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Contro mastro ciliegia

La grottesca rivalsa dell’Anm contro Palamara

Maurizio Crippa

C’è un giudice al Bagaglino! Il sindacato dei magistrati è parte civile nel processo contro l'ex pm: si sentono offesi. Ecco un breve elenco di tutti gli altri pasticci giudiziari per cui i magistrati dovrebbero sentirsi offesi. E chiedere scusa

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C’è un giudice al Bagaglino, vorrebbe da sorridere se avessimo la solida ironia di Brecht. Ma vivendo nel paese in cui la distanza dal Salone Margherita al Palazzaccio è davvero così poca, passa la voglia. Così come è passata la voglia di ridere, nel paese del giudice Bagaglino, ai mille innocenti sono finiti in custodia cautelare ogni benedetto anno giudiziario dal 1992 al 2020 (giusto per una periodizzazione da Mani pulite al caso Palamara). Poi però la si guarda dalla parte dei giudici e della loro associazione sindacale, l’Anm, e il Bagaglino è lì. Racconta Giovanni Bianconi sul Corriere che il sindacatone delle toghe ha deciso di costituirsi parte civile al processo contro (l’ex) magistrato Luca Palamara, che era stato il loro votato presidente. I magistrati “pressoché totalitariamente” rappresentati dal sindacatone si sentono offesi.

 

Lamentano che la “portata lesiva” delle malefatte contestate al loro ex capoccia è “destinata a riflettersi sull’immagine e la reputazione della magistratura nel suo complesso e sull’Associazione”. E per carità: tra trojan e cene eleganti, se volessimo scegliere la controfigura di Re Salomone non andremmo certo a chiedere al simpatico (ex) magistrato ereditario romano. E chi volesse portare in palcoscenico una tipica, italica, rusticana guerra per un posto al sole in procura, di comparse meglio di Palamara se ne troverebbero in ogni tribunale. Detto questo, mette di buon umore scoprire che la maggioranza pressoché totalitaria si senta offesa soltanto da Palamara, dopo decenni di indagini sballate, di sentenze smontate, di inciuci correntizi, di coltelli nella schiena per un avanzamento di carriera. Ma Palamara “è fonte diretta di danno in relazione ai prestigio, all’indipendenza e al rispetto caratteristici della funzione giudiziaria”.

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Varrebbe la pena ricordare, alla maggioranza pressoché totalitaria ma di corta o selettiva memoria, qualche altro caso, fior da fiore, per cui la Anm dovrebbe chiedere i danni di reputazione e che ha macchiato il prestigio della categoria più di quanto non abbia potuto fare il loro ex capoccia. Ad esempio il pietoso teatrino del pensionato Davigo, con pm di complemento e segretaria solerte a far da comparse, che diffonde brogliacci non protocollati per fregare un suo ex sodale e capo della procura. O il pm della stessa procura che si beveva come rosolio prove taroccate pur di imbastire un processo ai vertici Eni, poi finito vergognosamente nel cestino, assieme al prestigio di tutta la procura.

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Per i decenni di sceneggiate del processo Trattativa (non ci fu, ndr) l’Ann dovrebbe chiedere i danni d’immagine ai dottori Di Matteo e Scarpinato. E che dire della figuraccia fatta dall’ordine giudiziario con inchieste che si chiamavano “Phoney money” o “Why not”? Ma se volessimo guardare la faccenda della parte di chi è stato davvero offeso dal comportamento della magistratura, anche a voler tralasciare i 36 processi di Milano contro Berlusconi (11 assoluzioni e una sola condanna, il resto in cavalleria), basterebbe ricordare che qualcuno si dovrebbe vergognare delle 19 assoluzioni a zero collezionate da Antonio Bassolino. E l’Ann si vergognerà mai, dopo decenni, di aver contribuito a far cadere un governo per un’inchiesta sui Mastellas, risultata ovviamente farlocca? Ma la maggioranza totalitaria della magistratura si sente offesa solo da Palmara, chissà perché. Bagaglino, sipario.

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