PUBBLICITÁ

La ripresa americana: lezioni per l’Italia

Redazione

La flessibilità degli Stati Uniti mostra i muscoli, e ci fa sentire fermi

PUBBLICITÁ

Perché l’economia americana si sta riprendendo rapidamente dallo choc del coronavirus, sebbene il contagio continui a dilagare, mentre l’Italia sembra affondare in una crisi sempre più profonda? La risposta non può essere – e non è – nelle diverse strategie di politica economica adottate in questi ultimi mesi. Anzi, se il governo Conte ha inanellato errori, l’Amministrazione Trump ha sbagliato tutto ciò che poteva, prima sottovalutando il virus, poi gridando al complotto, e solo negli ultimi tempi prendendo atto della tragedia che stava avvenendo. La spiegazione sta altrove: va cercata nella diversa flessibilità dei rispettivi sistemi economici. Gli Stati Uniti hanno, nell’immediato, subìto una botta più forte: il tasso di disoccupazione, nel mese di giugno, era superiore all’11 per cento, a dispetto dell’importante recupero rispetto al picco del 14,7 per cento di aprile. In Italia, all’apparenza, siamo messi meglio: il dato di giugno non è ancora disponibile, ma a maggio eravamo al 7,8 per cento (ad aprile addirittura al 6,6 per cento).

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Perché l’economia americana si sta riprendendo rapidamente dallo choc del coronavirus, sebbene il contagio continui a dilagare, mentre l’Italia sembra affondare in una crisi sempre più profonda? La risposta non può essere – e non è – nelle diverse strategie di politica economica adottate in questi ultimi mesi. Anzi, se il governo Conte ha inanellato errori, l’Amministrazione Trump ha sbagliato tutto ciò che poteva, prima sottovalutando il virus, poi gridando al complotto, e solo negli ultimi tempi prendendo atto della tragedia che stava avvenendo. La spiegazione sta altrove: va cercata nella diversa flessibilità dei rispettivi sistemi economici. Gli Stati Uniti hanno, nell’immediato, subìto una botta più forte: il tasso di disoccupazione, nel mese di giugno, era superiore all’11 per cento, a dispetto dell’importante recupero rispetto al picco del 14,7 per cento di aprile. In Italia, all’apparenza, siamo messi meglio: il dato di giugno non è ancora disponibile, ma a maggio eravamo al 7,8 per cento (ad aprile addirittura al 6,6 per cento).

 

Eppure, come in un gioco di specchi, questi numeri raccontano una storia opposta a quella apparente. In Italia, gran parte della disoccupazione si nasconde tra gli inattivi (che sono a livelli record) e nella cassa integrazione. In America, la contrazione del pil è stata feroce e ha causato l’immediata perdita di posti di lavoro, ma poi la ripresa si è affacciata rapidamente e nuove occupazioni sono state create (non necessariamente le stesse di prima). Lo vediamo bene dall’Employment Outlook dell’Ocse: il nostro paese è quello che, nei primi tre mesi dall’avvio della crisi, ha perso il maggior numero di ore lavorate (-28 per cento, quasi il doppio degli Stati Uniti). Il rischio è che, quando i fondi per la cassa integrazione si esauriranno, non solo registreremo una repentina riduzione dell’occupazione, ma avremo anche rallentato il processo di riallocazione dei fattori all’interno del mercato. In economia, non sempre alleviare i sintomi è una cura per le crisi.

PUBBLICITÁ