Konstantin Malofeev è nato nel 1974 a Pushchino. E’ uno degli uomini più ricchi di Russia. Da filantropo sostiene i movimenti sovranisti e cristiani di tutto il mondo

Il Soros di Russia

Pasquale Annicchino

L’ideologia conta più dei rubli. Chi è Malofeev, l’oligarca russo diventato anche in Italia nodo centrale del soft-power putiniano

Prima scena. Alla fine di ottobre 2014 Panagiotis Kammenos, leader dei Greci Indipendenti, ed ex ministro della Difesa del governo Tsipras, scompare dai radar. Vola in Russia per un matrimonio con altri 89 esponenti dell’establishment ellenico. Quando torna non vede l’ora di entrare nel governo di coalizione con Syriza. Il matrimonio è tra due greci. Un grosso, grasso matrimonio greco, in Russia. Perché un matrimonio greco in Russia? Perché uno degli ospiti d’onore, e testimone di nozze di quel matrimonio, non può andare in Grecia e allora, soprattutto in questo caso, se l’ospite non può si sposta il matrimonio nel suo Paese. Ne aveva scritto su questo giornale Daniele Ranieri il 31 gennaio 2015. L’ospite d’onore di quel matrimonio era Kostantin Valeryevich Malofeev, oligarca russo, moscovita, nato nel 1974.

 

Fedele e devoto di Vladimir ha lavorato nella finanza e per alcune banche russe prima di fondare la Marshall Capital, oggi importante società d’investimento in Russia Putin, tendenze monarchico-zariste, ultranazionalista, ultraortodosso, filantropo. Sospettato dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea di essere vicino ai separatisti ucraini e di averli finanziati e per questo motivo sottoposto a sanzioni che gli impediscono di entrare in Europa. E’ inoltre accusato, tra le altre cose, di aver avuto un ruolo negli scandali scoppiati negli scorsi anni e che hanno riguardato i rapporti tra il Cremlino e il partito di Marine Le Pen. Malofeev non ha paura delle sanzioni. Come lui stesso ha avuto modo di affermare: “Le sanzioni sono uno strumento molto stupido, e soltanto Obama può credere che abbiano effetto. L’unico inconveniente è che non posso andare in Europa, non posso andare in vacanza sulle Alpi. La scorsa settimana un amico greco mi ha chiesto di essere testimone alle sue nozze, ma ho dovuto portare lui e tutti gli invitati greci qui da me e organizzare il matrimonio qui. Questo è l’effetto che mi fanno le sanzioni…”. Se Malofeev non va al matrimonio, il matrimonio va da Malofeev.

 

La sua azienda editoriale è studiata sul modello Fox News. Uno dei primi acquisti fu J. Hanick, ex produttore della tv statunitense

Seconda scena. E’ Novinsky Boulevard 31, Mosca, l’epicentro da cui tutto si origina. Il palazzo di vetro rosso, sede di grandi multinazionali e molte compagnie petrolifere (Shell, Repsol, Exxon Mobile). Al quinto piano invece c’è la sede di Tsargrad, l’azienda editoriale di Malofeev, studiata a partire dal modello di Fox News. Come lo stesso Malofeev ha affermato in un’intervista: “Quando Fox News è entrata nel mercato statunitense nel 1996 o 1997 era molto diversa dalla CNN e dalla Abc. Fox dava spazio ad argomenti di cui le persone parlavano fra di loro e nelle loro cucine. Argomenti che le altri reti televisive avevano paura di affrontare o di mandare in onda […] Da un certo punto di vista Tsargrad è simile alla Fox News. Siamo partiti dall’idea che ci sono molte persone che si sentono vicine ai valori tradizionali e loro hanno bisogno di una voce”. Il riferimento a Fox News non è casuale dato che uno dei primi acquisti di Malofeev fu proprio Jack Hanick, ex produttore della rete tv statunitense. Nascono così campagne che diventano popolari come quella che offre biglietti di sola andata per gli omosessuali per andarsene dalla Russia. Malofeev ha una visione gramsciana volta a creare una nuova egemonia in nome del tradizionalismo nazionalista (ortodosso). E’ il software, l’ideologia, che conta più dei rubli. Tutto è funzionale alla creazione di un vero e proprio contro-establishment culturale che possa radicarsi in Russia e poi essere esportato. Nascono così iniziative come il centro studi e la rivista online di geopolitica Katehon che ha come obiettivo quello di diffondere la cultura politica euroasiatica. Ed è proprio con Katehon che parla Savoini in un’intervista pubblicata il 6 dicembre 2016 a commento del referendum costituzionale e della situazione politica europea. Sarà un caso ma, come ha rivelato Giovanni Tizian su L’Espresso, è a Tverskaya Street 7 che ha sede il centro studi, lo stesso numero civico in cui è registrata la sede del movimento Euroasiatico fondato da Dugin, il noto filosofo putiniano di recente protagonista di un tour in Italia. E’ su Katehon che Dugin già nel febbraio 2016 aveva espresso il suo endorsement per Donald Trump: “Trump è la vera America”.

