Marco Verratti e Isco durante Spagna-Italia (foto LaPresse)

Verratti gioca in Francia così nessuno si accorge che fa pena

Jack O'Malley

Se fossi un tifoso dell'Italia troverei ben pochi motivi per essere ottimista

Londra. Lo so che la mia Nazionale non ne azzecca una dal 1966, che da decenni viene eliminata ai Mondiali e agli Europei dal primo passante, tra rigori sbagliati e cappelle che nemmeno Giotto con gli Scrovegni, che pertanto sarei l’ultimo a dovere dare consigli su come rendersi presentabili all’estero. E’ pur vero che ultimamente noi inglesi ci siamo specializzati nel fare gironi di qualificazione perfetti, da favoriti assoluti (il fatto che poi si naufraghi miseramente qui non interessa, non ancora per lo meno), e che io tendo a fregarmene abbastanza di quello che secondo voi potrei o non potrei scrivere. Osservo intenerito i tentativi dei giornalisti sportivi italiani di salvare qualcosa non dico della partita – a tutto c’è un limite – ma della squadra e della guida tecnica. Non tutto è perduto, si affrettano a scrivere, che cosa sarà mai uno spareggio, ricordano con sufficienza, l’importante è qualificarsi in Russia, rassicurano dall’alto della loro lunga esperienza.

 

Sorrido perché sono nobili tentativi, peccato solo totalmente incoerenti con quanto sostenuto fino a due ore prima di Spagna-Italia: per mesi si è esaltata la giovane tempra degli Azzurri guidati dal meno giovane Ventura, si è fatto credere che Buffon sia ancora un gatto (resta però uno bravissimo a minacciare il commissario tecnico), che la difesa potesse essere immortale oltre che insuperabile (chissà se adesso tornerà pure lo svincolato Zaccardo, a quanto pare vicino all’Inter), ma soprattutto che quei due a centrocampo siano top player. De Rossi saranno dieci anni che non combina nulla oltre al compitino nella Roma, dove comunque gioca regista basso. Verratti è un mistero della fede calcistica. Più volte accostato alla Juventus, di lui non si ricorda nulla di significativo negli ultimi anni se non l’essere stato definito dai giornalisti “il nuovo Pirlo”, cosa che lo ha fatto entrare di diritto nell’invidiabile elenco dei “Nuovo Qualcuno” che da sempre lastricano il sentiero che porta al cimitero dei calciatori. Gioca in Francia, e si capisce guardandolo agitarsi in campo con le movenze di un bocciatore provenzale. Fa bene, dato che la Ligue 1 in Italia la trasmette Mediaset Premium non c’è rischio che in molti lo vedano giocare, e lui può continuare a vivere nel grande bluff in cui è cresciuto e continua a essere pagato.

 

Sì, non lo sopporto, ma l’altra sera vedendolo subire tunnel dagli avversari mi è venuto da chiedere se non ci fosse qualche No Tav che, impietosito, potesse almeno protestare per impedirgli tale umiliazione. Dicendo che Verratti non è inferiore a Isco, Mino Raiola fa giustamente il suo mestiere, ma poiché dal parlarne bene non guadagno nulla, dico quello che penso. Così come lo dico di Spinazzola, uno dei tanti che viene convocato in Nazionale dato che interessa a una grande con le strisce, e poi visto in campo lascia tutti con la stessa domanda di chi legge un tweet di Gianni Riotta: “Perché?”. Vedendo Belotti, invece, confesso di avere stappato una bottiglia: il rischio che qualche squadra inglese quest’estate desse i 100 milioni a Urbano Cairo per portarsi a casa un buon attaccante da metà classifica, bravo a fare rovesciate contro il Sassuolo come me al parco quando gioco con i miei nipoti, era altissimo. Pericolo scampato.