L'allenatore dell'Inter Stefano Pioli (foto LaPresse)

Il difetto di Pioli (e di Veltroni)

Maurizio Crippa

Uno dei motivi per cui amiamo Walter Veltroni in versione giornalista è che quando parla di qualsiasi cosa o intervista chicchessia, in fondo parla sempre di se stesso, come fanno i poeti

Il titolare di una precedente rubrica devota al Filosofo di Setúbal mi prenderebbe a calci, perché alla vigilia della gita a Torino parlare di Mister Sette Vittorie, e di un intervistatore gobbo ma gobbo, porta una sfiga ma una sfiga. Però sticazzi, come pare abbia detto domenica pomeriggio Lucianone Spalletti a Genova: così è la vita. Uno dei motivi per cui amiamo Walter Veltroni in versione giornalista è che quando parla di qualsiasi cosa o intervista chicchessia, in fondo parla sempre di se stesso, come fanno i poeti: “Quando Pioli giocava io ne apprezzavo l’eleganza, il tocco di palla raffinato, la correttezza. Se dovessi dire un difetto che mi sembrava avesse, era forse la mancanza di cattiveria. Se poi è un difetto, nel calcio come nella vita”. Lo lasci dire a chi se ne intende: è un difetto. (Soprattutto in politica, a dire il vero, ma non è il caso di stare a inzigare). Comunque, quello era l’attacco dell’intervista realizzata da WV sabato a Stefano Pioli per il Corriere dello Sport-stadio.

 

Una bella intervista, diciamolo, da cui vien fuori il ritratto di un bravo tecnico, di una brava persona, di un lavoratore che non se la tira. E quando dice “nella mia stanza da bambino, c’erano il poster di Mazzola e quello di Cruijff”, gli vorremmo bene anche se ne avesse perse sette su sette. Poi c’è questa risposta: “Il Trap mi ha migliorato anche dal punto di vista tecnico. Mi ha fatto così tanto calciare col mio piede debole, che era il sinistro, che io poi, nella mia carriera, mi sono potuto definire benissimo un ambidestro”. Ecco: facesse lo stesso col destro di legno di Kondogbia, e lo ameremo tutta la vita.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"