Giancarlo Giorgetti (foto LaPresse)

Il Giorgetti che non t'aspetti: europeista

Redazione

Il regista della Lega che non la pensa come Salvini e manda segnali a Berlusconi

Giancarlo Giorgetti nella Lega, squadra tradizionalmente compatta, è il regista basso, come si direbbe nel calcio. Lo è da sempre. Faceva parte del direttorio di Umberto Bossi quando ancora non era divenuto il Cerchio magico; ha attraversato indenne la stagione delle ramazze e dei tradimenti; si è riposizionato con il lento ma sicuro slittamento di una faglia tettonica al centro del nuovo territorio di Matteo Salvini. Tessitore esperto di tele politiche, sa come trattare con il Cavaliere e con lo stato maggiore di Forza Italia da quando accompagnava il Senatùr ai lunedì di Arcore. Non ama la visibilità, ma molti segnali (e un po’ di logica) indicano che in questa fase il suo ruolo di baricentro, di collegamento, e di suggeritore strategico tra Lega e FI è destinato ad aumentare. Giorgetti ragiona e manda segnali. Qualche giorno fa, durante la presentazione di un libro a Roma, ha risposto a una domanda diretta di Antonio Polito, e non ha risposto come avrebbe fatto il suo capitano, Matteo Salvini. Domanda: “Voi pensate che l’Italia debba uscire dalla moneta unica?”. Risposta: “Noi pensiamo che i trattati debbano essere rivisti perché la datazione dei trattati spesso li rende inattuali. Anche le stesse regole di Maastricht sono state disegnate e scritte in una realtà quella degli inizi degli anni Novanta che non è più credibile e realistica. Faccio peraltro notare che le politiche di maggior successo oggi in Europa sono quelle della Banca centrale europea che agisce notoriamente al margine di quel che le consentono i Trattati”. Un leghista che apprezza Draghi, prendete nota. E uscire dall’euro? “Ci rendiamo perfettamente conto anche noi che la proposta dell’uscita dall’euro è una proposta – diciamo così – choc. Semplicemente ritengo che sia lo strumento per fare capire quella che noi invece riteniamo essere una proposta realistica”, e cioè la ridefinizione delle condizioni del patto europeo.

 

Non esattamente le posizioni sovraniste a testa bassa di Salvini. E nemmeno la posizione europeista-con-supercazzola (la doppia moneta) di Silvio Berlusconi. E invece un terreno, quello di una revisione europea nel quadro del riconoscimento della validità delle politiche della Bce, che potrebbe essere una buona base per iniziare a ragionare di programmi, nel centrodestra. Spostando più in là, nella fascia di competenza politicamente inutile, le pulsioni populiste. Non crediamo nei miracoli, Giorgetti è un politico esperto ed è consapevole che “molto dell’elettorato grillino è omogeneo a quello leghista”, ed è chiaro che quei voti non gli fanno schifo. Ma sicuramente sa anche che da quella parte, e senza un Berlusconi rinsavito sulla via europea, non si vince.