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Indian premier league

Il cricket non è solo uno sport, ma una competizione globale

Alberto Chiumento

Sullo sfondo di una lotta commerciale, una superlega lanciata bene sta mettendo in competizione società di streaming e miliardari come Bezos e Ambani per i diritti di trasmissione delle partite

Il cricket ha acceso una competizione commerciale globale. Oltre ad affermate società come Walt Disney e Sony, la contesa coinvolge due degli uomini più ricchi e influenti del pianeta, l’indiano Mukesh Ambani (l’uomo più ricco d’Asia) e l’americanissimo Jeff Bezos. Ma perché tutto questo interesse per il cricket? Il motivo è che domenica è cominciata l’asta per l’assegnazione dei diritti di trasmissione della Indian Premier League (IPL), il principale campionato indiano di cricket. Per la prima volta i diritti, validi per il periodo 2023-2027, saranno assegnati separatamente tra televisione e streaming. La divisione ha attirato nuovi investitori e fatto aumentare i prezzi: soltanto nella giornata inaugurale gli organizzatori hanno ricevuto offerte complessive per quasi 6 miliardi di dollari, superando le aspettative iniziali ferme a 5 miliardi.

 

I partecipanti all’asta desiderano ottenere i lucrosi ricavi pubblicitari prodotti da uno tra gli eventi sportivi più seguiti al mondo. La prima partita del campionato IPL del 2020 è stata vista, solo in tv, da oltre 200 milioni di persone. In confronto, la NFL stima che il Superbowl 2022 – la finale del campionato di football americano, tradizionalmente l’evento sportivo annuale che riceve più attenzioni - sia stato visto negli Usa da circa 110 milioni di persone, il massimo negli ultimi 5 anni. Bezos, però, desidera i diritti anche perché trasmettere su Prime Video le 74 partite del campionato consoliderebbe Amazon nel crescente settore digitale e dell’ecommerce indiano. “Il cricket è sicuramente un business redditizio e anche uno strumento culturale per creare sintonia con il pubblico indiano: permette di ottenere due piccioni con una fava”, dice Al Foglio Souvik Naha professore all’Università di Durham (UK) dove si occupa del legame tra sport, storia e società. Il cricket è quindi uno strumento pregiato di crescita aziendale per Bezos, che tramite Prime Video già trasmette il Football americano negli Usa e il calcio in Europa.

 

Le intenzioni di Bezos non piacciono ad Ambani, che possedendo sia il servizio streaming JioTV sia la piattaforma di e-commerce JioMart teme la crescita del concorrente Amazon tramite il vettore dello streaming sportivo. Poco noto in Occidente, Ambani è ricchissimo e potentissimo: ha un patrimonio stimato di 100 miliardi di dollari e stretti legami con la politica indiana. Possiede Reliance Industries, società petrolchimica avviata dal padre, che lui ha esteso a conglomerato industriale investendo in finanza e nel digitale. Una delle sue aziende più notevoli è Jio, società di telecomunicazioni che in pochi anni e con grandi investimenti ha dotato l’India di una rete internet molto capillare e potente. Grazie anche a tariffe molto vantaggiose, è oggi la compagnia telefonica con più utenti in India: quasi mezzo miliardo. Ambani è anche il proprietario della squadra di Mumbai della IPL.

 

Nonostante i secondi fini di Ambani e Bezos, che secondo alcune recenti indiscrezioni di Bloomberg potrebbe ritirarsi dall’asta senza alcuna offerta, trasmettere la IPL è in ogni caso un successo commerciale come dimostra la crescita del costo dei diritti televisivi. Nel 2008 Sony lì compro per 10 anni a un miliardo di dollari. Star, televisione di Murdoch, pagò 2,6 miliardi il successivo contratto di soli 5 anni battendo Facebook che propose 600 milioni di dollari per i soli diritti digitali: troppo presto per dividere tv e internet, dissero dalla IPL. Finora defilata, Facebook potrebbe partecipare all’asta anche per via del legame con Ambani, il quale due anni fa vendette il 10 per cento di Jio a Facebook per 5,7 miliardi di dollari.

 

L’Indian Premier League mostra che le superleghe possono diventare efficaci mezzi di profitto, benché l’interpretazione del tifo sportivo, la storicità delle squadre e le istituzioni sportive non siano paragonabili tra Europa ed India. La Lega, in cui le “franchigie” si affrontano più volte, venne creata nel 2008 con grossi obiettivi di crescita e già oggi vale tra i 5 e i 6 miliardi di dollari, nonostante liti interne e problemi per via di porzioni di partite truccate. La potenza commerciale e politica del campionato è tale che gli organizzatori, con il consenso delle autorità nazionali indiane, hanno potuto traslocare negli Emirati Arabi Uniti tutte le squadre per concludere entrambi i campionati interrotti dalla pandemia.

 

“La lega – racconta Souvik Naha - è gestista da persone molto scaltre negli affari, che hanno approfittato del potenziale di crescita dello sport, adattandone necessità e marketing. Finora i profitti da diritti televisivi erano il settore rimasto più indietro, ma la nuova struttura di vendita eleverà ulteriormente il profilo finanziario della lega”. Per massimizzare l’interesse delle tv la durata delle partite venne accorciata a quattro ore e la stagione si disputa in modo compresso tra marzo e maggio. Quest’anno le squadre sono aumentate da 8 a 10. I due nuovi club sono stati comprati rispettivamente per 745 e 945 milioni di dollari: valori superiori a molti club del calcio europeo. I sostenitori della Superlega calcistica si ispiravano al modello americano, ma la IPL è un esempio altrettanto valido da cui prendere appunti.

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