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Contro la vulgata dell'Italia che investe poco o nulla

Marco Fortis

Gli investimenti in macchinari e brevetti sono aumentati a tassi superiori della Germania

"Le imprese italiane investono poco”. Spesso sui giornali e nei talk-show sentiamo ripetere questa affermazione quasi come un mantra, di volta in volta in bocca a vari politici, sindacalisti, opinionisti. Ma su che cosa si basa un simile convincimento? Sul nulla assoluto. Anche i dati statistici ufficiali, in verità, per lungo tempo non hanno aiutato a capire ciò che stava realmente succedendo durante la ripresa dopo la lunga crisi. Le imprese avevano effettivamente ricominciato ad investire ma le statistiche inizialmente non “catturavano” il fenomeno. Si considerino gli investimenti fissi escluse le costruzioni, cioè i macchinari, i mezzi di trasporto e i beni di proprietà intellettuale. La prima stima dell’Istat relativa a questa voce per l’anno 2014 fu meno 1,6 per cento rispetto al 2013, poi ulteriormente abbassata a meno 1,9 per cento, mentre l’ultimo aggiornamento è stato elevato a più 2,3 per cento: una differenza in meglio di 4,3 punti percentuali tra la stima peggiore e quella più recente. E non è tutto. La prima stima dell’Istat per l’anno 2015 fu più 2,1 per cento mentre l’ultimo aggiornamento è stato innalzato a più 3,5: una differenza in meglio dell’1,3 per cento. Nel complesso, per quanto riguarda il biennio 2014-15, rispetto ai dati annui iniziali, le successive revisioni Istat hanno migliorato il quadro degli investimenti in macchinari, mezzi di trasporto e brevetti in Italia addirittura di 5,6 punti percentuali. Ma pochi l’hanno notato. Ai dati precedenti va poi aggiunto il 2016. La prima stima dell’Istat per questa voce, diramata a marzo di quest’anno, indica un ulteriore incremento rispetto al 2015 del 4,6 per cento. Riassumendo, nel triennio 2014-2016 le imprese italiane hanno aumentato i loro investimenti in macchinari, mezzi di trasporto e brevetti del 10,8. Per un confronto, la Germania ha invece fatto più 9,7. L’accelerazione dell’Italia è stata sensibile soprattutto nell’ultimo biennio: più 8,3 per cento contro più 4,6 della Germania.

   

Nonostante il pessimo andamento tendenziale degli investimenti in costruzioni nel nostro paese, che è perdurato fino al secondo trimestre 2015, la notevole performance degli investimenti in macchinari, mezzi di trasporto e beni di proprietà intellettuale ha permesso all’Italia di risalire notevolmente nelle classifiche Ocse relative agli Investimenti fissi lordi totali (Ifl). Infatti, nell’ultimo trimestre del 2013 gli Ifl in Italia risultavano ancora in calo tendenziale del 5,5 rispetto al quarto trimestre 2012, mentre la media dei paesi del G7 presentava già una crescita del 3,4. Poi è iniziata la risalita e dal quarto trimestre 2015 in poi la crescita tendenziale degli Ifl dell’Italia è sempre stata sensibilmente superiore a quella media del G7. Questa dinamica appare chiaramente dal grafico in pagina. Non deve trarre in inganno la flessione della crescita nel primo trimestre del 2017, che è comunque rimasta superiore alla media del G7. Essa è stata determinata solo da una temporanea frenata degli investimenti in macchinari e mezzi di trasporto a causa del rallentamento degli ordini delle imprese a fine 2016 in attesa di capire come avrebbe funzionato il piano Industria 4.0 varato dal governo Renzi.

   

Rifinanziamento della legge Sabatini, Patent box, super-ammortamento per i macchinari e i mezzi di trasporto, e ora il piano Industria 4.0 con l’iper-ammortamento e altre misure: tutti questi provvedimenti sono alla base dell’accelerazione degli investimenti tecnici italiani, a cui si sta finalmente aggiungendo anche un po’ di ripresa degli investimenti in costruzioni. Se allarghiamo il nostro confronto internazionale considerando oltre ai paesi del G7 anche altri 6 paesi avanzati o tra i più ricchi del mondo (Svezia, Olanda, Spagna, Svizzera, Australia e Corea del sud), possiamo osservare che l’Italia era ultima tra i 13 paesi considerati per crescita tendenziale degli Ifl nel quarto trimestre 2013 e lo è rimasta fino al quarto trimestre 2014. Poi è cominciata la rimonta. Fino ad arrivare al boom del 2016-17, che ci ha visto entrare nel gruppo di testa. Infatti, dal secondo trimestre 2016 al primo trimestre 2017 l’Italia è stata due volte sesta, una volta quarta e una volta seconda per crescita tendenziale degli Ifl tra i 13 paesi analizzati. Senza grandi distacchi, va aggiunto, con i Paesi davanti a noi. Solo i tassi di crescita degli Ifl della Corea del sud rimangono al momento irraggiungibili per chiunque.

