Lezioni dal virus: serve più concorrenza contro la diseguaglianza
La stagione della pandemia impone alle classi dirigenti di combattere la scorciatoia populista degli antitrust
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Qual è il ruolo della politica della concorrenza nell’Europa post-covid? Qualcuno potrebbe pensare che, in un mondo che deve fronteggiare una delle peggiori recessioni della storia recente, la concorrenza sia un lusso che non possiamo permetterci. Non credo che sia questa la risposta giusta, piuttosto la pandemia ha agito come formidabile acceleratore della storia portando a compimento tendenze che erano presenti già prima della crisi sanitaria e economica. Questo sta avvenendo anche con riguardo alla politica e al diritto della concorrenza, che non spariranno dal nostro orizzonte ma sono destinati a cambiare per rispondere ad alcune sfide epocali. Non spariranno non solo perché costituiscono un architrave della costruzione europea che pone vincoli giuridici agli Stati membri, ma soprattutto perché una concorrenza efficace giova ai consumatori, in particolare a quelli appartenenti alla fasce economicamente più deboli, in termini di riduzione dei prezzi e evita che i monopolisti sfruttino la loro forza economica per ottenere dai decisori politici privilegi che accrescono le loro rendite di posizione a scapito della generalità dei cittadini. Di conseguenza, una tutela effettiva della concorrenza è un pezzo delle politiche per fronteggiare le diseguaglianze e di ciò ne è prova il fatto che negli USA molti (con in testa il premio nobel Joseph Stiglitz) ritengono che in quel Paese un debole enforcement antitrust abbia concorso all’aumento delle diseguaglianze. Inoltre se l’imperativo comune è quello di ritornare a crescere e se l’innovazione è una componente essenziale per farlo, ci sono molto evidenze che provano come in un’economia chiusa in cui esistono barriere all’entrata di nuovi concorrenti le imprese perdono un fondamentale incentivo ad innovare.
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