Fiumicino déjà vu

Arriva il primo volo dalla Cina e tornano i test Covid: un po' lazzaretto, un po' set tv

Gianluca De Rosa

Cominciano anche all'aeroporto romano i test sui passeggeri cinesi per vedere ci sono nuove varianti, ma solo il 5 per cento dei passeggeri arriva con voli diretti. Il ministro Schillaci chiede controlli in tutta Europa. Il Centro europeo per la diagnosi e il controllo delle malattie lo liquida: "test ingiustificati"

La sensazione è quella frustrante del giorno della marmotta. Alessio D’Amato, assessore alla Sanità del Lazio osserva le postazioni per i tamponi con i medici delle Uscar già pronti con test e provette: “Eccoci, siamo a due anni fa”, dice con un filo di sarcasmo, ma anche con la fiducia, abbastanza solida, che grazie ai vaccini il déjà vu sia solo questione visiva. L’ordinanza del ministro della Salute Orazio Schillaci però prevede regole chiare: tutti i passeggeri dalla Cina devono essere testati e, in caso di positività, sottoposti alla quarantena fiduciaria obbligatoria, mentre i loro tamponi molecolari devono essere sequenziati. Vista la situazione in Cina, il timore è quello di nuove varianti capaci di diffondersi rapidamente o, addirittura, di resistere ai vaccini. Anche se lo stesso Schillaci nel corso di un’informativa in Parlamento tranquillizza: “I primi sequenziamenti effettuati sono di varianti Omicron già presenti in Italia”.

 


Il primo volo dalla Cina, il CA731 di Air China proveniente da Hangzou, arriverà con mezz’ora di ritardo, alle 17.15 con 49 persone a bordo, al terminal 5 dell’aeroporto di Roma Fiumicino. Uno scalo particolare. E’ fuori dalla struttura principale dell’aeroporto. Un tempo serviva per i voli con controlli rinforzati per Stati Uniti e Israele, oggi solo per voli militari o particolari, come quelli delle nazionali di calcio e rugby. Per il resto è utilizzato per le ragioni più disparate: come una discoteca per la festa del personale di Adr, l’azienda che gestisce l’aeroporto, o come il cinema, ad esempio per la presentazione dei due Diabolik dei Manetti Bros. Ma soprattutto è qui che due anni fa, era il luglio 2020, arrivarono i voli dal Bangladesh. Fu il primo caso di tamponi in aeroporto per evitare di importare il Covid-19 nel nostro paese.

E di quei giorni si vede anche un po’ l’organizzazione, per così dire, a braccio. “All’epoca – racconta D’Amato – fummo costretti a chiamare un benzinaio bengalese che lavorava qui vicino per fare da traduttore e organizzare le file, furono le sue due ore di gloria”. Oggi invece quando il primo volo arriva, con 5 positivi su 49, il 10 per cento, i passeggeri si ritrovano costretti a dribblare come star tv e videomaker assettati di una dichiarazione, per poi ritrovarsi in mezzo al nulla nel terminal fantasma, con Adr costretta a correre ai ripari organizzando un bus navetta per il più consueto terminal 3. La mattina poi il vero primo volo dalla Cina era arrivato senza che fossero effettuati i test. “Non era ancora arrivata l’ordinanza del ministro agli operatori”, si giustifica D’Amato.

Ma più che queste imperfezioni organizzative sono i numeri a lasciare interdetti. Dalla Cina solo il 5 per cento dei passeggeri arriva con voli diretti. E allora questi controlli che senso hanno? E’ prudenza o è propaganda? Le dichiarazioni di alcuni esponenti del centrodestra (come quelle di Maurizio Gasparri: “La Cina resta la vergogna del pianeta, ha causato l’epidemia e continua a fare danni, è la realtà più dannosa del mondo”) sembrano far propendere per la seconda ipotesi. Anche Schillaci comunque è cosciente del problema e infatti chiede “una decisione sui controlli a livello europeo”. La risposta che arriva dal Centro europeo per la diagnosi e il controllo delle malattie, (Ecdc) è piuttosto secca: “Gli screening e le misure sui viaggiatori provenienti dalla Cina sono ingiustificati, data la maggiore immunità della popolazione nell’Ue, nonché la precedente comparsa e la successiva sostituzione delle varianti attualmente in circolazione in Cina”. 


Le voci che arrivano dai primi passeggeri comunque descrivono una situazione nel paese molto complessa. “Sono tutti malati”, risponde uno dei primi negativi a scendere. Mentre Giuseppe Sepe, cinquantenne lavoratore del settore della moda racconta: “Sono tutti, veramente tutti ammalati, in qualsiasi città è un coro di starnuti, non è piacevole, è successo tutto nel giro di due settimane”. 
“La cosa centrale – dice D’Amato – è capire se c’è una nuova, più pericolosa e infettiva variante o se semplicemente i vaccini cinesi sono meno efficaci, per questo tutti i tamponi dei positivi saranno sequenziati”.