PUBBLICITÁ

Tra scioperi e inchieste

Nello specchio dei rider

Lotta di classe e cattiva coscienza

Maurizio Crippa

Chi esulta per l'inchiesta contro gli "schiavisti" della Gig economy e chi si lamenta perché vorrebbe la pizza a casa senza pagare. E se tra lotta di classe e liberisti avesse anche stavolta ragione Renzi, con il tanto bistrattato Jobs Act?

PUBBLICITÁ

E così i magnifici rider (“lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui tramite piattaforme digitali”, dizione della legge 128/19, che pure esiste) hanno deciso, con assemblea nazionale di “Rider x i diritti”, di indire uno sciopero per il 26 marzo, venerdì, e anzi hanno addirittura invitato “tutte/i le/i clienti delle app a non usufruire del servizio in quella data, in solidarietà alla nostra lotta”. Boycott your Friday pizza. Ma come, primo commento udito, non sono stati appena assunti in sessantamila, grazie all’inchiesta combattente della procura di Milano, e già scioperano?

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


E così i magnifici rider (“lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui tramite piattaforme digitali”, dizione della legge 128/19, che pure esiste) hanno deciso, con assemblea nazionale di “Rider x i diritti”, di indire uno sciopero per il 26 marzo, venerdì, e anzi hanno addirittura invitato “tutte/i le/i clienti delle app a non usufruire del servizio in quella data, in solidarietà alla nostra lotta”. Boycott your Friday pizza. Ma come, primo commento udito, non sono stati appena assunti in sessantamila, grazie all’inchiesta combattente della procura di Milano, e già scioperano?

PUBBLICITÁ

 

Niente da fare: quando parliamo di rider ci si intrecciano tutti i diti come a Fracchia, si va in confusione tra buonismo e cattiva coscienza. E’ vero che durante il Grande Lockdown sono stati definiti lavoratori essenziali, e che anche in zona arancione rinforzato il loro lavoro viene utilissimo. Ma per il resto, è tutto un caos. Tutto cominciò ad andare male con con Gigi “gig economy” Di Maio, quando arrivò al ministero del Lavoro e ancora sognava di abolire la povertà. Era il 4 giugno 2018 e per prima cosa fece un tavolo con i ciclofattorini: “Sono il simbolo di una generazione abbandonata che non ha tutele e, a volte, nemmeno un contratto”. E decreto Dignità fu. Chi se lo ricorda più? Poi arrivò la legge, intesa anche a recepire gli stimoli dell’Unione europea “a dare una risposta coordinata alle sfide giuridiche poste dai continui cambiamenti tecnologici nel mercato del lavoro”. Molte buone intenzioni, qualche proceduralismo attuativo; nel frattempo venne il virus che, si parva licet, ha gonfiato i fatturati delle aziende che gestiscono i rider e ha messo qualche soldino, pochi, nelle loro tasche. Nel frattempo, mentre una pletora di sindacati triangolava tra ministero e piattaforme, veniva firmato un contratto tra Assodelivery e un’unica sigla, la Ugl, che subito scatenò polemiche e questioni di legittimità. Ed è proprio contro questo contratto che i rider hanno ora indetto la mobilitazione. Perché, secondo quanto affermato anche dai pm milanesi giorni fa, aggirerebbe il tema chiave delle tutele, e soprattutto del tipo di rapporto, parasubordinato, che la legge esigerebbe.

 

PUBBLICITÁ

Punto a capo. Quando parliamo di Gig economy gli animi si accendono e si fa fatica a intendersi. Il Manifesto, in prima pagina sull’inchiesta milanese, ha titolato un esultante: “Ride bene chi rider ultimo”. Bravi. Sull’altro lato dell’arco giornalistico, Libero ha scelto un titolo cannibalistico: “Mazzata sul cibo a domicilio. Ora 60 mila rider vanno assunti”. Evidentemente, loro vorrebbero mangiare gratis. Poi ci sono quelli che non chiamano mai il food delivery per non macchiarsi la coscienza democratica con il sospetto di sfruttamento. La Gig economy è un gran problema, un argomento divisivo. Forse è innovazione, forse una forma di schiavismo. In ogni caso fa comodissimo. Del resto la processano anche a Barcellona, pure a Londra e la Commissione europea sta riflettendo se si debbano introdurre nuove regole. Ma chi pensa che il brocardo di Francesco Greco, secondo cui i rider vanno riconosciuti come lavoratori da mettere a contratto sia una grande  vittoria contro il capitalismo e per il posto fisso, si sbaglia. Perché ecco che arriva Matteo Renzo (sempre lui) e spiega, a chi fa finta che abbia vinto il vecchio sindacalismo, che invece l’inchiesta dei pm di Milano si basa sulla “violazione della legge 81”,  il famigerato Jobs Act, che le tutele dei lavoratori rivendicate dai rider aveva introdotto. Ride bene chi rider Renzi? Chissà. Ma il giro dell’oca torna all’inizio: come  possiamo crearlo, un lavoro nuovo e diverso, garantendo l’economia digitale, garantendo noi ordinatori di pizze e pagarlo il giusto? I rider, diversamente da quanto pensava Di Maio da giovane non sono una generazione abbandonata: sono lo specchio di un nostro incubo. Delle nostre tante e contrapposte cattive coscienze.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