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I morti di Baghdad fanno vacillare l’imminente viaggio del Papa in Iraq

Matteo Matzuzzi

La Segreteria di stato ha da tempo sollevato qualche perplessità sulla trasferta irachena. Il problema è che la sicurezza del Pontefice non è garantita. Cosa deciderà Francesco?

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I trentadue morti dell’attentato di Baghdad rivendicato dall’Isis hanno confermato, ammesso che ce ne fosse bisogno, quanto problematico sia il programmato viaggio che il Papa effettuerà in Iraq all’inizio di marzo. A parole è tutto confermato: qualche giorno fa i giornalisti intenzionati a viaggiare sull’aereo papale sono stati invitati a prenotarsi. Sul resto, però, è buio fitto. Il piano è ambizioso: Baghdad e le terre curde martoriate dalla violenza jihadista, un pellegrinaggio sulle orme dei martiri di oggi, “più numerosi di quelli dei primi secoli”, come ha più volte detto Francesco. Il problema è che a oggi la sicurezza non è garantita né può esserlo. Chi dovrà sorvegliare sui trasferimenti del corteo ufficiale e delle troupe al seguito? Non è un mistero che la Segreteria di stato abbia da tempo sollevato qualche perplessità sulla trasferta irachena.

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I trentadue morti dell’attentato di Baghdad rivendicato dall’Isis hanno confermato, ammesso che ce ne fosse bisogno, quanto problematico sia il programmato viaggio che il Papa effettuerà in Iraq all’inizio di marzo. A parole è tutto confermato: qualche giorno fa i giornalisti intenzionati a viaggiare sull’aereo papale sono stati invitati a prenotarsi. Sul resto, però, è buio fitto. Il piano è ambizioso: Baghdad e le terre curde martoriate dalla violenza jihadista, un pellegrinaggio sulle orme dei martiri di oggi, “più numerosi di quelli dei primi secoli”, come ha più volte detto Francesco. Il problema è che a oggi la sicurezza non è garantita né può esserlo. Chi dovrà sorvegliare sui trasferimenti del corteo ufficiale e delle troupe al seguito? Non è un mistero che la Segreteria di stato abbia da tempo sollevato qualche perplessità sulla trasferta irachena.

   

Nel 2019, il cardinale Pietro Parolin aveva detto a Tv2000, la televisione della Cei, che “per un viaggio del Papa in Iraq ci devono essere quel minimo di condizioni che permettano al viaggio stesso di realizzarsi ma che attualmente non esistono”. Non pare che molto, da allora, sia cambiato. Anzi, di mezzo c’è stato anche il sopraggiungere della pandemia. Francesco, però, vuole ricominciare a viaggiare dopo la pausa forzata di più di un anno, e vuole farlo –  anche simbolicamente – proprio dall’Iraq, martoriato da questo “insensato atto di brutalità” (sono parole di Francesco) dopo una relativa calma che aveva caratterizzato soprattutto la capitale nell’ultimo biennio. Se è verosimile che i cani sciolti nostalgici dello Stato islamico non abbiano l’obiettivo di colpire i cristiani –  sono gli sciti a essere nel mirino, soprattutto in vista delle elezioni già rimandate da giugno a ottobre – è certo agli occhi degli osservatori internazionali che la storica visita del Pontefice rappresenterà un palcoscenico ideale per dimostrare la vitalità degli eredi del califfo Abu Bakr al Baghdadi. Che la situazione sia in rapida evoluzione lo dimostra anche la prima pagina dell’ultimo numero dell’Osservatore Romano: “Si tratta del peggiore attacco nella ca-pitale irachena negli ultimi tre anni. Nelle ultime ore le autorità irachene hanno rafforzato la sicurezza nella capitale e in altre città”. Non proprio il contesto ideale per un pellegrinaggio papale.

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