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Il foglio sportivo

Tre idee per rigonfiare il pallone d'Italia

Roberto Perrone

Riconfermare  Mancini. Italianizzare la Primavera. Non buttare (ma rivalutare) quel poco di buono che c’è

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Travolti dal solito destino nel grigio mare del calcio. Appare surreale stupirsi per il patatrac della Nazionale, fuori per la seconda volta consecutiva (e per la terza volta nella storia) dal Mondiale di calcio, dopo non aver superato il primo turno in Sudafrica 2010 e in Brasile 2014, dove abbiamo fatto un punto con Nuova Zelanda, Slovacchia, Costarica e Uruguay; dopo non aver battuto la Svezia senza Ibrahimovic nel 2018; dopo l’uscita di tutte le migliori squadre italiane dalla Champions ’22 e, in generale, con sole due sopravvissute in Europa; dopo aver vinto l’ultima Coppa nel 2010.

Come hanno sostenuto in pochi, prima della notte in cui siamo finiti “travolti” dalla Macedonia (del Nord), l’anomalia si è manifestata tra giugno e luglio 2021, non ora. Detto questo, esaurite tutte le critiche più o meno legittime, tra cui la più classica, l’assente ha sempre ragione, bisogna dire che, come in Sudafrica, Brasile e con la Svezia, i presenti dovevano bastare per fare una macedonia della Macedonia (del Nord). Però vale anche il contrario, e l’Europeo insegna: non vince sempre il migliore, infatti noi eravamo almeno sesti in linea di successione per il trono. A questo punto, esaurite le facili critiche del giorno dopo, bisognerebbe proporre qualcosa per avviare il futuro. Ci proviamo, anche se con gli attuali dirigenti del calcio italiano è un’impresa disperata. Tre proposte, più che per rimetterci in sesto, per salvare il salvabile e con la malinconia previsione che, a parte la prima, saranno difficilmente realizzabili.   

La prima. La presenza in panchina di Roberto Mancini. Ovviamente dipende da lui, il presidente federale Gabriele Gravina lo ha già confermato. Il Mancio ha rimandato la decisione per tre motivi: 1) è troppo frastornato per ragionare lucidamente ed è comprensibile; 2) non vuole essere tirato per la giacchetta in un senso o nell’altro; 3) bisogna giocare con la Turchia e un professionista come lui non vuole (perdonate la metafora bellica) che la truppa smobiliti dopo una battaglia persa con una fuga di massa dalle responsabilità. Mancini, a proposito, ha perso 4 partite su 47, ha vinto l’unico titolo internazionale dopo la Champions di Mou all’inter,  ha ricompattato, almeno brevemente, l’Italia attorno alla Nazionale. Certo, il fallimento è pesante, ma bisogna ripartire ed è lui l’uomo giusto. Purtroppo, chi lo conosce bene, assicura che non resterà. Non fatichiamo a crederlo. Dipenderà dalla congiura degli affetti.

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Siccome noi giornalisti amiamo portarci avanti, è già scattato il totonomi. In testa, il ticket Lippi dt-Cannavaro ct. Mah. Ogni volta che indicano Marcellone in quel ruolo lo gufano irrimediabilmente.  La seconda. Una maggiore collaborazione tra club e nazionale. Questo riportò la Germania a vincere il Mondiale dopo la crisi alla fine del millennio precedente. Un contratto con, in calce, le firme di tutti, un’unità di intenti per rifondare il reclutamento, la formazione dei giovani calciatori. Un progetto comune che aumenti la percentuale dei giocatori italiani nelle squadre Primavera, ora al 30 per cento. Un progetto che riduca gli stipendi (il 70 per cento del fatturato) e che non premi solo i grandi vecchi. Un progetto che contenga le commissioni agli agenti. Un progetto che veda la Nazionale centrale.

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Forse non sarebbe cambiato nulla, ma con una settimana in più il ct avrebbe lavorato meglio, soprattutto nel limare paura e frenesia. Lo diciamo ogni volta, anche se sarà difficile, considerati i precedenti tra Gravina e la Lega di Serie A che considera la Nazionale come un fastidio, già di suo, e ora è anche peggio, essendoci di mezzo un duro contrasto politico. Lotito e i suoi alleati non faranno mai nulla per la Federcalcio, a meno che non possano controllarla. Ah, Mancini non sappiamo, ma Gravina non corre rischi, anche perché questa volta il presidente del Coni, Giovanni Malagò non andrà da Fabio Fazio a sfiduciarlo come accaduto con Tavecchio dopo la Svezia. Perché non vuole (pare che i due abbiano un accordo) e perché il conduttore ha mollato la parte leggera e parla solo dell’Ucraina. E poi, esclusa la serie A, le altre componenti sono con il presidente. 

La terza. La rivalutazione immediata del materiale umano a disposizione. Questo, di tutti, è l’aspetto più importante della vicenda Nazionale. Perché, anche se la seconda proposta trovasse consensi (e non avverrà), i suoi effetti non saranno certo immediati. Bisogna riprendere un cammino: tra un anno, a marzo, partiranno i gironi di qualificazione all'Europeo 2024 in Germania (sorteggio il 9 ottobre), dove, per quello che vale, ci presenteremo da detentori del titolo. Il materiale è questo. Speriamo sempre nell’esplosione di un Rossi o di uno Schillaci, ma non è che dietro il gruppo manciniano, costruito dopo un lungo casting, ci sia una generazione di fenomeni. Chiunque sia il commissario tecnico, come nel 2018, dovrà dedicarsi, oltre al fatto tecnico, a un lungo lavoro di ricostruzione psicoattitudinale. Le delusioni, nello sport, passano in fretta. Ma non sempre. Peggio di una sconfitta come questa, c'è rimettersi in marcia dopo una sconfitta come questa. Per questo il migliore sarebbe Mancini. Sa da dove cominciare. Il problema è quanto la sua delusione e la sua dignità glielo consentano. 

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