dei nemici belli e fatti, da “annientare” con le cattive, come lo sparatore suicida di Hanau, o con le mezze misure delle finte divise, dei proclami sui porti, delle frontiere chiuse e del trumpismo di riporto. La loro è un’illusione, quando non sia un escamotage opportunista e vile, perché tu puoi rifiutare le bellurie del modello multiculturale, opporti al comunitarismo in nome della laicità e dei diritti individuali appartenenti alla tua cultura, ma alla fine la condizione umana e politica ti impone una scelta chiara, netta: o sei giudeo-cristiano sul serio, e capisci che la storia è storia di esodi, di ritorni, dell’umile e tenace spinta alla convivenza contro l’istinto barbarico della guerra civile, e che senza necessariamente teorizzare il comodo meticciato in cui tutti diventano grigi la tua forza civile, anche quella nazionale, la devi ritrovare nelle tue premesse culturali e nei tuoi costumi e usi, compresi quelli religiosi, non nella cancellazione di costumi e usi degli altri, oppure diventi con l’estrema facilità che vediamo un nichilista e un morboso complottista via social, uno pronto a uccidere in un mondo di potenziali nemici assoluti. Era giusto capire Anders Breivik, ma solo per intuire la costruzione di un mostro e le ragioni della mostruosità, non per alimentare la corruzione dell’idea di civiltà occidentale attraverso la sua spietata degenerazione nazionalista e razziale.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.