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Wollongong 2022

Mondiali ciclismo. Annemiek van Vleuten da qualche parte al di là dell'arcobaleno

Mercoledì l'olandese si era rotta un gomito. Non doveva correre, ha corso. Doveva essere un nome buono per riempire l'ordine d'arrivo, ha messo il suo nome davanti a quello di Lotte Kopecky (argento) e Silvia Persico (bronzo), davanti a tutte

Giovanni Battistuzzi
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Quando Annemiek van Vleuten aveva annunciato di essersi rotta un gomito dopo essere caduta mercoledì dopo pochi metri dal via della cronostaffetta mista ai Mondiali di ciclismo a Wollongong 2022, la quasi totalità degli appassionati di ciclismo si è rammaricato per l'accaduto. Una buona parte dei non olandese però, silenziosamente, ha pensato che qualche possibilità in più le loro beniamine le avrebbero avute. O anche solo una possibilità, ché per come è andato quest'anno van Vleuten era pressoché imbattibile: Liegi, Giro d'Italia, Tour de France e Vuelta di Spagna sono quattro indizi che fanno ben più di una prova. È parecchio misero ragionare in questo modo, ma a volte di cade in fallo, spesso inconsapevolmente. Solitamente ci si pente subito, perché prevale la convinzione che è comunque meglio vedere una campionessa correre un Mondiale che non vederla. A volte invece le logiche da orgoglio nazionale prevalgono, lo sport è anche questo.

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La frattura al gomito non ha impedito ad Annemiek van Vleuten di prendere il via alla prova su strada del Mondiale femminile. Per chilometri e chilometri le ha creato problemi, l'ha resa una tra tante, le ha impossibilitato lo scatto, il forcing in salita. Altre, e meravigliose, l'hanno provato, hanno tentato di creare quel solco di metri e secondi impossibile da colmare. Per due volte negli ultimi due giri davanti erano rimaste in cinque davanti a tutte. Cinque e solo cinque: Liane Lippert, Elisa Longo Borghini, Cecilie Uttrup Ludwig, Ashleigh Moolman e Katarzyna Niewiadoma. E all'ultimo giro, a otto chilometri dall'arrivo, con un vantaggio che sembrava potesse essere ampio abbastanza per non avere problemi. C'era mica tra loro Annemiek van Vleuten. Era indietro, nemmeno troppo a dire il vero, ma staccata.

  

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Aveva altri piani per questo Mondiale l'olandese. Voleva partire presto e non farsi più riprendere, un assolo pazzesco come pazzesco erano stati questi ultimi cinque mesi. Sapeva che un anno così probabilmente non sarebbe più arrivato, a trentanove anni quasi quaranta si fanno i conti su quel che resta non su quel che verrà.

         

      

E così s'è messa in coda, ha sperato che non tutto fosse finito. Perché si sa mai davvero, che su di una bicicletta tutto è possibile, perché su di una bicicletta si cerca di rendere qualsiasi cosa possibile, anche correre con un gomito fratturato.

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Non tutto era finito.

  

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Perché si va meglio in tre che in cinque quando ci si gioca un Mondiale. Perché a fare girare la gamba al risparmio va sempre finire che si viene presi. Perché quello di Wollongong è un circuito che si tiene aperta ogni possibilità, nulla è mai scritto davvero, se non l'ordine d'arrivo, ma questo dopo. Perché il dopo è la realizzazione del durante. E nel durante della corsa c'era ancora poco meno di un chilometro per scrivere un finale. Un finale bagnato, come bagnata era stata la corsa, un finale sotto la pioggia che continuava a incupire un sole che non aveva nessuna intenzione di abdicare completamente alle nuvole e regalava alle telecamere colori che erano pure eccessivi per una corsa in bicicletta. Rossi che si facevano arancio, diventavano lilla e rosa e gialli mentre un arcobaleno dietro l'altro rigavano l'0rizzonte.

   

        

Uno conduceva direttamente all'arrivo. Serviva solo vederlo per primo, correre verso la pignatta d'oro. Annemiek van Vleuten ha visto tutto questo quando tutto questo non era ancora iniziato. Ha preso la coda del gruppo e l'ha lasciata subito per l'avanguarda, per la solitudine che porta alla vittoria, ai colori dell'iride, a quello che non poteva succedere, ne era sicura van Vleuten, ma che è accaduta davvero. "Sto ancora aspettando il momento che qualcuno venga a dirmi che non è vero", ha detto la campionessa del mondo dopo aver vestito la maglia iridata.

   

     

D'altra parte non doveva partecipare, ha corso. Doveva ritirarsi quando non si sentiva più bene, ha concluso la corsa. Doveva fare la gregaria, ma Demi Vollering si è presa il Covid. Doveva essere un nome buono per riempire l'ordine d'arrivo, ha messo il suo nome davanti a quello di Lotte Kopecky (argento) e Silvia Persico (bronzo), davanti a tutte.

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