Andrej Babis (foto LaPresse)

A Praga c'è un primo ministro, ma nessuno vuole governare con lui

Micol Flammini

Andrej Babis è stato eletto ma non ha la maggioranza. Tutto dipende dallo scontro tra filorussi ed europeisti alla presidenza

Roma.  Andrej Babis, eletto primo ministro lo scorso ottobre, è il secondo uomo più ricco nel suo paese. Possiede la Agrofert, una holding agrochimica che raggruppa oltre duecentocinquanta imprese nel settore, è proprietario del gruppo editoriale Mafra, che pubblica la maggior parte dei giornali cechi. E’ stato ministro delle Finanze durante il passato governo Sobotka e poi ha deciso di presentarsi alle elezioni alla guida del partito euroscettico e nazionalista Ano (significa “sì” in ceco), fondato da lui. Ha vinto le parlamentari ottenendo soltanto il 30 per cento dei voti, non abbastanza per poter governare da solo, e da allora è alla ricerca di possibili coalizioni. Per chi lo definisce il Trump ceco, non sarà strano notare come, anche per lui, governare si stia rivelando più difficile che vincere le elezioni grazie a promesse populiste.

 

Martedì Babis ha presentato in Parlamento il suo governo di minoranza senza però ottenere la fiducia. “Al momento la situazione politica è molto confusa, ci aspetta un lungo periodo di consultazioni e ci vorrà almeno un mese, ma il futuro del governo ceco dipenderà soprattutto dal prossimo presidente della Repubblica”, spiega al Foglio Milos Gregor, docente di Scienze politiche all’Università Masaryk di Brno. A complicare la situazione, infatti, hanno contribuito anche le elezioni per il nuovo presidente della Repubblica. Lo scorso fine settimana c’è stato il primo turno, e il 26 e 27 gennaio ci sarà il ballottaggio tra Milos Zeman, presidente uscente in vantaggio nei sondaggi, e lo scienziato europeista Jiri Drahos che promette di cacciare Babis per le sue accuse di frode.

 

L’imputazione è quella di aver usato più di 2 milioni di euro di sussidi europei per risanare i propri affari e in queste settimane il Parlamento voterà per togliergli l’immunità. “Babis non riesce a formare una coalizione perché nessun partito vuole che diventi primo ministro – dice Gregor – non è mai stato un personaggio politico amato e finché non chiarirà la sua situazione legale nessuno si alleerà con lui”. Milos Zeman, il presidente filo russo che ha promesso di portare Praga fuori dall’Europa, ha invece dichiarato che è pronto a usare una “interpretazione creativa della Costituzione”, pur di assicurare a Babis la guida del paese. Secondo le regole, il miliardario boemo ha a disposizione ancora un secondo e ultimo tentativo per formare un governo ma “la Costituzione ceca non è molto rigida e può essere cambiata con facilità – spiega Gregor – quindi se Zeman volesse inventare un cavillo per assicurare il posto a Babis riuscirebbe a farlo”. 

 

Il premier in pectore dovrà cercare partiti disposti ad allearsi con lui e ha già fatto sapere che ha intenzione di rivolgersi ai socialdemocratici della Cssd con i quali ha avuto esperienza di governo. Furono proprio gli scandali legati alle inchieste di Babis che interruppero la legislatura a guida socialdemocratica di Bohuslav Sobotka: non è detto che la Cssd voglia ripetere l’esperienza. “I partiti sono stati chiari, il loro problema non è Ano – riprende il professore di Brno – il problema è Babis. Sostituendo il leader, il partito riuscirebbe a formare una coalizione”. Subito dopo le elezioni, l’imprenditore aveva cercato di tranquillizzare l’Europa, assicurando che non avrebbe tentato di formare un governo con i partiti estremisti, ma la Spd ceca, l’estrema destra, ha già comunicato che non è disposta ad accettare richieste, finora mai arrivate, di coalizione da parte di Babis. “E’ l’incarnazione del populismo – dice Milos Gregor – ha una retorica molto controversa e non si riesce mai a capire quale sia la sua opinione. Quel che è certo è che Zeman si fida di Babis mentre Babis prende le distanze da lui”. E’ un uomo d’affari ed è pragmatico. Forse non ama l’Europa, ma sa che allontanarsi da Bruxelles, per Praga, sarebbe un errore.

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