Foto tratta dal profilo Twitter del Club Atlético Tigre @catigreoficial 

L'emergenza centravanti in Nazionale è più grave del previsto. Basterà Meteo Retegui?

Marco Gaetani

Dopo anni di allarmi per la presunta estinzione di difensori buoni per la Nazionale, il ct Roberto Mancini è andato a pescare in Argentina un centrattacco. Dove sono finiti i gol azzurri?

Dopo anni trascorsi a preoccuparci dell’imminente estinzione del difensore italiano, esemplare di denominazione d’origine protetta sul quale per decenni abbiamo fondato la nostra tradizione calcistica, è arrivato Roberto Mancini a svegliarci di colpo dal sonno. Guardavamo la pagliuzza, dimenticandoci della trave: i difensori italiani ancora esistono, per quanto in versione riveduta e corretta rispetto al passato, ma a mancare drammaticamente sono i centravanti. La classifica marcatori del nostro campionato ci racconta un tracollo senza precedenti: resiste sgomitando Ciro Immobile, nove gol in una prima parte abbondante di stagione in cui ha messo insieme più infortuni muscolari che exploit degni di nota; l’unico altro italiano in top 10 non è un centravanti e gioca nella stessa squadra di Immobile (Zaccagni). Dopodiché, il deserto: per trovare i gol di un numero nove italiano bisogna scendere fino ai quattro centri di Lorenzo Colombo, promettente centravanti classe 2002 ma ancora decisamente acerbo, e di Daniel Ciofani, che in estate compirà 38 anni. In mezzo solo incursori (Barella, Frattesi), esterni d’attacco (Orsolini, Caprari, Ciurria, Berardi), trequartisti (Baldanzi) e seconde punte (Gabbiadini). Uno scenario desolante.

   

Belotti ha scelto di vivere una stagione alle spalle di Abraham dopo anni di trincea granata; Raspadori ha vissuto qualche fiammata in Champions ma scalzare Osimhen, o anche solo giocare alle sue spalle, al momento pare un’utopia; Scamacca è incappato nell’annata disgraziata del West Ham, trovando poco spazio rispetto al previsto; Pinamonti è praticamente sparito al Sassuolo, divorato dal ricordo proprio di Scamacca; Kean ci ha illuso per qualche settimana. Non stupisce, dunque, che Mancini debba ingegnarsi.

 

Certo, in pochi avrebbero immaginato che l’Italia, terra di santi, poeti, navigatori, ma anche di stopper e centravanti, potesse cercare dall’altra parte del mondo il suo nuovo attaccante: nella mente di molti era rimasto l’esperimento Joao Pedro, gettato nella mischia in occasione della drammatica notte di Palermo contro la Macedonia del Nord, e nel passato più o meno recente c’era stata anche la lunga rincorsa alla naturalizzazione di Amauri, ma si trattava in entrambi i casi di giocatori abituati al nostro campionato. Quando dal cilindro di Mancini è uscito il nome di Mateo Retegui, 23enne centravanti del Tigre (in prestito dal Boca), l’emergenza centravanti è finita improvvisamente sotto gli occhi di tutti. Non siamo la prima nazionale a cercare soluzioni fantasiose all’estero, ma siamo forse i primi a farlo con una scuola calcistica del nostro livello e per un giocatore il cui profilo non sembra altisonante: l’approdo di Retegui in azzurro, in sostanza, non vale come il brasiliano Diego Costa che accetta la chiamata della Spagna o come Deco che dice sì al Portogallo.

    

La mossa della Federazione somiglia più a quella che portò la Giamaica, durante le qualificazioni per Francia 1998, a mandare emissari in Inghilterra per scovare calciatori con antichi avi caraibici con l’obiettivo di consegnarli nelle mani del ct Simoes.

 

Retegui, argentino con passaporto italiano, ha segnato sei gol in sei partite nel campionato argentino e secondo i ben informati sarà nell’elenco dei convocati di Mancini per le sfide con Inghilterra e Malta: la Figc aveva già valutato una mossa simile mesi fa con il difensore Senesi, convocato però da Scaloni proprio con l’obiettivo di toglierlo agli azzurri. L’altro nome nuovo è quello di Andrea Compagno, 26enne centravanti della Steaua: dopo una gavetta tra serie minori italiani e San Marino, ha trovato la terra promessa in Romania, arrivando a Bucarest passando da Craiova.

 

Sono lontani i tempi in cui tenevamo a casa Vialli e Signori (Euro 1996) o vincevamo i Mondiali lasciando fuori Pruzzo (1982) o accettando senza strapparci i capelli il declino di Vieri (2006). Aspettando l’ufficialità delle convocazioni, l’Italia attende un centravanti che al momento vediamo soltanto all’orizzonte, come chi, alla fine dell’Ottocento, decideva di lasciare il nostro Paese per trovare fortuna in Argentina. Chissà, magari andrà bene anche stavolta.