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Il Foglio sportivo

Le tre età dell’Eroica

Giovanni Battistuzzi

Sabato 1 e domenica 2 ottobre c'è la venticinquesima edizione della prima e più importante ciclostorica. La polvere, il fango e il piacere di pedalare senza fretta in bicicletta
 

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Passano gli anni, ma ci si ritrova sempre a Gaiole in Chianti il primo fine settimana d’ottobre, all’Eroica – la corsa non competitiva per biciclette storiche (precedenti al 1987), che si corre l’1 e il 2 ottobre. Ci si ritrova lì perché, in fondo, c’è altro di meglio da fare il primo fine settimana d’ottobre, almeno per chi prova piacere nel pedalare per pedalare, senza nessun assillo da competizione, da classifica, senza nessuna smania di arrivare nel minor tempo possibile. Ci pensino i professionisti a correre per vincere, è il loro mestiere. La velocità è cosa mica davvero importante, non necessaria almeno, quando ci si muove in bicicletta. Se L’Eroica c’è ancora dopo ventisei anni e venticinque edizioni – il Covid ha fatto saltare la normale progressione temporale anni – e muove ancora migliaia di ruote tra gli sterrati del Chianti, se ogni anno attira più gente del precedente, qualcosa vorrà dire. C’è chi la butta sul marketing: è solo marketing. È mica questo. C’è sempre chi prova a banalizzare il complesso, chi trova il modo di sminuire una realtà che funziona. Sembra che sia un peccato capitale creare qualcosa che piace, e che, perché no, ha un successo commerciale. C’è chi dice che non è più quella di un tempo. Rispetto ventisei anni fa è cambiato tanto, l’evoluzione fa parte della storia umana, ma è cambiato nulla nella sostanza. Perché i telai d’acciaio continuano a tintinnare con la loro solita armonia tra gli sterri, la terra si mischia allo stesso modo di sempre al sudore, sia essa polvere leggera e fluttuante o fango: si parte in un modo, si arriva in un altro, ha il dono di mutare colori e lineamenti. È aumentato il numero di partecipanti come è aumentato in tutta Italia il numero delle persone che si muovono in bicicletta in città negli ultimi anni. E questo è un bene, non qualcosa di negativo. È mica gente che sogna il Giro o il Tour quella che gira in città. Frega il giusto loro del Giro o del Tour, nemmeno è detto che si appassionino al ciclismo veloce. Cercano altro, lentezza e tranquillità, il giusto passo. Alle ciclostoriche si va perché serve nient’altro che il giusto passo e c’è nient’altro a cui pensare. L’Eroica è la prima, non è l’unica, aumentano anche loro, per numero e iscritti.

 

Alle biciclette storiche ci si arriva per caso o per passione. Passione per il pedalare. E non c’è termine migliore di passione quando si parla di biciclette: contiene sia emozione e amore, sia sofferenza e tormento. C’è tutto questo mentre si pedala, prevale la prima diade ma perché esiste la seconda.

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Anche all’Eroica ci si arriva per caso o per passione. Era esotica un tempo. Ci andava nessuno per sterri con le biciclette da corsa. Ora è diverso. Sono cambiate le abitudini, lo sterrato s’è internazionalizzato, inglesizzato: gravel. Era polvere la bicicletta, polvere è tornata a essere. Il vecchio mondo è ridiventato nuovo, per uno di quegli strani circoli umani che si sa mai perché accadano, ma accadono.

 

È un circolo pure L’Eroica. E non solo topografico: da Gaiole a Gaiole. È pure un circolo umano, che passa tre fasi, per arrivare alla quarta e tornare così lì da dove era partita.

 

Ci si arriva per caso o passione, ci si arriva anche e soprattutto per entusiasmo. Quello per la scoperta. Sono mica tutti ciclisti da mila e mila chilometri l’anno all’Eroica. Si trova di tutto, anche quelli che con malcelato snobismo i ciclisti da mila e mila chilometri l’anno considerano dei parvenu della bicicletta. Uomini e donne, bambini e ragazzetti che al massimo pedalano ginocchia in fuori al mare e si ritrovano lì a muoversi su di una bici come quelle che ormai non si fanno più, lontano dalla modernità dell’asfalto. Ci sono anche loro, un po’ goffi e impacciati e verrebbe voglia di tornare così, per riscoprire l’effetto che faceva allora. C’è mica nostalgia, si guarda sempre avanti in bicicletta, si rischia di finire a gambe all’aria a guardarsi troppo indietro. L’entusiasmo si trasforma in consapevolezza. E all’Eroica ci si va perché è bello andarci, ritrovarsi, pedalare, prendersi un giorno lontano da tutto, impegni, problemi, cose da fare. Un giorno per pedalare senza fretta tra un sacco di persone che pedalano senza fretta. È la fretta che frega. Se la si sublima serve più nemmeno L’Eroica, nel senso di manifestazione. La bici la si prende e basta. Tra il Chianti e Montalcino ci si va quando si riesce, tanto il percorso è pedalabile trecentosessantacinque giorni l’anno, uno in più se è bisestile. E qualcuno in bicicletta si trova sempre, due chiacchiere mentre si pedala sono la norma. Poi magari si ritorna all’Eroica. E tutto ricomincia. Si riparte dallo stupore.

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