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l'analisi

L’embargo al gasolio russo è la vera tegola sul prezzo dei carburanti

Alberto Clò

Dal 5 febbraio l'Europa smetterà di importare prodotti petroliferi dalla Russia. Significa sostituire circa 1 milione di barili al giorno, metà dei quali rappresentati da un diesel di una qualità difficilmente disponibile a livello internazionale. Rischi e possibilità 

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Tutti presi dalle beghe interne sui carburanti stiamo trascurando la tegola che rischia tra poco di colpirci. Il 5 febbraio scatterà l’embargo dell’Ue verso i prodotti petroliferi importati a mare dal suo primo fornitore: la Russia. L’embargo fa seguito a quello decretato verso il greggio il 5 dicembre scorso. Verranno a mancare in Europa circa 1 milione di barili al giorno, metà dei quali rappresentati dal diesel di una qualità a basso zolfo difficilmente disponibile a livello internazionale. Temo che anche questa volta Bruxelles non abbia avuto piena contezza delle conseguenze sulle nostre economie. D’altra parte, del petrolio Bruxelles non si interessa più, quasi fosse stato espulso dal nostro mix energetico nonostante rappresenti, diversamente dalle rinnovabili, la maggior fonte impiegata e nonostante sia quasi totalmente importata. Intanto, la sempre più stretta alleanza tra Russia e Arabia Saudita sta frantumando quella storica tra Arabia Saudita e Stati Uniti. Lo scorso anno l’Europa ha acquistato dalla Russia soprattutto diesel, prodotto vitale per alimentare automobili, camion, navi, industria, agricoltura. Un quantitativo che potrebbe riempire, ha calcolato Bloomberg, 14.000 piscine olimpioniche.

Già dopo la decretazione dell’embargo le importazioni dalla Russia si sono ridotte da oltre il 50 al 40 per cento rispetto alle complessive. L’interrogativo dirimente è se sia possibile e in quali tempi sostituirle totalmente. Opportunità potrebbero esserci dal medio oriente che dispone di nuove raffinerie. Molti ritengono che un ruolo chiave possa averlo la Cina come intermediario che riesporta prodotti acquistati da altre raffinerie. L’Europa deve sostituire un quantitativo di diesel sino a 600 mila bbl/g, fatto molto problematico per diverse ragioni. In particolare: per la qualità di cui si è detto e per le possibili reazioni di Mosca, non esclusa una riduzione dell’output delle raffinerie o un suo dirottamento verso paesi intermediari come Cina o Turchia. Molto dipenderà dall’andamento dell’economia europea e dalle condizioni meteorologiche (gasolio riscaldamento), da cui deriva la domanda di prodotti, già ridottasi pur leggermente rispetto allo scorso anno. Maggiore la domanda e maggiore il calo della produzione russa, più complessi saranno i problemi. Molti analisti prevedono un serio deficit strutturale di diesel che potrebbe trascinare verso l’alto l’intera struttura dei prezzi petroliferi, greggio compreso. In conclusione, una grossa incognita sovrasta il futuro prossimo del nostro mercato petrolifero in termini di disponibilità e di prezzo. Di ciò dovremmo preoccuparci, più che dell’eliminazione dello sconto fiscale sui carburanti. Perché la tegola potrebbe essere molto più dolorosa. 

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