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Mafia Capitale è stato il più grande regalo alla mafia (quella vera)

Redazione

Smontato ancora una volta il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, ma intanto l’immagine di Roma è stata distrutta.

L’archiviazione di massa chiesta dalla Procura romana per ben 116 indagati nell’ambito dell’inchiesta Mafia Capitale cancella l’idea che era stata diffusa a larghe mani secondo cui le amministrazioni capitoline fossero gestite da manutengoli dell’onorata società. Gianni Alemanno e Nicola Zingaretti, insieme a tanti altri che erano stati accusati del reato di concorso esterno in associazione mafiosa – un insensato reato associativo che non ha riscontro in nessuna giurisdizione esclusa quella italiana – non saranno più perseguiti per mafia. Restano inchieste e processi per corruzione e concussione o finanziamento illecito, che naturalmente non sono atti commendevoli e che, comunque, anche se fossero provati, non portano affatto a una origine mafiosa. I fan della procura sostengono che questa “ripulitura” delle imputazioni ha solo l’effetto di rafforzare l’accusa nei confronti dei residui indagati e di quelli che già sono arrivati a una fase processuale. La tesi appare singolare, perché nasconde il fatto che se le chiamate di correo di Carminati si sono dimostrate prive di riscontri in tanti casi, è più che lecito il dubbio che procedimenti sostanzialmente basati su quella fonte siano ormai azzoppati.

 

Oltre agli aspetti processuali, balza agli occhi una questione di immagine: l’aver intitolato l’inchiesta Mafia Capitale – con lo stile di un produttore di film di cassetta – il fatto che questa dizione sia diventata quasi un luogo comune, che continui a campeggiare nei titoli dei giornali e nei reportage televisivi in Italia e nel resto del mondo, sono tutte circostanze che hanno portato alla distruzione dell’immagine di Roma. Ora che quel presuto legame delle amministrazioni romane con la criminalità organizzata è  stato smentito, quel putiferio mediatico si rivela come un colossale regalo fatto alla mafia, alla quale è stato accreditato un potere di infiltrazione che, fortunatamente, non possiede affatto. Però si continuerà a parlare di Mafia Capitale anche dopo che i presupposti basilari di questa locuzione sono venuti meno. Sarebbe bene che almeno questa brutta vicenda portasse a una riflessione comune sul danno che si fa con l’esasperazione mediatico-giudiziaria che finisce, involontariamente, per diventare uno spot sull’invincibilità presunta del nemico mafioso.

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