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Il Foglio sportivo

Senza mercato invernale si vince lo scudetto, parola del Milan

Giuseppe Pastore

Dopo l’Inter di Conte anche i rossoneri di Pioli diventano campioni ad acquisti zero. La lezione di Pierre Kalulu

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Per la seconda stagione consecutiva lo scudetto è andato a una squadra che nel mercato di gennaio non ha comprato alcun giocatore. L’Inter 2020-21 e il Milan 2021-22 hanno in comune l’ultimo posto nel girone di Champions League, con l’uscita anticipata dall’Europa che ha in un certo senso facilitato la programmazione durante il girone di ritorno: l’anno scorso Conte esasperò ulteriormente il concetto, puntando su un nocciolo durissimo di 15-16 giocatori e, grazie all’eccellente tenuta fisica del gruppo (citazione d’obbligo per il preparatore Antonio Pintus, subito arruolato dal Real Madrid), riuscì a non cambiare mai spartito da gennaio a maggio.

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Per la seconda stagione consecutiva lo scudetto è andato a una squadra che nel mercato di gennaio non ha comprato alcun giocatore. L’Inter 2020-21 e il Milan 2021-22 hanno in comune l’ultimo posto nel girone di Champions League, con l’uscita anticipata dall’Europa che ha in un certo senso facilitato la programmazione durante il girone di ritorno: l’anno scorso Conte esasperò ulteriormente il concetto, puntando su un nocciolo durissimo di 15-16 giocatori e, grazie all’eccellente tenuta fisica del gruppo (citazione d’obbligo per il preparatore Antonio Pintus, subito arruolato dal Real Madrid), riuscì a non cambiare mai spartito da gennaio a maggio.

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Per almeno due mesi questo Milan invece è stato falcidiato di infortuni in parti del corpo anche inusuali, dallo scafoide di Maignan al muscolo otturatore dell’anca di Tomori. Il crac di Kjaer il primo dicembre a Marassi (rottura del crociato anteriore sinistro, stagione finita) sembrava il preludio a intervenire sul mercato, come da ammissioni dell’abbottonatissimo Maldini. Con infinito codazzo di espertini e vecchie glorie che suggerivano al Milan di spendere ancora, spendere spendere spendere, comprare questo e quello – una punta, un esterno destro, un mediano per sostituire Kessié e Bennacer in Coppa d'Africa, eccetera – altrimenti ciao scudetto. Invece niente.

 

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Ora, questo articolo non vuol essere l’ennesima cascata di petali di ciclamino sull’oculata gestione del Fondo Elliott, argomento di cui avrete già letto in abbondanza in settimana in ottemperanza all’italica abitudine di salire festosamente sul carro del vincitore. È più interessante mettere a fuoco l’illusione che contagia ogni dibattito calcistico passato presente e futuro. Mercoledì scorso, appena tre giorni dopo uno scudetto per certi versi storico, obbedendo a certi impulsi pavloviani di cui quest’anno più che mai è stata dimostrata la lontananza dalla realtà, due dei tre principali quotidiani sportivi italiani – il Corriere dello Sport e Tuttosport, per essere chiari – non avevano in prima pagina nemmeno un boxino sulla squadra campione d’Italia. Al loro posto: mercato mercato mercato. Intendiamoci, molto spesso il mercato è la variante decisiva che separa una buona stagione da una cattiva, ma è sempre più assordante la percezione che tutto il chiacchiericcio che fa da cornice si risolva otto volte su dieci in qualcosa di poco serio.

 

Per dirla alla Giorgio Gaber: è “il luogo dove tutto è calcolato e non funziona niente, e per mettersi d’accordo si ruba onestamente”. Il punto di caduta di tutto il discorso è la parabola tecnica e forse anche umana di Pierre Kalulu, il più sorprendente degli undici titolari di fine stagione. Il Milan lo acquista a parametro zero a metà giugno del 2020 bruciando – dicono – la concorrenza del Bayern Monaco, nello scetticismo totale dei tifosi. Ci mancherebbe altro: al momento di arrivare in Italia il ragazzo non ha nemmeno una presenza da professionista con il Lione, che l’ha messo ai margini dopo che aveva deciso di non rinnovare. È stato fortemente voluto dal capo-scout Geoffrey Moncada, che l’ha scovato in Youth League e l’ha segnalato a Maldini. Al di fuori di Casa Milan nessuno sa nemmeno che faccia abbia, tanto che il sito di Gianluca Di Marzio, il maggior esperto italiano (e non solo) di mercato, annuncia la notizia sui social cerchiandogli la testa di rosso in una vecchia foto di squadra, per la serie: “È questo qui”.

 

Due anni dopo, non sappiamo se Kalulu diventerà per i difensori centrali ciò che dieci anni fa fu per i centrocampisti Pogba, preso dalla Juventus in circostanze analoghe. Ma i numeri sono lusinghieri: sempre titolare nelle ultime undici partite di campionato in cui il Milan ha subito solo due reti, con l’aggiunta del jolly pescato da fuori area contro l’Empoli e del bellissimo assist per il gol di Leao  contro il Genoa. Ancora più disarmante – persino eversiva per tutte le teorie che mettono l’esperienza al primo posto delle qualità necessarie per vincere uno scudetto – la maturità mentale dimostrata nelle ultime gare. Tre partite contro Fiorentina, Verona e Atalanta con la spada di Damocle della diffida che gli avrebbe fatto saltare una delle gare decisive per la volata-scudetto, e quanti falli ha commesso? Zero. Un dato che condivide anche con il partner Tomori.

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Kalulu è costato 25 milioni in meno di Kumbulla e almeno 80 milioni in meno di De Ligt, oneroso quanto una finanziaria e non esattamente all’altezza della situazione nelle partite chiave della stagione juventina (Villarreal e finale di Coppa Italia). È suo malgrado assurto a simbolo del non-mercato invernale del Milan, in antitesi agli errori di valutazione commessi nel gennaio precedente quando, nella smania di voler migliorare una squadra già campione d’inverno, fu sì piazzato il colpaccio-Tomori ma fu anche commessa la doppia cilecca di Meité e soprattutto di Mandzukic.

 

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Sono anche questi i miglioramenti che hanno condotto il Milan a un magnifico scudetto. Bisogna far fronte all’impazienza dei tifosi che scambiano l’assenza di acquisti per disinteresse verso le vicende di campo, messi sull’avviso dai tartufeschi “siamo a posto così” con cui Adriano Galliani, un secolo fa, nascondeva certe umane parsimonie della Fininvest. Bisogna reggere il pressing dei giornali pronti a dare le pagelle del mercato solo sulla base del numero di calciatori comprati, fa niente se giocheranno cinque minuti in tutto come Caicedo o, almeno nel breve periodo, aggiungeranno poco e niente (qui la lista è lunga: Tuanzebe, Maitland-Niles, Sergio Oliveira, Cabral, Zakaria, Boga...). Bisogna conoscere le caratteristiche tecniche e psicologiche di ogni giocatore molto più profondamente di chi guarda dall’esterno e bada soprattutto a ungere questa o quella relazione con il tal procuratore. Tutte cose non scontate, che costano tempo, errori e fatica. Però poi ci si avvicina, un altro po’, alla vittoria.

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