  

Terza scena. E’ il 15 dicembre 2013, Matteo Salvini viene proclamato segretario del partito. In platea al Lingotto si aggira Alexey Komov. Probabilmente un signor nessuno per i partecipanti all’evento, ma è l’uomo con forti connessioni con l’establishment russo e dipendente della fondazione caritatevole San Basilio il Grande fondata proprio da Malofeev. Il più importante braccio operativo delle varie iniziative. Giancarlo Giorgetti introduce Komov sul palco del Lingotto e lui non delude il pubblico presente: “Il 90 per cento della popolazione russa è contro il peccato dell’omosessualità!”. Komov sarà poi uno dei protagonisti anche del World Congress of Families di Verona, fortemente voluto anche da Salvini, organizzazione per cui ricopre il ruolo di ambasciatore presso le Nazioni Unite.

   

Ha lavorato nella finanza e per alcune banche russe prima di fondare la Marshall Capital, oggi importante società d’investimento in Russia

Tre scene che potrebbero dipingere momenti apparentemente distanti e non connessi, ma che fanno parte di un più complesso mosaico di un fenomeno che lo studioso Clifford Bob ha analizzato in un bel volume pubblicato nel 2012 da Cambridge University Press: “The Global Right Wing”. I sovranisti, i nazionalisti, che fanno dell’internazionalismo la loro forza. Oggi, a ormai 7 anni di distanza dal libro di Bob, la Russia ha assunto un ruolo centrale in questo network. Ci sarebbe da dire che l’esperienza del ComIntern non è passata invano: “Una volta Kgb, sempre Kgb”. Kristina Stoeckl è una giovane professoressa dell’Università di Innsbruck che da anni studia quanto sta succedendo in Russia e le proiezioni globali della Chiesa ortodossa. Al Foglio dice che il World Congress of Families, una delle organizzazioni sponsorizzate da Malofeev, “è ufficialmente una organizzazione statunitense, ma il suo network europeo è coordinato in larga parte dalla Russia”. Questo attivismo russo ha un impatto anche all’interno della Russia. Proprio Malofeev nel 2019 è stato nominato in una posizione di rilievo all’interno dell’organizzazione Vsemirnyj Russkij Narodnyj Sobor che da anni si è proposta di propagandare idee di estrema destra e anti-liberali all’interno della Chiesa e nel dibattito politico russo. La sua nomina, secondo Stoeckl, “è il segnale della crescente influenza di Malofeev anche all’interno della Chiesa”. Per Kristina Stoeckl è proprio in questo milieu intellettuale che vanno cercati i legami più profondi tra la Lega e Malofeev, punto di contatto potrebbe essere Dugin, i cui legami con i movimenti neo-fascisti italiani sono datati e risalgono almeno agli anni ’80 quando divenne popolare all’interno di questa cerchia ristretta in quanto traduttore delle opere di Julius Evola.

 

Anche attività che possono apparire ideologicamente neutrali, come la creazione da parte di Malofeev di un board di esperti sulla sicurezza di internet, nascondono in realtà una ben precisa missione, sottolinea Stoeckl: “Potrebbe sembrare un’idea innocua, ma si tratta del modo di trovare possibili soluzioni per mettere sotto controllo e censurare su internet in Russia”. La “Lega per un internet sicuro” di Malofeev avrebbe infatti prodotto la prima bozza della legge sulla censura su internet poi approvata in Russia all’inizio di quest’anno. Una “Gestapo postmoderna”, nella definizione di Christo Grozev, ricercatore bulgaro basato a Vienna che da anni segue le vicende russe.

