Marco Prato (foto Facebook)

Il suicidio in carcere di Marco Prato e quel male oscuro che viene da lontano

Michele Masneri

Il ragazzo era accusato dell'omicidio di Luca Varani uno dei delitti più sanguinosi degli ultimi anni

Roma. “Every fucking sunday” era il motto dell’aperitivo che si teneva ogni maledetta domenica al Colle Oppio, luogo imperiale e di imperiale degrado oggi, tra monnezza e disperati notturni e diurni e aiuole e gabbiani giganti, e quella maledetta domenica del marzo 2016 l’aperitivo si fece lo stesso anche se il delitto, il più sanguinoso degli ultimi anni, c’era appena stato, e l’assassino era (forse) il pierre Marco Prato. Suicida ieri in carcere per un delitto che forse non aveva del tutto commesso ma che resterà negli annali della violenza romana, tra il canaro e il Circeo, i delitti dell’accanimento, categoria a parte.

 

Centosette coltellate, la ferocia “al solo fine di procurargli sofferenza fisica” secondo la procura, che chiede la condanna per omicidio premeditato pluriaggravato per Prato e il suo complice Manuel Foffo, che dopo giorni di “party” decidono di uscire per Roma a cercare qualcuno da uccidere, e rimediano Luca Varani, ventitreenne, già conosciuto dal Prato. Lo stordiscono e lo massacrano, poi i dettagli e la pazzia nessuno li saprà mai. Foffo chiede il patteggiamento, prende 30 anni, Prato aspetta in carcere il processo ordinario, dà varie versioni, si dice innocente, scopre e annuncia d’essere sieropositivo, dice d’essere succube del Foffo, che ama. Si uccide.

 

Ci aveva già provato, poco prima d’essere arrestato. Ha il mito di Dalida e dopo aver abbandonato la scena del crimine prende una stanza in un hotel vicino casa, hotel San Giorgio, tre stelle, nel quartiere borghese della Nomentana, prende i barbiturici, si infila sotto il letto e aspetta il suo destino nella camera 65, ascoltando “Ciao amore”. Tutti pensano a una messinscena.

 

Pasolini. Nessuno ha ancora tirato in ballo Pasolini per questa vicenda tremenda e pure certamente la più “pasoliniana” degli ultimi anni, a partire dai personaggi, il borghese Prato, fuoricorso, il figlio del generone Foffo, fuoricorso. Il proletario Varani. Tutti etero, non proprio gay, non del tutto, pasolinianamente c’è la borghesia forse un poco predatoria che si scopa il sottoproletariato, mah, bisognerebbe vedere i 740. “A noi Foffo piacciono le donne”, ritenne di dover precisare il papà di Foffo, ristoratore. Etero anche il povero Luca Varani, come certificò la fidanzata, senza spiegazioni per quella notte passata a letto con due giovanotti, e lui davvero sembra un personaggio che si poteva trovare sul barcone del Ciriola in “Ragazzi di vita”. Delitto filologico, nei luoghi dello scrittore (ma quali luoghi romani non sono pasoliniani?) e della sua trasposizione cinematografica, con l’interprete Willem Dafoe che abita lì a due passi, a via Merulana, e il chirurgo estetico delle dive e il regista della “Grande Bellezza”.

 

Proprio dove, in quella domenica, domenica d’autopsia e d’apertura indagini, gli aperitivi andavano avanti nella serata ove il Prato faceva public relations, che si chiama “Ahperò”, e si svolge sopra le spoglie della Domus Aurea, non lontano da via Merulana. Fettine di würstel, popcorn, patatine e frittate, le miserie dei carboidrati nello spleen della settimana che ricomincia. Tutti sapevano, avevano saputo, del fattaccio e pasticciaccio, in questo Os Club, con piscina azzurra, già segnalata dal sito Degrado Esquilino, ma qui siamo nel degrado morale e non catastale.

 

Qui Marco Prato officiava, “studente fuori corso” a trent’anni, categoria dello spirito, e soprattutto organizzatore di eventi, portatore di vasta popolarità settoriale. Di ampie produzioni di selfie tra piazza Vittorio e il Pigneto e Parigi (aveva una mamma francese). Canotte, ciuffi, berrettini, acconciature, e “new haircut”, a segnalare nuovi tagli di capelli, e “forever young” a petto nudo in qualche pool party. Campione di una società romana non dello spettacolo ma dell’apericena, “i capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla metà della fronte”, come nella descrizione di Gadda è il commissario Ingravallo che indaga sul delitto, ma qui invece è l’assassino: “Una certa praticaccia del mondo”, aveva, questo Marco Prato, sempre per dirla alla Gadda, e tutti avevano un aneddoto vero o presunto, da raccontare, e l’estate scorsa a Mykonos, certe feste all’insaputa dei padroni di villa in cui era ospite, e tanta droga, e forse addirittura truffe, a mercanti d’arte, anelli spariti per comprarsi la droga, minacce di rivelare foto compromettenti di porcellate. Mentre ci sarebbe pure un video, nella notte degli orrori, che però non è mai saltato fuori.

 

Cosa succede se Bret Easton Ellis incontra Carlo Emilio Gadda? Perché qui è un pasticciaccio brutto ma con personaggi che sembrano quelli imbruttiti delle classi alte californiane. O medioalte. Comunque con dei papà ingombranti, come il Foffo senior e la sua smania di precisare il machismo di famiglia, o come Ledo Prato, manager culturale molto stimato, segretario generale della associazione Mecenate 90, ne fanno parte Alain Elkann e Giuseppe De Rita; protagonista della rinascita culturale romana negli anni veltroniani. Mentre le mamme, silenti e forse avrebbero più da dire, come quella del Foffo, che abitava nell’appartamento sotto, non ha sentito, né visto, nulla, di questi accoppiamenti non giudiziosi, queste nottate “chemsex”, con le sostanze, la coca e il meth e il Ghb dove però normalmente non è che ci scappa il morto.

 

E dunque un male forse oscuro che viene più da lontano, e però che destino crudele per il povero Varani, questo ragazzo già bosniaco, abbandonato dalla famiglia, rinato a Roma da altra famiglia non naturale ma amorosa, solida di commerci ambulanti, che lo adottò. Nato in Bosnia, rinato a Roma, morto ammazzato al quartiere Collatino per curiosità, per brama, per pazzia. Integrato alla romanità, pure troppo. “Dall’Isis ce pijo la frutta”, diceva una foto sul suo Facebook, e poi foto di grandi magnate. “Spuntino de mezzanotte hhaahaha 250 g di pasta e 130 g di pancietta”, con la i nel testo, e poi una gif di Cenerentola al suo principe, lui le dice: “Non puoi andar via a mezzanotte”, e lei: “Fatte na sega”. E l’ultima foto di questa tragica bacheca, una dichiarazione di intenti, “Dio creò Adamo ed Eva, non Adamo e Claudio”, scrive nel suo ultimo post su Facebook, anche lui con l’ansia della precisazione etero, prima di andare incontro alla sua domenica bestiale.

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