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La ripresa è nei dati Istat. Stiamo ai fatti

Redazione

L’export, le aziende più competitive già in moto. Il governo deve fidarsi di loro

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Non ci sono grandi partite ideologiche, o bandiere da alzare, di fronte a questa ripresina nella produzione e nei consumi rilevata dall’Istat nella nota mensile. Ci sono i dati, cioè i fatti, a testimoniare della capacità di tenuta e di reazione veloce da parte di un paese che ha ancora la forza nel manifatturiero e che ha una dotazione patrimoniale nelle famiglie ancora molto solida e capace di tenere su consumi e acquisti di beni durevoli e di immobili anche in un momento così difficile. Non ci sono approcci ideologici perché ce n’è un tale frullato nella politica economica del governo da far smarrire il filo delle etichette tradizionali. Sì c’è un po’ di statalismo e di assistenzialismo, ma in dosi non ancora letali, resta però tutto incardinato in uno schema fondamentalmente liberale e competitivo, perché deriva dall’integrazione economica europea e mondiale, la famosa e duratura globalizzazione. Nei dati usciti ieri spicca la ripresa delle esportazioni avviata, a quanto si è saputo, già in maggio. Vuol dire che le imprese più competitive sono state subito pronte a tornare sui mercati mondiali e hanno saputo mantenere gran parte dei rapporti commerciali, soprattutto quelli di tipo fiduciario.

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Non ci sono grandi partite ideologiche, o bandiere da alzare, di fronte a questa ripresina nella produzione e nei consumi rilevata dall’Istat nella nota mensile. Ci sono i dati, cioè i fatti, a testimoniare della capacità di tenuta e di reazione veloce da parte di un paese che ha ancora la forza nel manifatturiero e che ha una dotazione patrimoniale nelle famiglie ancora molto solida e capace di tenere su consumi e acquisti di beni durevoli e di immobili anche in un momento così difficile. Non ci sono approcci ideologici perché ce n’è un tale frullato nella politica economica del governo da far smarrire il filo delle etichette tradizionali. Sì c’è un po’ di statalismo e di assistenzialismo, ma in dosi non ancora letali, resta però tutto incardinato in uno schema fondamentalmente liberale e competitivo, perché deriva dall’integrazione economica europea e mondiale, la famosa e duratura globalizzazione. Nei dati usciti ieri spicca la ripresa delle esportazioni avviata, a quanto si è saputo, già in maggio. Vuol dire che le imprese più competitive sono state subito pronte a tornare sui mercati mondiali e hanno saputo mantenere gran parte dei rapporti commerciali, soprattutto quelli di tipo fiduciario.

 

Parallelamente a tutto ciò sappiamo che lo stato è entrato in modo ingombrante, ma anche indiscutibilmente utile, sia nella proprietà delle imprese sia nella regolazione dei rapporti economici, come ad esempio con il blocco dei licenziamenti (ma anche di alcuni adempimenti fiscali e dell’esecutività di rapporti tra privati). Ma è del tutto evidente la natura transitoria di un intervento correttamente definito di emergenza. Ora, anche con la prova data dal sistema delle imprese, con la ripresa della produzione industriale in giugno e luglio e con il recupero di fiducia segnalato ancora in luglio, è importante che i metodi saggiamente usati in emergenza vengano via via rimessi nella cassetta degli attrezzi da aprire in caso di allarme. Per una volta lo stato potrebbe fidarsi delle aziende e dei segnali che mandano. Hanno fatto sapere di essere se non in piena forma certamente in grado di rialzarsi. Serve fiducia reciproca, una volta tanto senza retorica.

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