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Prima gli piaceva l'"io so ma non ho le prove", ora vogliono il terzo grado su Bucha

Andrea Mercenaro

La cosa più divertente, in questa vera e propria sagra del dubbio legittimo, anzi, ipercivile, è che lo stand principale della fiera sia gestito da quegli stessi che pendevano dalle antiche parole di Pasolini

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Intanto, e questo è solamente il primo dei tanti fatti da verificare, nessuno ha detto se a Bucha erano di più le morte femmine o i morti maschi. Secondo, non si riesce a leggere da nessuna parte qual era l’età media degli uccisi. Come mai? Terzo, un colpo in testa? Ciascuno? Cioè: ci stiamo raccontando che i potentissimi russi non avevano mitragliatrici? Sessanta chilometri di carri armati e ammazzano i nemici con la pistoletta? Come manco Kit Carson o l’ispettore Callaghan? Quattro: vogliamo forse negare le brutalità della guerra, dove non è la prima volta che l’amico ammazza l’amico? Dove non c’è un inviato, tra l’altro, non uno che sia uno, morso dallo scrupolo professionale di far sapere al lettore la marca della pistola, se era a canna rigata, liscia, a scacchi, il calibro e l’ampiezza dei fori, sia d’entrata che d’uscita? Testimoni, per esempio, ne abbiamo? Ah, soltanto ucraini? Russi no? E vogliamo credere a testimoni ucraini su assassini ucraini di assassinati ucraini? Ci siamo ridotti a fare a meno dell’inchiesta, del dibattimento, del terzo grado di giudizio? E che razza di cronisti sono stati mandati in Ucraina? Tutti Travaglio, Damilano, Severgnini, Mentana o Gruber? Poi piantiamola qui. Perché la cosa più divertente, in questa vera e propria sagra del dubbio legittimo, anzi, ipercivile, è che lo stand principale della fiera sia gestito da quegli stessi che alle antiche parole di Pasolini: io non ho prove, non ho nemmeno un indizio, ma so benissimo chi sono i colpevoli, godettero come pochi.

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