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Inizia la quarta èra di internet, dove tutto è connesso e il web non esiste più

Chiedete a un trentenne quante ore al giorno passa connesso online, e avrete in risposta un numero molto alto. Chiedetelo a un diciottenne, e quel numero sarà ancora più grande. Fate la stessa domanda a un dodicenne, e vi sentirete replicare: “Cosa vuol dire online?”.
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Roma. Chiedete a un trentenne quante ore al giorno passa connesso online, e avrete in risposta un numero molto alto. Chiedetelo a un diciottenne, e quel numero sarà ancora più grande. Fate la stessa domanda a un dodicenne, e vi sentirete replicare: “Cosa vuol dire online?”. Esiste già una generazione per cui il significato di connessione a internet non vuol dire più nulla, non perché non navighi sul web o non utilizzi le applicazioni su tablet e smartphone di mamma e papà, ma perché nella loro esperienza non c’è reale distinzione tra essere online e offline. La tecnologia ci immerge quotidianamente in un mondo digitale dai confini sempre più labili: gli smartphone sono diventati protesi innestate perennemente nei nostri arti, finestre aperte su un mondo altro che si sovrappone a quello che abbiamo dinanzi agli occhi, un grottesco già e non ancora infinito, che si ripete allargandosi in cerchi concentrici. Abbiamo individuato il punto di fuga di internet, e ci stiamo correndo incontro.

 

Lo scrive il vicepresidente esperto di strategia e innovazione di Havas Media, Tom Goodwin, su TechCrunch, in quello che ha tutti i crismi per essere considerato un manifesto sul futuro digitale che ci apprestiamo a vivere. Quando alla tecnologia accade di essere “ripensata”, scrive Goodwin, vuol dire che sta finalmente diventando parte integrante della società, e questo “sta accadendo ora nel modo in cui noi sperimentiamo internet”. Quello che era un approfondito sistema di ricerca si è lentamente evoluto in un sistema che estrae informazioni personalizzate a seconda delle nostre scelte. “Siamo passati dal surfare sulla superficie e cercare al gettare uno sguardo fugace”, spiega Goodwin, che individua in tre comportamenti distinti le “tre ère del web”.

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La prima è quella in cui internet era usato solo come una rivista “stampata” sulla rete: si prendevano i contenuti che prima finivano su carta e si mettevano online. Giornalisti ed editori controllavano le notizie come prima, cambiava solo il supporto su cui venivano distribuite. Internet era una replica online di strutture pre digitali. La seconda èra è stata quella della barra di ricerca come porta di accesso al web. “Per la prima volta controllavamo noi, Microsoft ci chiedeva ‘Dove vuoi andare oggi?’ e il PageRank di Google era la nostra guida. Dovevamo andare a cercarci le informazioni, ma ognuno di noi poteva contribuire”. Era l’epoca del deep web, dei contenuti più o meno nascosti in strutture disordinate, ma portati alla luce dalla forza degli algoritmi di ricerca. E’ allora che navigare diventa surfare, e abbiamo cominciato a “muoverci in mezzo a ondate di informazioni, alla ricerca della giusta onda da cavalcare”. Oggi siamo ancora nella terza èra, spiega Goodwin, un ibrido tra ciò che è stato e quello che sarà: da una parte contenuti pescati da fonti “nascoste” ma raggiungibili grazie a motori di ricerca e homepage, potenziati dai social network che lavorano con gli algoritmi; dall’altra i nostri dispositivi mobili su cui scarichiamo applicazioni, che in fondo sono “micro portali” che estraggono informazioni personalizzate che ci vengono presentate in un ecosistema chiuso.

 

[**Video_box_2**]La quarta èra è introdotta dallo sviluppo tecnologico, spiega ancora l’articolo di TechCrunch: gli smartphone sono diventati la nostra porta di accesso prevalente a internet, e le app hanno cambiato il nostro modo di fruire il web. Il nuovo internet nasce da qui: presto ci si potrà connettere ovunque, e ad alta velocità, con telefoni sempre più economici e piccoli, disponibili per chiunque in tutto il mondo. Tutto sarà collegato a tutto, anche gli oggetti inanimati saranno connessi a internet, raccogliendo dati e interagendo con altri oggetti e persone. Presto saremo come i dodicenni di oggi che non capiscono la domanda: “Quante ore stai connesso online?”. Internet come lo conosciamo oggi correrà sempre più velocemente verso quel punto di fuga, per scomparire dal nostro orizzonte, passare in secondo piano e diventare il tessuto connettivo della nostra realtà. Il mondo nuovo raccontato da Goodwin su TechCrunch è già qua, a pensarci: “Per anni i media venivano distribuiti su dispositivi fisici ben precisi, in un sistema verticale e chiuso: hai guardato programmi televisivi su televisori grazie a compagnie sostenute dagli introiti degli spot televisivi, hai letto notizie sui giornali e ascoltato programmi radiofonici dalle radio. Adesso tutto è aumentato, e converge su internet”.

 

La parola canale non ha più senso, non si parla più di tv ma di video. “Gli schermi sono ancora specchi neri, ma prendono vita e diventano intelligenti”. Automobili, tablet, cornici digitali, lavagne elettroniche nelle scuole: tutto è connesso e ci consegna materiale che arriva da internet. La quarta èra del web raccontata da TechCrunch sarà quella di thinternet, un web più leggero in cui ogni cosa è legata all’altra in modo orizzontale. I contenuti saranno visti solo se rilanciati da aggregatori come Apple News, Facebook Instant o Google Now. Conoscere dati e comportamenti di chi “naviga” sarà fondamentale: il contenuto in sé rischia di essere inutile. E’ la fine dei browser. Non saremo più noi a cercare informazioni, saranno le informazioni a trovarci. Benvenuti nel nuovo mondo. Piaccia o no, è quello che ci aspetta.

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