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L'attesa del vaccino, sotto Santa Rosalia

Riccardo Lo Verso

Ore di fila per gli anziani a Palermo, di fronte all'hub alle pendici del Montepellegrino

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Nell'Italia delle foto simbolo si fa largo, suo malgrado, quella che ritrae la signora Stefania. Anziana e fragile. È uno dei ventimila soggetti più deboli per i quali da ieri è iniziata la campagna di vaccinazione a Palermo. Gente avanti con gli anni, acciaccata dal tempo che scorre e dalle patologie di cui soffre. Li vedi in fila stanchi, ma composti. Un serpentone umano verso quella speranza chiamata vaccino.
 
Il Covid li spaventa più degli altri. Hanno ragione perché il virus maledetto ha falcidiato la loro generazione, quella dei nonni. Ed è per questo che non mostrano tentennamenti. “Il vaccino va fatto ad ogni costo”, si sente ripetere.

Fanno il turno in un padiglione della vecchia Fiera del Mediterraneo andata in malora, trasformato in hub per le vaccinazioni.

   

    

Finalmente tocca ai soggetti definiti “vulnerabili” che vengono vaccinati insieme agli over 80. Hanno atteso il loro turno. Tra vaccini che è meglio non somministrare in presenza di determinate patologie, dosi che non arrivano e scelte della politica è toccato ad altre categorie essere vaccinate prima di loro. Dai medici alle forze dell'ordine, persino agli impiegati amministrativi delle aziende sanitarie.

C'è più di qualcosa da rivedere nel modello organizzativo che ieri non ha funzionato a dovere se è vero, come è vero, che gli anziani hanno atteso quattro, cinque ore, sedendosi su appoggi di fortuna per conservare le energie necessarie a raggiungere la meta.

Anziani, uomini e donne, protagonisti di una moderna processione. Non si odono i canti e i lamenti delle prefiche di un tempo, ma il silenzio composto della speranza.

L'hub per i vaccini sta lì, a una manciata di metri dal punto dove di solito si radunano i palermitani devoti per l'acchianata, la salita verso il santuario di Santa Rosalia, nella grotta che conserva le reliquie della patrona che liberò la città dalla peste. Ci si va in preghiera, alcuni scalzi, per chiedere una grazia ed offrire un ex voto.
 
Ora è un'altra la peste che si combatte, è il Covid. Un anno di bollettini giornalieri e di immagini delle corsie degli ospedali piene, il contagio di parenti e amici, le morti che in Sicilia sono 4.383 hanno reso più forte il senso di responsabilità degli anziani, la cui fila traccia una traiettoria solo geograficamente opposta alla grotta di Santa Rosalia che sale su per il Montepellegrino.
 
Sanno che serve la fede nella scienza per venirne fuori. E avanzano, a passi lenti, senza mai voltarsi indietro. Mostrano di non avere subito il bombardamento mediatico che finisce per trasformare i vaccini in potenziali fonti di pericolo piuttosto che difesa. Non si lasciano scalfire da dietrologie complottiste sul Covid, i vaccini e le case farmaceutiche per cui l'essere umano è solo una cavia.
 
È per loro che bisogna fare ogni sforzo per sistemare ciò che non funziona, per garantire la massima efficienza. Hanno una sfilza di patologie da riferire al medico che li accoglie per la vaccinazione e alcuni giustificate difficoltà di comprensione e insicurezze. L'anamnesi si fa complessa. Abbassa la media, dai cinque minuti abituali si può anche arrivare a 25 minuti. Non è un cronometro a potere dettare i tempi dell'efficienza. Non resta che potenziare il numero dei medici che devono ascoltarli affinché non abbiano a ripetersi le attese di cinque ore, la calca di volti segnati dalle rughe, l'assembramento di teste canute e la stanchezza di signore sedute sul marciapiede.

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