PUBBLICITÁ

Corrado Passera spiega il “salto di potenza” necessario all’Europa

Stefano Cingolani

Oltre la solidarietà, per la sfida globale. Riforme e investimenti federali pari al 20 per cento del pil. Quattro punti per l’Italia

PUBBLICITÁ

Viviamo una fase storica drammatica e non abbiamo ancora visto il peggio: si prepara una tempesta sociale e politica che potrebbe investire “non solo l’Europa, non solo il nostro benessere, ma la stessa democrazia” avverte Corrado Passera.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Viviamo una fase storica drammatica e non abbiamo ancora visto il peggio: si prepara una tempesta sociale e politica che potrebbe investire “non solo l’Europa, non solo il nostro benessere, ma la stessa democrazia” avverte Corrado Passera.

PUBBLICITÁ

 

Il banchiere, già ministro dello Sviluppo economico in un altro periodo terribile, il biennio 2011-2013, ha scritto un articolo sul Financial Times che ha ricevuto molte repliche per lo più oscillanti tra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. La sua proposta ruota attorno a un grande piano europeo che consenta di compiere un salto di qualità, passando dalla solidarietà allo sviluppo, dalla distribuzione di somme tutto sommato modeste per tamponare gli effetti immediati dell’emergenza Covid-19, alla mobilitazione di ingenti risorse per progetti federali che consentano alla Ue di entrare da pari a pari nel grande gioco delle potenze. L’Italia intanto deve rimettersi in moto con un programma di interventi diretti a liberare le energie delle imprese, possibilmente utilizzando normative già esistenti e che hanno dato buona prova di efficacia.

PUBBLICITÁ

“Il mio è un richiamo ad agire con ambizione e velocità per vincere la sfida difficilissima che molti sottovalutano – spiega Passera al Foglio –. Una sfida che vede le grandi potenze in concorrenza tra loro, giocando ciascuna per se stessa e a scapito di tutte le altre: la governance internazionale è passata dal G20 al G zero. E’ un conflitto non solo economico, ma tra modelli di civiltà. La preoccupazione è che nei prossimi mesi, quando saremo nel pieno di una forte depressione, salti lo stesso progetto europeo, cioè il presupposto che potrebbe permetterci di diventare una grande potenza”.

 

Nessun singolo paese si salva da solo, nessuno è in grado di mobilitare le risorse necessarie a fare dell’Europa un’area competitiva, tuttavia Passera sottolinea che negli ultimi mesi, grazie ad Angela Merkel, a Emmanuel Macron e a Ursula von der Leyen si stanno introducendo importanti novità.

PUBBLICITÁ

 

PUBBLICITÁ

“Si tratta di fare un passo avanti introducendo un piano federale di investimenti in alcune aree decisive, per una crescita sostenuta e sostenibile. Oggi si discute di aiuti: i paesi ricchi debbono sostenere quelli poveri. E qui il dibattito si blocca. I governi ragionano in termini di interesse nazionale e nei paesi cosiddetti virtuosi o frugali diventa impossibile trovare il consenso per trasferimenti massicci ai paesi cosiddetti viziosi o dissipatori. Dunque, non limitiamoci a parlare di solidarietà, andiamo oltre”. Allora il Mes non serve? Serve eccome, e l’Italia, avendo ottenuto un livello di condizionalità del tutto accettabile, dovrebbe utilizzare quegli oltre trenta miliardi di euro per rafforzare il nostro sistema sanitario. E il Recovery fund? “Raggiungiamo presto l’accordo senza bloccarci sulla sua entità, io dico che potremmo anche accettare un ridimensionamento purché si apra una fase nuova”.

 

PUBBLICITÁ

Il cambiamento politico e intellettuale, secondo Passera, “consiste nel passare dalla solidarietà all’interesse comune, dagli eurobond emessi per sostenere chi ha più bisogno agli eurobond che servono a rafforzare l’Europa intera. I debiti passati restano a carico dei singoli paesi e nessuno deve chiedere risorse europee per ripagarli. Io parlo invece di rilanciare l’economia europea e questo è interesse di tutti. Ciascun paese, a cominciare dall’Italia, deve fare le riforme necessarie, ma non saranno sufficienti se la Ue non metterà in campo un consistente pacchetto di investimenti federali, comparabile con quelli mobilitati dagli Stati Uniti o dalla Cina”.

