Estate Romana a Piazza di Santa Maria in Trastevere "Libri in Campo". Foto LaPresse/Giulio Napolitano

Niente soldi, zero fantasia. Ecco a voi l'estate romana a cinque stelle

Antonio Monti

Interpretata con sciatteria e come fosse un compitino amministrativo, così si degrada l’invenzione di Nicolini

L’Estate Romana 2017 punta su una rassegna a basso costo e una programmazione a lunga scadenza frutto di un bando triennale. Una scelta che ha forse il merito di cercare un radicamento degli spettacoli ma anche il limite di non richiamare grandi artisti o produzioni dal costo elevato. Il budget è ancora più asciutto del solito, il Comune ha messo a disposizione massimo 1 milione di euro per i progetti che si svolgeranno nel 2017 e altri 500 mila euro per quelli spalmati su tre annualità. In totale sono 1,5 milioni di euro, poco meno dei 2 milioni stanziati per la rassegna nel 2015 durante l’ultima estate della giunta di Ignazio Marino, la metà rispetto ai 3 milioni finanziati dalla giunta di Walter Veltroni nel 2007 per festeggiare il trentennale della manifestazione. Non a caso il bando copre massimo il 70 per cento della spesa preventivata dal proponente.

   

L’invio delle proposte si è concluso da oltre un mese e il calendario degli eventi dovrebbe scandire la stagione dal 30 giugno al 30 settembre: la graduatoria provvisoria dei vincitori arriverà domani. Il bando si sofferma su uno dei ‘pallini’ dell’assessore Bergamo, la richiesta di andare oltre gli eventi con “mero ed esclusivo carattere di spettacolo” per provare a dare vita ad “elementi di produzione culturale contemporanea”. Un format che somiglia a quello allestito dalla giunta a 5 Stelle per l’ultima notte di Capodanno, quando un insieme di performance sparse per il centro storico ha sostituito il tradizionale concerto che festeggia l’arrivo della mezzanotte. Il pubblico non ha disertato l’evento ma, con questa formula, il rischio di offrire un palcoscenico unico al mondo anche ad artisti improvvisati è dietro l’angolo.

    

Per ora ad animare le notti romane, oltre alla movida chiassosa dei locali, c’è solo l’arena all’aperto in piazza San Cosimato organizzata dai ragazzi del Cinema America che, ironia della sorte, hanno dovuto faticare parecchio per ottenere l’autorizzazione dal Campidoglio per allestire lo spazio. Si tratta comunque di una rassegna esterna all’Estate Romana.

   

Di fatto, l’unica offerta di intrattenimento culturale ben strutturata messa in campo da un ente pubblico è il cartellone con ben 41 concerti di ‘Luglio suona bene’ nella cavea dell’Auditorium Parco della Musica, quest’anno partito già a metà giugno. Per il resto a farla da padrone sono i festival musicali organizzati da privati all’ippodromo di Capannelle, i grandi concerti rock e pop allo stadio Olimpico. Mentre la nuova frontiera dei live estivi sono le rassegne – spesso gratuite – di cantanti dal passato glorioso organizzate nei grandi centri commerciali in estrema periferia. Eventi con budget, pubblico e ambizioni fuori dalla portata dell’Estate Romana a misura 5 Stelle.

   

E insomma arrivata alla sua 40 esima edizione l’Estate Romana sembra avvertire tutto il peso del tempo che scorre. Già da qualche stagione, in verità, l’evento si trascina stancamente forte di un brand consolidato ma non più della qualità dei contenuti proposti. Servirebbe una nuova dimensione per la rassegna che riempie le notti calde e umide di chi, per lavoro o per necessità, rimane nella Capitale quando la città si svuota e diventa il regno dei turisti. Un restyling che riesca a mantenere intatta la vocazione popolare della manifestazione – dai cinema all’aperto agli spettacoli di musica, teatro e danza – senza però vederla soccombere nella sfida con la concorrenza degli eventi privati.

   

Nata nel 1977 da un’invenzione di Renato Nicolini, visionario assessore alla Cultura delle giunte a guida Pci, l’Estate Romana era stata pensata per riportare i romani nelle strade e scacciare via la gli incubi del terrorismo. Erano gli anni di Piombo, il ‘77 fu devastante per le strade di Roma: 5 morti e altrettanti feriti causati dal terrorismo, tra le vittime rimaste più impresse nella memoria di quei mesi l’attivista radicale Giorgiana Masi e il militante comunista Walter Rossi. Come reazione a quello sgomento arrivarono il cinema all’aperto dentro alle rovine della basilica di Massenzio ai Fori Imperiali e, nel 1979, il festival della Poesia sulla spiaggia di Castel Porziano, tra versi di cantori metropolitani e reading di Allen Ginsberg ed Alda Merini.

   

Anche oggi l’allerta terrorismo è alta, stavolta per quello di matrice jihadista, ma una semplice rassegna culturale non sembra più sufficiente a combattere la paura. Inoltre per innovare servono risorse economiche di cui le malandate casse del Campidoglio non dispongono, oppure un pizzico di inventiva. L’idea di Luca Bergamo – vice sindaco con delega alla Cultura (e un passato a sinistra) sempre più influente nelle gerarchie della giunta Raggi – prova a coniugare questi due aspetti. Un approccio che è in parte paradigma del modo di amministrare seguito dai 5 Stelle nel loro primo anno di mandato a Palazzo Senatorio: i piccoli progetti sono meglio di quelli grandi, anche perché spesso costano di meno. Una filosofia che, se interpretata in modo nobile punta a ricucire il tessuto urbano con tanti piccoli interventi, se applicata in modo sciatto relega qualsiasi iniziativa a mero compitino amministrativo.

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