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E' jihad, non disoccupazione

Redazione

Le parole vuote del vescovo al funerale di Fabrizia e quelle potenti di Scola

Celebrando i funerali di Fabrizia Di Lorenzo, l’italiana morta nell’attentato di Berlino, il vescovo di Sulmona, mons. Angelo Spina, ha voluto sottolineare che la ragazza, “come tanti giovani, ha dovuto lasciare questa terra per trovare lavoro altrove perché questa nostra amata terra non riesce a dare speranza alle nuove generazioni che cercano lavoro e la dignità della persona umana”. Il vescovo ha utilizzato la strage terroristica per fare polemica politica di basso livello, utilizzando luoghi comuni (Fabrizia era laureata in Relazioni internazionali, non era stata costretta a emigrare in Germania per lavorare in miniera) e perdendo l’occasione di entrare nel merito di un gesto, quello dell’attentatore al mercatino di Natale di Berlino, che non è stato soltanto “folle”, come lo ha definito lo stesso monsignore, derubricandolo a semplice brutto episodio, ma figlio di un’ideologia distruttiva che affonda le proprie radici nel fondamentalismo religioso islamico.

 

 

Lo sa bene l’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, che nell’omelia della messa di Natale ha trovato parole appropriate per definire quanto successo, riflettendo su quale “posizione assumere, come cristiani, di fronte a questa minaccia che incide profondamente nelle nostre vite”. Innanzitutto, vi è la paura, cioè “la prima istintiva reazione che è appunto lo scopo del terrorismo”. Subito dopo, ecco palesarsi la richiesta di più sicurezza, la blindatura delle strade e delle piazze, i controlli capillari ovunque. Domanda legittima, “ma la sicurezza non è tutto”, ha detto Scola, perché “per quanto sofisticati siano i sistemi di difesa, ci sarà sempre una falla”. Serve altro, e cioè “l’educazione, la cultura” e soprattutto “la testimonianza”. “Occorre contestare l’ideologia jihadista, ponendosi e opponendosi a essa”. Come tradurre ciò in pratica, Scola l’ha spiegato poco dopo: “Come cristiani il nostro modo di porsi è innanzitutto annunciare Gesù Cristo, con più vigore e meno complessi”. Scola ha criticato l’occidente che chiude “gli occhi di fronte ai paesi che fomentano il discorso estremista, nella speranza che si tratti soltanto di un discorso”. Il punto è che “troppo tempo abbiamo perso svendendo le nostre convinzioni, la libertà religiosa in primis. E ora la minaccia è globale”. Proprio in questa duplice presa di posizione “sta il contributo più vero che possiamo offrire ai nostri fratelli musulmani”, che “stentano ad articolare un’alternativa chiara, scaricando troppo spesso le responsabilità soltanto sulle condizioni, pure oggettive, di ingiustizia economica e sociale”.

 

 

Temi toccati nell’omelia della messa della notte di Natale, quando un accento è stato posto sulla “libertà”, “una delle parole chiave del nostro tempo”. Si tratta, ha detto Scola, di “un bene molto prezioso, ma paradossalmente tanto più rivendicato, quanto più offeso e tradito”. Basti pensare “alla guerra e al terrorismo”, fino “alla libertà religiosa o a quella di educazione” e, infine, “alla confusa lotta per i cosiddetti nuovi diritti”.

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