   

Si noti che i dati di cui abbiamo sin qui parlato ancora non colgono le potenzialità del piano Industria 4.0, che dovrebbe far sentire i suoi effetti sul pil italiano soltanto dal secondo trimestre 2017 in poi. Questo piano è il risultato di un gioco di squadra di politica industriale e finanziaria tra l’ex premier Renzi e i ministri Calenda e Padoan e rappresenta il tassello conclusivo di una serie di misure economiche (inclusi i sottovalutati 80 euro) che, come abbiamo già più volte documentato, stanno permettendo alla componente della domanda interna privata italiana escluse le costruzioni (cioè i consumi delle famiglie più gli investimenti tecnici) di raggiungere gli stessi tassi di crescita tedeschi e francesi. Un traguardo, impensabile soltanto fino a qualche tempo fa, che si è pienamente consolidato a cavallo tra l’ultimo anno del governo Renzi e il 2017 del governo Gentiloni.

   

Quanto potrà influire aggiuntivamente il Piano Industria 4.0 su questa già positiva tendenza del nostro settore privato? E’ ancora difficile quantificarlo. Per ora abbiamo a disposizione alcune prime indicazioni che vengono dalle previsioni sul pil della Banca d’Italia e anche dall’economia reale. Vedremo come esse potranno incastonarsi nei dati ufficiali del pil (la stima preliminare Istat per il secondo trimestre 2017 è attesa per il prossimo 16 agosto ma faranno probabilmente più testo i trimestri successivi).

   

Secondo l’ultimo Bollettino della Banca d’Italia il pil italiano crescerà nel 2017 dell’1,4 per cento e ancora notevole sarà il contributo degli investimenti in macchinari, mezzi di trasporto e brevetti che aumenteranno del 3,2 (crescita che proseguirà anche nel 2018 con un più 4 per cento e nel 2019 con un più 2,1). Si tratta di indicazioni che appaiono in linea con quelle provenienti anche da alcune importanti associazioni industriali settoriali. Molto ottimista è l’Ucimu, l’associazione delle macchine utensili e della robotica. Questo settore aveva già beneficiato notevolmente nel 2015-16 del rilancio della domanda interna spinta dalla Sabatini e dal super-ammortamento. Ora si aggiunge la accelerazione del piano Industria 4.0. Secondo il presidente di Ucimu Massimo Carboniero, “i provvedimenti del piano hanno già prodotto i primi effetti come dimostrato dall’andamento degli ordini raccolti dai produttori italiani sul mercato domestico. Dopo il più 22,7 per cento del primo trimestre del 2017, l’indice degli ordini interni nel secondo trimestre registra un incremento del 28,5 a conferma della tendenza ad acquisire nuovi macchinari e tecnologie per la connettività degli impianti”.

   

Una tendenza, questa, confermata anche dalla Federazione della meccanica varia Anima. Secondo il suo presidente Alberto Caprari, “gli incentivi del Piano nazionale Industria 4.0 hanno dato a imprese e imprenditori un contributo, anche psicologico, a una crescita che ora deve diventare solida e strutturale”. Anima prevede una crescita media degli investimenti nel 2017 del 13,3 per cento di tutti i settori associati (che spaziano dalle pompe alle valvole, dalla refrigerazione alle macchine alimentari, dalla caldareria alle macchine edili, dai compressori alle macchine per movimentazione e trasporto, ecc.). “Sono bei numeri che non si leggevano da diversi anni”, commenta Caprari. “Parliamo di innovazione tecnologica iniettata nelle nostre fabbriche, sia in termini di miglioramento ed efficienza nei processi produttivi, ma anche di sviluppo di nuovi prodotti e servizi 4.0”. Nei settori più coinvolti dalle tecnologie 4.0 Anima prevede che la crescita degli investimenti quest’anno sarà ancor più elevata di quella media stimata per tutti i settori aderenti alla Federazione, cioè addirittura del 16,9 per cento. Tassi veramente coreani: la ricetta giusta contro il malumore.

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