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Where's the beef?

“Il latte dei sogni”. Dal 23 aprile la biennale di Venezia, curata da Cecilia Alemani

Francesco Bonami

Posticipata di un anno per la pandemia, accoglierà 213 artisti provenienti da 58 nazioni, 1.433 opere e 80 nuove produzioni: una rassegna in grado di offrire allo spettatore oltre che pensieri, opinioni e accuse, e anche immagini. Postumano ma con l’arte assicurata

In una  famosa pubblicità degli anni Ottanta, la catena di hamburger Wendy per contrastare il dominio dei potenti avversari, McDonald’s e Burger King, inventò la frase “Where’s the beef?”, mettendo in dubbio la quantità di vera carne presente negli hamburger degli avversari. Gli spettatori del mondo dell’arte dominato negli ultimi anni da cancel culture, politicamente corretto, #MeToo e questioni di genere e razza avrebbero tutto il diritto, visitando molte della mostre in giro per il mondo, di urlare “Where’s the beef?”, o meglio, “Where’s the art?”. Accorre a dare una risposta al grido di aiuto Cecilia Alemani, curatrice della prossima Biennale di Venezia di arti visive. La mostra, presentata nei giorni scorsi,, sulla carta mastodontica, è intitolata “Il latte dei sogni”.

 

Posticipata di un anno per la pandemia (aprirà il 23 aprile prossimo), la rassegna rischia di dimostrare che di tutti gli argomenti citati sopra si può parlare anche mostrando arte con la A maiuscola, offrendo allo spettatore oltre che pensieri, opinioni e accuse, anche immagini con le quali farcirsi gli occhi. Saranno per la precisione 213 artiste e artisti provenienti da 58 nazioni,  26 le artiste e gli artisti italiani, 180 le prime partecipazioni alla Mostra internazionale, 1.433 le opere e gli oggetti esposti, 80 le nuove produzioni. “The beef” sembra assicurata. 

 

Il titolo è preso in prestito da un piccolo libro per bambini illustrato dell’artista britannica Leonora Carrington (1917-2010) dove le creature dei vari racconti hanno la libertà di assumere  forme e identità diverse da quelle stabilite dal destino. Già qui senza troppo annoiare lo spettatore medio o anche mediocre si parla artisticamente dell’attualità, Lgbt in primis ma senza ideologia. La mostra affronterà anche in profondità, con opere storiche raggruppate in capsule del tempo, e con artisti contemporanei, il tema della mutazione dell’umanità, la metaversità del mondo, la virtualità della realtà o, se vogliamo usare un solo termine, la postumanità, soggetto che già nel 1992 fu il tema di una mostra itinerante curata dall’americano Jeffrey Deitch con un manipolo di artisti per lo più scomparsi dai radar del mercato e della storia dell’arte. Trent’anni fa l’idea sembrò una goffa predizione ma oggi abbiamo davanti la prova che non lo era. Anche il piccolo libretto della Carrington sembrava una storiella per far addormentare i bambini.

 

Oggi se uno legge il libro del filosofo David Chalmers “Reality” non riesce più ad addormentarsi per molto tempo. Un’altra filosofa che ha ispirato molto la curatrice è l’italiana Rosi Braidotti che pure lei parla nei suoi libri della postumanità o di un’umanità postuma. Tuttavia nonostante l’altissimo tasso di femminilità nel progetto della Alemani la mostra ancora una volta non si può definire brutalmente femminista o politica. Ridà all’arte il ruolo che ha sempre avuto, uno strumento per parlare al mondo con linguaggi e segni diversi da quelli della politica, della scienza, della religione, pur servendo o servendosi di questi campi a modo suo. In Germania, un paio di mesi dopo l’apertura della Biennale, a Kassel, aprirà Documenta che invece pare essere stata costruita buttando l’arte dal finestrino. Pur nella loro diversità la Biennale e Documenta hanno sempre avuto un duello a distanza . La prima più orientata al gusto del tempo, la seconda sbilanciata verso una radicale concettualità. Quest’anno sarà molto interessante vedere chi conquisterà di più l’attenzione. La concomitanza di queste due manifestazioni è un vero e proprio referendum sul futuro dell’arte. Ci farà capire se il metaspettatore o il postvisitatore preferirà ancora guardare quadri, sculture, video e fotografie, o invece sceglierà di annusare a occhi chiusi il profumo del riso indonesiano ascoltando il pianto di un pastore australiano. 
 

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