Le eretiche sintonie tra Tremonti e Chatham House

Marco Valerio Lo Prete

L'ex ministro dell'Economia da ieri sera è a Londra a parlare di "futuro del capitalismo", ma questa volta difficilmente trapelerà qualcuna delle esternazioni spesso roboanti di Giulio Tremonti

    L'ex ministro dell'Economia da ieri sera è a Londra a parlare di "futuro del capitalismo", ma questa volta difficilmente trapelerà qualcuna delle esternazioni spesso roboanti di Giulio Tremonti. Il perché è presto detto: Tremonti sta intervenendo ancora oggi a un seminario organizzato dal think tank Chatham House. E le regole di Chatham House sono non soltanto note e utilizzate da centri studi in giro per il mondo, ma ormai perfino codificate:

    Quando un incontro, o parte dello stesso, si tiene sotto la Chatham House Rule, i partecipanti sono liberi di usare le informazioni che ricevono, ma non potranno essere rivelate né l'identità e l'affiliazione degli oratori o di qualsiasi altro partecipante. 

    Nel 2008 Tremonti già partecipò a un seminario organizzato dallo stesso think tank. Il Corriere della Sera se ne accorse una settimana dopo, anche se a chi scrive risulta che proprio per quell'occasione il SuperMinistro coniò la metafora della crisi economica globale che funziona come un videogame (qui trovate una cronologia dell'utilizzo di quell'espressione).

    Riservatezza a parte, perché scegliere proprio Chatham House?
    Primo, per l'autorevolezza degli oratori che si alternano a parlare in questo pensatoio, spesso in modalità ultra-riservata (ma non solo). Secondo: perché Chatham House, nato nel 1920 come "Royal Institute of International Affairs", ha sì un'aura di indiscussa istituzionalità, ma allo stesso tempo si permette di flirtare intellettualmente con correnti di pensiero non proprio ortodosse sui temi economici. Questo recente paper del direttore di Chatham, Robin Niblett, ne è un esempio: "I veri cambiamenti dell'attuale ordine internazionale - si legge nell'abstract - non verranno dalle potenze affermate o da quelle emergenti, ma da forze globali che vanno oltre il controllo degli stati e anche da entità non statali e gruppi che cercano di minare il processo di globalizzazione che lega tutti gli stati e le società in maniera sempre più stretta". Non ci sono i riferimenti tremontiani al "fascismo finanziario", ma qualche concessione alla "teoria del caos" o dintorni sì.

    D'altronde Tremonti - che pure nelle ultime uscite pubbliche cita spesso la Bibbia, le encicliche papali, e che apertamente si richiama al pensiero classico di Luigi Einaudi nel titolo del suo ultimo libro "Uscita di sicurezza" - non è nuovo alla frequentazione di pensatori decisamente eretici. Nel 2010, nel loro volume "Tremonti, istruzioni per il disuso", i prof. del collettivo NoiseFromAmerika hanno addirittura notato una notevole consonanza tra alcuni esempi citati dall'ex ministro dell'Economia e quelli più volte evocati dal cospirazionista Lyndon LaRouche (e cliccare qui per leggere una difesa di Tremonti a opera dello stesso movimento di LaRouche). In confronto Chatham House è una passeggiata.