Foto di Ebrahim Noroozi, AP Photo, via LaPresse 

Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Il ritorno del (vero) 9, quel ruolo non ruolo

Alessandro Bonan

Dopo anni di smarrimento senza il nove, l'aria sta cambiando. L'Inter ne abbonda. Il Napoli possiede Osimhen e ha come riserva doc Simeone. La Juventus ha Milik e il Milan Giroud

Torna il campionato, ritornano i centravanti. Dal Mondiale, Lautaro scalda una stecca un po’ bagnata ma fortunata, in attesa di non saper rispondere se è lui o l’altro (Lukaku) il centravanti dell’Inter. Che in realtà ne possiede tre, se ci mettiamo anche Dzeko che di mestiere in teoria fa proprio quello, con licenza di evadere qua e là, come una fidanzata/o sciolta/o e molto disinibita/o (meglio restare vaghi, per non dover perdere tempo a ripararsi dalle pietre). Ma se l’Inter abbonda di numeri 9, le altre non si attaccano al palo, inteso come riferimento offensivo, la punta del gruppo.

 

Il Napoli possiede un fulmine chiamato Osimhen e dietro di lui una riserva doc come Simeone, quanto mai cresciuto nelle ultime tre stagioni. Mentre Raspadori è un piccolo Paolo Rossi con le ginocchia a posto e quindi in grado anche di svariare. La Juventus sta ancora aspettando Vlahovic, piuttosto malaticcio e impaurito, ma con Milik si è garantita un uomo che si muove come un titolare della cattedra, professore nell’attaccare lo spazio e nel tornare indietro per cucire il gioco. 

 

Il centravanti più classico ce l’ha il Milan con Giroud, uno che sembra uscito dal calcio degli anni Settanta. Alle sue spalle i muscoli di Ibrahimovic, il quale non si sa quando e soprattutto come tornerà sul serio. Restando tra le prime cinque in classifica, rimane Immobile, un centravanti biforcuto, spesso a sinistra, spesso al centro. Si dirama come una strada di campagna che ha bisogno di spazio per trovare una casa. 

 

Difficile sapere quale di questi sia il più forte, me non è il punto che ci preme. La questione risiede nell’importanza del ruolo dopo anni di smarrimento, con squadre senza il 9, come figure senza faccia, identità. Dicono che sia stato Guardiola ad averlo inventato questo ruolo non ruolo, questo profilo fantasmatico che non sai bene dove stia e che cosa sia. Il falso nueve, che già l’espressione infastidiva alquanto. Guardiola è il padre di molte invenzioni, e come tale resta il migliore. Aveva Messi, l’ha posto al centro sacrificando Ibrahimovic.

 

Scandalo al sole della Catalogna, ma con risvolto vittorioso. C’era un perché in quello che faceva. Quel Barcellona teneva la palla bassa, prevalentemente tra i piedi di tre fenomeni (inutile specificare quali). Tutti piccoli e veloci. Ibra c’entrava poco, e soprattutto accentrava molto. Sia dal punto di vista tecnico che da quello emotivo, vista la sua gigantesca personalità. Guardiola fece spazio e lo consegnò a un 10 argentino, il dio della palla. Il resto è storia. Compresi gli epigoni di Pep, che come la grandine fecero danni qua e là. Ma da un po’ di tempo a questa parte si gioca palla lunga, o cross al centro, con ali scattanti in funzione del 9. Un gioco più avvincente, veloce, senza troppe attese. Senza “false” pretese, senza fantasmi in catene.