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Anni Venti, la vera data in cui “la neolingua della politica” prende il potere

Due saggi di Orwell rendono molto più attuale la sua profezia

Maurizio Stefanini

Sia da destra che da sinistra, il presente sta dando ragione allo scrittore inglese. In perfetto (e inquietante) orario

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Quando nel 1949 “1984” di George Orwell fu pubblicato era una distopia: la profezia del mondo terribile, che avrebbe potuto essere, se la democrazia liberale non fosse riuscita a sconfiggere il totalitarismo. Il 1984 è arrivato e passato, e nell’anno 2021 è così diventato una ucronia: una Storia differente che avrebbe potuto essere, ma per fortuna non è stata. Ma davvero è così?

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Quando nel 1949 “1984” di George Orwell fu pubblicato era una distopia: la profezia del mondo terribile, che avrebbe potuto essere, se la democrazia liberale non fosse riuscita a sconfiggere il totalitarismo. Il 1984 è arrivato e passato, e nell’anno 2021 è così diventato una ucronia: una Storia differente che avrebbe potuto essere, ma per fortuna non è stata. Ma davvero è così?

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Pubblicato da Garzanti, “La neolingua della politica” è un volumetto (96 pp., 4,90 euro) in cui vengono riproposti due scritti. Che bastano a ricordare come l’attualità di Orwell non sia dovuta solo alla scadenza dei diritti d’autore. Nuova traduzione, originale inglese a fronte. Il primo è “Politics and the English Language”: un pamphlet del 1946, il cui titolo è stato reso con “La politica e la lingua inglese”. Traduttore Massimo Birattari, autore anche di prefazione e nota sulla traduzione. L’altro è, appunto, “The Principles of Newspeak”: ovvero, “I principi della neolingua”, per la traduzione di Bianca Bernardi. Una inquietante appendice al romanzo, in cui si descriveva come il regime totalitario del Socing avesse volutamente impoverito la lingua, allo scopo di rendere impossibile non solo esprimere ogni forma di pensiero difforme, ma addirittura il concepirlo.

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Grazie alla neolingua, “un mezzo espressivo adatto ai loro abiti mentali e alla loro visione del mondo”, per i seguaci del Socing “un pensiero eretico (ossia, un pensiero divergente dai principi del Socing) sarebbe diventato letteralmente impensabile, almeno nella misura in cui il pensiero dipende dalla parola”. “Ad esempio, in neolingua si sarebbe potuto dire una frase come “tutti gli uomi sono uguali”, ma sarebbe stato come dire in archelingua “tutti gli uomini sono biondi”, viene spiegato. “La frase era corretta dal punto di vista grammaticale, ma affermava una falsità evidente, ossia che tutti gli uomini sono uguali in termini di forma, peso o forza. Il concetto di uguaglianza politica non esisteva più e di conseguenza questo significato secondario era stato eliminato dall’aggettivo uguale”.

 

Anche la letteratura del passato veniva “ritradotta” in modo da adattarsi alla nuova ortodossia: passo indispensabile per poter infine far sparire la archeolingua definitivamente. Anno individuato per arrivare alla transizione: il 2050. Ma è interessante la data entro cui, nella lucida fantapolitica di Orwell, avrebbe dovuto essere completata la ritraduzione dei classici: “Gli anni Dieci o Venti del Ventunesimo secolo”. Dunque ci siamo. E se il Grande Fratello da super-dittatore è stato degradato a reality, in compenso varie approssimazioni della Neolingua effettivamente ci minacciano. Sia da destra: i “fatti alternativi” di Trump, ad esempio. Sia da sinistra: la cancel culture e, appunto, la riscrittura degli autori classici per epurarli da espressioni che oggi vengono bollate come scorrette.

 

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A proposito; anche uomi, come bui e uovi, è un esempio di neolingua dell’italiano che evoca le “presidente” e le “militante”. Perché, appunto, la sua Neolingua Orwell non la immaginò dal niente. Al contrario, partì dal linguaggio della politica del suo tempo. Anche Birattari non manca di ricordarci come “chi è cresciuto nell’Italia degli anni Settanta si è trovato esposto – attraverso manifesti, volantini, opuscoli, articoli di giornale, saggi accademici, discorsi di politici, sindacalisti, leader studenteschi – a una lingua italiana farcita di “portare avanti il discorso” e “nella misura in cui.” Secondo Orwell una lingua “diventa brutta e imprecisa perché i nostri pensieri sono stupidi, ma a sua volta la sciatteria della lingua ci rende più facili i pensieri stupidi”.

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Il saggio esprimeva la speranza che il processo fosse “reversibile”: anche con un famoso prontuario di scrittura in sei regole. “La piovra fascista ha cantato il suo canto del cigno”, era un esempio di slogan che secondo Orwell poteva fare da promemoria al tipo di linguaggio da evitare. Lo “scatenate il kraken” trumpiano, purtroppo, ci insegna che non solo il cefalopode è invece ancora vivo: ancora continua, con i suoi tentacoli, a aggrovigliare il nostro modo di esprimerci.

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