Foto tratta dalla pagina Facebook della CDU Melsungen

L'omicidio politico è tornato in Europa

Paola Peduzzi

Dal tedesco Lübcke a Jo Cox passando per Danzica. L’uccisione davanti a casa, tra gli elettori, sul palco. Ecco il terrorismo politico della porta accanto

Milano. Uno, due, poi un terzo: ecco, l’omicidio politico è tornato nella nostra Europa, esponenti politici ammazzati per le loro idee. L’ultimo è stato ucciso a inizio giugno nell’Assia, la regione che ospita la Banca centrale europea: Walter Lübcke, 65 anni, presidente cristianodemocratico del Consiglio regionale della cittadina di Kassel, è stato ritrovato morto davanti a casa sua. Lo ha ucciso un colpo sparato alla testa da una distanza ravvicinata. Pochi mesi fa, era accaduta una cosa simile. A gennaio, fu il sindaco di Danzica, Pawel Bogdan Adamowicz, 53 anni, a essere ucciso: era sul palco di un evento di solidarietà per i bambini ricoverati negli ospedali polacchi, e un ragazzo di 27 anni lo accoltellò al cuore: perse molto sangue, un’operazione d’urgenza non lo salvò. In questi giorni abbiamo celebrato il terzo anniversario dell’omicidio di Jo Cox, 42 anni, parlamentare laburista inglese, uccisa da tre colpi e quindici coltellate il 16 giugno del 2016 – e no, la Brexit non c’entrava nulla, nonostante qualcuno in Italia disse allora di sentire “puzza di marcio bruciato”, come se uccidere una deputata contraria alla Brexit potesse essere una manovra per aiutare il fronte europeista. Questi esponenti politici sono stati uccisi per le loro idee: Lübcke era un sostenitore della politica di accoglienza ai migranti inaugurata dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, nel 2015; Adamowicz era sindaco di Danzica dal 1998 ed era un liberale fiero di guidare una città che definiva “un porto aperto al mondo”; la Cox era parlamentare da poco e si era sempre dedicata a progetti di solidarietà: costruiva comunità, diceva. “Se qualcuno è così odiato soltanto perché ha una visione liberale del mondo, allora siamo di fronte al declino della moralità umana”, ha detto il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, negli scorsi giorni, commentando l’inchiesta in corso sull’omicidio di Lübcke che pare essere arrivata a qualche risultato.

 

Domenica è stato arrestato un uomo di 45 anni rintracciato con il test del Dna e, secondo la Bild e la Frankfurter Allgemeine, l’assassino di Lübcke apparterrebbe ad ambienti legati all’estrema destra tedesca. Al momento la polizia non ha fornito dettagli ulteriori, ma il declino della moralità umana citato da Seehofer – che è un conservatore bavarese contrario alla politica di accoglienza della “sua” cancelliera – è già stato certificato dall’odio che si è scatenato online nei confronti di Lübcke. Nell’ottobre del 2015, il politico della Cdu disse che l’aiuto ai migranti era un valore fondante della cristianità, “chiunque non rappresenti questi valori può lasciare il paese in ogni momento, è una libertà di ogni tedesco”. Il video di questa dichiarazione è diventato virale nel mondo dell’estrema destra che denuncia “la grande sostituzione etnica” perpetrata dai liberali che vogliono distruggere la cultura europea bianca.

 

Quando Lübcke è stato ucciso, molti account di estrema destra sui social hanno festeggiato, non siate tristi, è una grande notizia, dicevano, e continuavano a ripubblicare quella frase come a dire: se preferisci accogliere migranti e cacciare tedeschi, meriti di morire. I liberali sono dei traditori, ed è proprio questo termine che l’assassino della Cox, Thomas Mair, giardiniere neonazi disoccupato, usò in tribunale quando gli chiesero le sue generalità: “Il mio nome è morte ai traditori, Gran Bretagna libera” (è stato condannato all’ergastolo per terrorismo). L’assassino di Adamowicz, Stefan W., aveva ragioni personali, ha detto, “sono stato messo in galera ingiustamente”, ma ha utilizzato un altro termine significativo: “Piattaforma civica (il partito di appartenenza del sindaco, ndr) mi ha torturato, ed è per questo che Adamowicz è morto”. I liberali accolgono, i liberali tradiscono, i liberali torturano e quindi meritano di morire. Le autorità europee continuano a scoprire cellule estremiste, mentre le agenzie di intelligence recuperano competenze e dati sul cosiddetto “terrorista della porta accanto”, il vicino di casa che non arriva dall’altra parte del mare, ma che ti considera un traditore. Il declino era cominciato a Utoya, in Norvegia, nel 2011: 77 persone uccise, moltissimi ragazzi, un assassino, Anders Breivik, ragazzo pure lui, che si definiva “il salvatore della cristianità” e “il difensore della cultura europea”. Ci sembrò un caso isolato, un lupo solitario con sfumature da aurora boreale, e invece.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi