Foto di Fabio Ferrari, via LaPresse 

Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Sono i calciatori la sorpresa del Mondiale nel loro silenzioso e temerario esporsi

Alessandro Bonan

La mano sulla bocca dei giocatori tedeschi, il rifiuto degli iraniani di cantare l'inno nazionale. Viziati, pieni di soldi, ma attenti ai simboli: che in prima linea danno un messaggio chiaro sull'importanza di tutelare, in qualsiasi contesto, i diritti umani

La mano davanti alla bocca dei tedeschi nella classica foto di rito, il rifiuto degli iraniani di cantare l’inno nazionale. Sono i gesti simbolo di questo Mondiale fuori controllo, sia dal punto di vista morale, politico e sociale, sia tecnico, con alcuni risultati clamorosi. I gesti più importanti e simbolici arrivano dai calciatori, sì, proprio loro, quelli viziati e pieni di soldi. I ricchissimi tedeschi, certo, ma anche i più che benestanti iraniani. Nella Nazionale di Queiroz ci sono diversi giocatori che militano in squadre importanti, su tutti il bomber Taremi del Porto, il migliore dei suoi, autore di una doppietta contro gli spietati inglesi. Non una squadra di grido l’Iran, ma una buona squadra. Il loro silenzio è stato un atto di coraggio senza limiti, considerata la violenza del regime a cui si rivolge. Quali ritorsioni comporterà una protesta del genere? La Germania ha aperto il fronte occidentale della sensibilizzazione contro la violazione dei diritti umani. 

 

Un Mondiale rappresenta l’occasione per denunciare, mostrare a tutti che la differenza tra noi e gli altri non esiste. Ma bisogna crederci per davvero, con gesti sinceri, e quelli di Germania e Iran lo sono stati molto di più delle parole senza peso del padrone di questo vapore che si chiama Fifa, la quale, in casi come la disputa di un campionato del mondo, non guarda in faccia a nulla se non al ricco di turno, che sia un emiro, uno sponsor, un politico molto influente. 

 

I calciatori invece hanno scelto di esporsi in maniera molto netta ed esplicita. Solo loro la vera sorpresa di questo inizio del Mondiale, dato che raramente abbiamo visto il calcio porre il suo guanto nero più in alto degli altri. Sul campo poi è successo che le partite sono state belle e combattute, sulla scia della tradizione. Tra le varie scene a cui abbiamo assistito ce n’è una che supera tutte le altre. È il discorso dell’allenatore dell’Arabia Saudita Renard nell’intervallo della partita contro l’Argentina. Sembravano spacciati gli arabi, ma Renard gli ha ricordato l’importanza del loro talento (rendetevi conto, affrontavano Messi) fino a profetizzare: “Vi do dieci minuti, segnerete in quel tempo e poi vinceremo la partita”. Sembrava avesse letto un libro di fantascienza, l’allenatore francese. Invece si era semplicemente ricordato della forza che muove l’uomo verso le grandi conquiste. Una forza che supera le barriere, scavalca le montagne, riduce le differenze e abbatte le supremazie.

 

Proprio l’insegnamento che ci arriva da questo Mondiale e dai suoi protagonisti, i calciatori. Manifestato con un silenzio, una mano davanti alla bocca, oppure un gol.

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