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Epidemia televisiva

Andrea Minuz

Da Giletti a Saviano, dalla Murgia ad Agamben. Meno male che l’antidoto alla paura doveva essere la cultura in tv

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L’ha detto anche Elio Germano premiato a Berlino col suo film “non omologato”: l’unico antidoto alla paura è la cultura. E la cultura in questi giorni ci ha in effetti dato tanto. Con l’epidemia globale si sfodera il gran repertorio del “pensiero critico”, della riflessione civile, letteraria, anticapitalista, accusatoria. Tanto più adesso che siamo in guerra col virus dell’agiatezza, del ceto medio, del benessere; un’epidemia non più cinese, esotica e lontana, che si accanisce invece sulla produttività lombardoveneta, nemesi perfetta e formidabile per l’intellettuale antifascista, difensore dei “diritti umani”, solo se gli umani sono “gli ultimi”. Per evitare le solite osservazioni sul collasso dell’economia, del turismo e del pil, il pensiero critico punta l’indice contro gli italiani. Era ora! Finalmente capiranno cosa vuol dire essere razzisti e discriminati e migranti, alé, champagne, ben gli sta (“c’è un’epidemia in Congo e noi ci preoccupiamo del coronavirus”, diceva già Saviano da Fazio, quando ancora si facevano gli appelli con gli involtini primavera).

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L’ha detto anche Elio Germano premiato a Berlino col suo film “non omologato”: l’unico antidoto alla paura è la cultura. E la cultura in questi giorni ci ha in effetti dato tanto. Con l’epidemia globale si sfodera il gran repertorio del “pensiero critico”, della riflessione civile, letteraria, anticapitalista, accusatoria. Tanto più adesso che siamo in guerra col virus dell’agiatezza, del ceto medio, del benessere; un’epidemia non più cinese, esotica e lontana, che si accanisce invece sulla produttività lombardoveneta, nemesi perfetta e formidabile per l’intellettuale antifascista, difensore dei “diritti umani”, solo se gli umani sono “gli ultimi”. Per evitare le solite osservazioni sul collasso dell’economia, del turismo e del pil, il pensiero critico punta l’indice contro gli italiani. Era ora! Finalmente capiranno cosa vuol dire essere razzisti e discriminati e migranti, alé, champagne, ben gli sta (“c’è un’epidemia in Congo e noi ci preoccupiamo del coronavirus”, diceva già Saviano da Fazio, quando ancora si facevano gli appelli con gli involtini primavera).

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“È un notevole rovesciamento dell’ordine costituito”, spiega lo scrittore rivelazione dell’anno a Radio Tre, che tira fuori pure il carnevale di Bachtin. Quest’epidemia dimostra che “le identità sono porose, il loro valore è proiettato, assegnato da fuori”, coronavirus gender fluid. “Finalmente si viaggia tranquilli sui treni, se ne può avere un altro po’?”, osserva Michela Murgia da Bignardi. “Se il risultato è la vivibilità delle strade, io ci metterei la firma”. E perché non spingersi più in là. Un assessorato al traffico a Pol-Pot, una domenica ecologica a bruciare i Suv, una soppressione della mobilità quando lo scrittore civile esce di casa, prende il treno, l’aereo, la macchina e intorno c’è il deserto (viene in mente quel raccontino di una riga di Stephen King: “L’ultimo uomo rimasto sulla terra è chiuso nella sua stanza. Bussano alla porta”, è Michela Murgia). È chiaro poi che l’epidemia manda in festa gli ecologisti radicali. Il coronavirus come l’angelo sterminatore del pensiero ambientalista: diminuiscono le emissioni di CO2 in Cina e in Lombardia, il virus sola igiene del mondo (si è sentita anche questa: “Inutile allarmarsi, tanto prima o poi si muore”, mossa del cavallo del pensiero radicale che in effetti mette con le spalle al muro).

 

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“Fermi tutti, è un’epidemia inventata”, spiega invece il filosofo Agamben. Prendiamo i fatti per quello che sono, poi mandiamoli all’aria, rovesciamoli, laviamoli con un po' di “biopolitica” e guardiamoli meglio. Eccoci piombati nello “Stato di eccezione”. Si entra e esce dallo “Stato di eccezione” come se niente fosse, peggio che con le “emergenze democratiche”. Perché al pensiero critico vanno bene i trojan nel telefonino, va bene uno stato intercettatore senza freni, ma come non vedere nei controlli agli aeroporti e nell’amuchina nei cessi pubblici la “sospensione del diritto”, la “privazione della libertà”, il ritorno del Leviatano o del sovrano, che poi sarebbe qui il Bisconte a reti unificate o forse Matteo Renzi, capirai. Vola infine “più oltre” Massimo Giletti, ospite ieri sera da Gruber, che cita l’inevitabile Manzoni e invita a “usare il cervello”. Finalmente. “Ogni anno ci sono 3 mila morti in incidenti d’auto, 1.500 morti per alcol, è molto peggio. Che numeri sono, quelli di questa pandemia? Siamo seri”. Come dimenticare d’altronde tutti quei tamponamenti a catena che hanno fatto chiudere il Duomo di Milano, i cinema, i teatri, gli stadi, le partite e le piscine di Lourdes. Ma ormai si sa. I media hanno stabilito che è stata tutta colpa dei media. Problema risolto.

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