Indagine sul mistero profetico delle apparizioni mariane a Fatima

Luca Del Pozzo

Venerdì il Papa in Portogallo per il centenario. Un libro inchiesta

"Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli. Ma il piano del Signore sussiste per sempre”, dice il salmo 32. Basterebbero queste parole per riassumere il significato profondo delle apparizioni di Fatima, di cui il prossimo 13 maggio cadrà il centesimo anniversario. Due dei tre pastorelli che assistettero, insieme a Lucia, alle apparizioni della Madonna alla Cova da Iria saranno elevati agli onori degli altari da Papa Francesco. E già questo è un fatto importante, che spiega meglio di tante chiacchiere, soprattutto di certa teologia, la “logica” di Dio e quanto questa sia distante anni luce dal nostro modo di vedere le cose e la vita. Ma, soprattutto, è il messaggio di Fatima a essere straordinariamente attuale. Anzi, per certi aspetti lo è oggi più di ieri. Non a caso l’allora prefetto della congregazione della Dottrina della fede, Joseph Ratzinger, ebbe a dire in occasione della rivelazione del Terzo segreto nel 2000, che “si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fatima sia conclusa”.

 

 

Una frase che se da un lato ha contribuito ad alimentare la tesi di chi sostiene che vi sarebbero parti non rivelate del segreto dai contenuti catastrofici, dall’altro – e senza che l’una cosa escluda l’altra – coglie perfettamente nel segno nel momento in cui pone l’accento sulla “missione profetica” di Fatima. Missione che Vittorio Messori ha ben riassunto nella Prefazione all’ottimo volume Inchiesta su Fatima (Mondadori) di Vincenzo Sansonetti, nel momento in cui scrive che “la ragione principale dell’apparizione portoghese è richiamare gli uomini alla tremenda serietà di una vita terrena che altro non è se non una breve preparazione alla vita vera, a un’eternità che può essere di gioia ma anche di tragedia. E’ un richiamo alla misericordia e, al contempo, alla giustizia di Dio”.

 

Ecco il punto: lungi dall’essere un messaggio lugubre, volto a incutere più il terrore che il timore di Dio (Sansonetti ricorda come le prime parole che la Madonna rivolse ai pastorelli furono “Non abbiate paura”) – come pure certa pubblicistica ha inteso rappresentare – quello di Fatima è un messaggio squisitamente e semplicemente cattolico, e perciò politicamente scorretto e urticante per certa sensibilità contemporanea, anche ecclesiale: perché racchiude in tre parole – conversione, preghiera, penitenza – l’essenziale della fede cattolica. “In sintesi – scrive Sansonetti il triplo segreto di Fatima si rivolge, andando controcorrente, a un mondo sedotto e affascinato dall’idea che l’uomo possa cavarsela da solo, in virtù di una pretesa autonomia e autosufficienza; un mondo che crede di non avere più bisogno di Dio e quindi riduce e disprezza la fede; un mondo ripiegato sui soli valori umani, sganciati da ogni riferimento soprannaturale. Il richiamo della Madonna è un triplice invito a cambiare strada”.

 

Il senso dell’affermazione di Ratzinger del 2000, citata poc’anzi, acquista una luce nuova. Perché è di tutta evidenza come in questo primo scorcio del XXI secolo si sia imposta un’ideologia se possibile più feroce e pericolosa di quelle politiche, in primis il comunismo, che hanno insanguinato il Novecento; un’ideologia dal volto suadente che al posto della razza e della classe ha costruito sull’individuo una nuova dittatura, la “dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie”, per usare l’ormai celebre espressione di Benedetto XVI. Da qui l’attualità di Fatima e l’urgenza di riprendere e fare propria, soprattutto in ambito ecclesiale, la sua missione profetica. In questo contesto, e senza per questo voler indulgere in alcun modo in certi discorsi “apocalittici” che di cattolico hanno poco o niente, non sarebbe assolutamente fuori luogo né tantomeno sorprendente il verificarsi di eventi drammatici per l’umanità e per la chiesa, in qualche modo riconducibili a Fatima (e non solo) e da leggersi come preludio di qualcosa di “definitivo” in arrivo.

 

I segni che vanno in questa direzione non mancano: rischio di una guerra nucleare, per certi aspetti più probabile oggi che durante la Guerra fredda, sconvolgimenti naturali sempre più frequenti e, soprattutto, l’apostasia ormai dilagante nella chiesa che com’è noto san Paolo nella seconda lettera ai Tessalonicesi indica come preludio dell’Anticristo (“Prima infatti dovrà avvenire l’apostasia e dovrà esser rivelato l’uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s’innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio”, 2 Ts 2, 3-4). La missione profetica di Fatima è tutta qua: quella di una mamma premurosa che “non punta a spaventare né vuole alimentare timori e preoccupazioni ma mette in guardia, cosiglia, sostiene… Senza mai nascondere o minimizzare i pericoli”.

 

E il pericolo numero uno, senza il quale la chiesa neanche avrebbe motivo di esistere, è che l’uomo possa perdersi, per sempre. Per questo, chiude Sansonetti, il centenario di Fatima è sì la fine di un’epoca ma allo stesso tempo l’inizio di un’altra, in cui è “nata l’esigenza di una nuova evangelizzazione, di una testimonianza che riparta da capo con determinazione e coraggio sulle ceneri di un mondo che ha dimenticato Cristo. Fatima è attuale perché accade oggi”.

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