  

Una delle persone a lui più vicine è padre Tikhon, il confessore spirituale di Vladimir Putin, vicario del patriarca Kirill

Uno dei nodi centrali del soft-power russo, che lo stesso Malofeev ha saputo ben inquadrare, è la Chiesa ortodossa. Non a caso una delle persone a lui più vicine è padre Tikhon, il confessore spirituale di Vladimir Putin, vicario del patriarca Kirill. Se il regime comunista sovietico aveva incarcerato i preti, espropriato di tutti i beni le organizzazioni religiose in nome dell’ateismo di stato, Putin ha capito che la Russia aveva bisogno di un nuovo collante identitario da ritrovare nell’identità cristiana e ortodossa da opporre all’individualismo materialista occidentale e così donare un ruolo salvifico e una missione allo Stato. La Russia, e solo la Russia, avrebbe salvato la cristianità dal declino e dal degrado a cui l’aveva portata l’Occidente corrotto. Dietro a questo revirement dell’ex agente del KGB non c’è solo un comodo riposizionamento politico, ma una visione, alcuni arrivano addirittura a sostenere una vera e profonda conversione spirituale. C’è poi la riflessione teologica della Chiesa ortodossa che filtra e diviene ideologia di Stato. Così nella Dichiarazione sui diritti e le dignità dell’uomo approvata il 10 aprile 2006 dal Concilio mondiale del popolo russo si sancisce l’esplicita subordinazione dei diritti dell’uomo ai valori religiosi: “Non si possono ammettere situazioni in cui la realizzazione dei diritti dell’uomo calpesti la fede e la tradizione morale o porti a offendere i sentimenti religiosi o nazionali, le cose sacre venerate o minacci l’esistenza della Patria”. E’ questo il background su cui si attiva l’apparato filantropico-intellettuale costruito da Malofeev: Patria e ortodossia. Padroni a casa nostra.

  

La sua attività è funzionale alla creazione di un contro establishment culturale da esportare fuori dalla Russia. Tutti i contatti con Salvini

Ma la visione di Malofeev, di Putin, della Russia come Katechon, quel qualcuno o qualcosa, indicato da San Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi, che frena e contiene l’avanzata dell’Anticristo prima dell’apocalisse e della parusia di Cristo è realistica? Olivier Roy in un recente intervento sul Sussidiario ha scritto che: “Nessun politico è pronto a far campagna a favore dei principi non negoziabili perché i nuovi valori sono entrati nei costumi anche a destra e tra i populisti. La sola concessione che i politici possono fare è menzionare ‘l’identità cristiana’, a condizione che questo non implichi la messa in pratica dei valori cristiani. E quelli di loro che, ‘a titolo personale’, si dicono contrari all’aborto, si affrettano a dichiarare che non rimetteranno in discussione questo diritto […] per la stragrande maggioranza dei politici, uomini e donne, il Cristianesimo è un ‘patrimonio’, un insieme di ‘radici’ e un’ ‘identità’, mai una fede o un sistema di valori e di norme. Il Cristianesimo è il nostro passato, non il nostro futuro. I populisti sono figli del ’68 che vogliono ancora godersi la vita, ma solo tra di loro”.

 

Se in Russia la forza dell’apparato coercitivo dello Stato può essere usata per imporre alcuni aspetti della visione del tradizionalismo nazionalista, la missione appare più difficile nei Paesi occidentali. Ma la tendenza si può invertire, come sognano i nuovi adepti del messianesimo panslavista? Per Roy è impossibile: “La volontà […] di invertire la tendenza è illusoria: combattono i mulini in rovina (il politicamente corretto, il multiculturalismo) e non la mutazione antropologica della società”. Non sappiano se i rubli del Metropol ci siano davvero, e anche se ci fossero sarebbero una variabile politica secondaria. Quello che si vede è un complesso congegno transnazionale, una weltanschauung fusionista dove nazionalismo, statalismo e tradizionalismo religioso compongono una miscela esplosiva pronta ad esplodere. Kostantin Valeryevich Malofeev lo sa e crede che Mosca sia destinata a diventare finalmente la “Terza Roma”, la guida a cui spetta la missione di combattere gli eretici. Nel frattempo, a Novinsky Boulevard 31, aspetta il ritorno dello Zar.

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