 

Quanto consistente? “Almeno il 20 per cento del pil europeo, altro che il due per cento del quale si sta discutendo. Si tratta insomma di circa 5 mila miliardi di euro da investire in progetti precisi e selezionati a livello europeo che servano a recuperare i ritardi accumulati nella tecnologia o nelle infrastrutture e competere alla pari, da potenza a potenza. Penso a un cloud europeo, a biotecnologie, treni ad alta velocità, transizione energetica, campioni industriali sul modello dell’Airbus. E’ qualcosa che non si è mai fatto prima, un salto di potenza dell’Europa intera”.

 

Per gestire questa operazione, Passera propone “una task force guidata da un commissario che valuti i progetti e decida in tempi certi, una personalità di alto livello, che per un periodo di tempo ben definito ottenga la delega da parte della Commissione e del Parlamento europeo. La Banca europea degli investimenti ha la capacità e l’organizzazione adatta a esercitare un ruolo importante. Le risorse non possono venire dal bilancio europeo, anche se mi auguro che aumenti rispetto al misero un per cento del pil. Quindi la strada è emettere titoli garantiti solidalmente dai 27 paesi della Ue. Si può fare in modo graduale, in quattro-cinque anni, anche se l’orizzonte temporale deve essere ben definito e non troppo lungo”.

 

Sono comunque prestiti chiesti al mercato, come si ripagheranno? “Con la crescita, fondamentalmente. Alcuni progetti si autofinanzieranno nel tempo e si potranno anche considerare, per una parte, anche tasse federali “virtuose”: dalla plastica non riciclabile alle emissioni di CO2. Non si può fare? E’ troppo arduo? Non censuriamoci. Sì, perché spesso noi ci censuriamo intellettualmente, per sottostima delle nostre capacità o per disistima della nostra classe dirigente. O l’Europa si rafforza economicamente, istituzionalmente e militarmente o verrà conquistata inesorabilmente. L’alternativa è perire, forse non è abbastanza chiaro”.

 

Il prossimo autunno quando i risparmi di molte famiglie si esauriranno, le misure di supporto emergenziale termineranno, i bilanci pubblici ormai esausti potrebbero costringere a tagliare il welfare state, la spesa sociale, i diritti acquisiti. “A quel punto scatterebbe una reazione a catena sociale, politica, elettorale davvero difficile da controllare. L’unico modo per far fronte a quell’onda crescente è contrapporre l’onda di una Europa che riparte. Oggi quest’onda non c’è ancora”.

 

L’Italia ha appena presentato un piano di rilancio di 130 pagine. Passera è convinto che, invece di disperdersi in progetti futuribili o bloccarsi su riforme complesse e divisive, occorra concentrarsi su un programma di incentivi “in grado di scatenare le energie delle imprese. Non si tratta di fare nuove leggi e provvedimenti, ma di usare meglio quel che c’è già. Quattro i punti principali: la tecnologia, e qui c’è Industria 4.0; assunzioni vere, e si può utilizzare la legge sull’apprendistato alzando il limite dei 29 anni; il rafforzamento patrimoniale delle aziende, e qui abbiamo l’Ace; incentivi alle aggregazioni e alle fusioni per rafforzare l’apparato industriale. Per le piccole e medie imprese c’è il fondo centrale di garanzia. Accanto a questo, esistono decine di miliardi di progetti strategici che attendono solo di essere sbloccati, come sembra che stia succedendo. Tutto ciò è in grado di liberare un grande potenziale”.

 

Non c’è bisogno di ridurre le imposte per le imprese e per le famiglie? “L’aumento dell’Iva non avrebbe nessun effetto consistente, perché la spinta fondamentale deve venire dall’offerta”.

 

La riforma organica che ha chiesto la Banca d’Italia va fatta, secondo Passera, così come vanno riformate la governance pubblica, la scuola, la giustizia civile che rappresenta un vero blocco all’attività economica: “Sono le quattro priorità di medio termine, ma tra bonus oggi e riforme domani o anzi dopodomani, c’è uno spazio che va riempito con progetti concreti, da realizzare subito. Abbiamo davanti ai nostri occhi chiari segnali di un drammatico calo delle economie e c’è un disagio sociale enorme: dobbiamo rafforzare e meglio coordinare le misure di contrasto alle tante povertà crescenti, vecchie e nuove. Esistono tutte le condizioni per una strumentalizzazione populista che metterebbe a repentaglio la tenuta della società, dell’Europa e del sistema democratico. Insisto su questi tre pericoli perché credo che non ci sia abbastanza consapevolezza della posta in gioco. Eppure non bisogna essere maghi indovini per capire quel che può accadere, basta leggere i libri di storia”.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