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stasera all'olimpico

Italia-Svizzera non sarà un'altra Italia-Svezia. Comunque vada

Giuseppe Pastore

È una sorta di spareggio per qualificarsi ai Mondiali in Qatar. Ma ci arriviamo in maniera molto diversa rispetto al playoff del 2017. L'appello di Mancini al divertimento e alla tranquillità può essere la chiave del match

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Se non fossimo appassionati di calcio italiano, vivremmo queste ore che ci separano a Italia-Svizzera con la forza dei nervi distesi. Ci basterebbe un veloce riepilogo mentale dei due scontri diretti del 2021: la sera dello scorso giugno in cui abbiamo facilmente disposto degli svizzeri, proprio a Roma, 3-0, e la visita a Basilea di settembre quando abbiamo sperperato l'inverosimile senza riuscire ad andare oltre lo 0-0. È proprio a questo che si appella Roberto Mancini, che in questi giorni sta sperimentando come nemmeno l'enorme credito di fiducia e entusiasmo che porta in dote un Europeo vinto – e come l'abbiamo vinto – sia sufficiente per tenere lontane le ansie di questo nostro calcio sotto Xanax permanente. Che poi Xanax sembra anche il nome di un oscuro trequartista svizzero, di quelli che entrano dalla panchina a venti minuti dalla fine apposta per gelare l'Olimpico. 

 

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No, non è Italia-Svezia 2017, con i suoi fantasmi annunciati, e con ogni probabilità non lo sarà. Se il calcio ha una giustizia e ancor prima una logica, la partita di stasera è l'approdo naturale di un triennio che ha già avuto un enorme e inatteso punto esclamativo a Wembley: il trionfo Europeo è arrivato persino in anticipo sulle tabelle di marcia, perché fin dal giorno dell'insediamento l'obiettivo di Mancini è sempre stato cancellare l'onta della gestione precedente. Andiamo in Qatar, e poi vediamo: e il fatto di poterci giocare la qualificazione da campioni d'Europa in carica e in uno stadio festante, dal clima opposto rispetto all'atmosfera inquisitoria e tribunalizia che si respirava nella notte di San Siro, devono essere solo ulteriori motivi di convinzione e non trappole dove si nasconde il terrore della figuraccia.

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È ancora più benvenuto l'appello al divertimento e alla tranquillità, due oasi così lontane nel calcio bulimico di questi tempi con un 2022 che si annuncia ancora più compresso e stressante: ieri la Premier League ha annunciato le date della stagione 2022-23, quella con il Qatar in mezzo, e ha previsto solo otto giorni di stacco tra l'ultima di campionato a novembre e il match inaugurale del Mondiale. Superiore ai mugugni dei club, superiore al fastidio di non avere ogni volta almeno due-tre titolari (a questo giro Chiellini, Verratti e Immobile, ma non fa niente: “È un periodo storico in cui ci si infortuna più spesso”). Esaurita la moral suasion del nostro ct che probabilmente a gennaio, nel segreto dell'urna, riceverà pure i voti di qualche parlamentare buontempone intento a eleggere il presidente della Repubblica, sarà bene per novantacinque minuti trasformare la serenità in quella lucidità che non ci è mai mancata in tutto l'anno solare, nemmeno nell'unica sconfitta contro la Spagna arrivata soprattutto per un paio di episodi storti da cui stasera – stante il valore assai inferiore degli avversari – dovremmo stare alla larga. Oltretutto la Svizzera è falcidiata dagli infortuni a cominciare da Zuber, il suo miglior giocatore a Euro 2020, per continuare con l'equilibratore Xhaka e i due attaccanti titolari Embolo e Seferovic (e anche il terzo in gerarchia, Gavranovic, non sta bene). La prima punta dovrebbe essere Okafor del Salisburgo che è un buonissimo prospetto, ma sapete come si dice: se dobbiamo preoccuparci di Okafor, meglio non andarci nemmeno in Qatar.

Altri appunti sparsi: ricordarsi che noi un Lukaku, un Kane o un Lewandowski non ce l'abbiamo, men che meno un Ronaldo, e dobbiamo agire di gruppo e strategia come del resto avevamo fatto brillantemente a giugno-luglio. Puntando forte sulle sgasate di Chiesa più che sul consunto Belotti, che agirà da numero 9 essenzialmente perché qualcuno deve pur esserci: la sua trasformazione in mediano di fatica, il “generoso” alla Ciccio Graziani che nella storia azzurra è un genere di grande successo, era iniziata già agli ultimi Europei. Di Chiesino hanno impressionato gli ultimi 15 minuti contro la Fiorentina: mortificato dal calcio giurassico della Juventus in undici contro undici, è stato finalmente sguinzagliato da Allegri dopo l'espulsione di Milenkovic e ha seminato il panico nella metà campo viola esibendo un'energia cinetica sconosciuta a tutti i suoi connazionali. Lanciare un'occhiata dalle parti di capitan Bonucci, che senza il dioscuro Chiellini ha combinato disastri contro la Spagna un mese fa, ma quantomeno ritrova Acerbi che ha le chiavi dell'Olimpico. Rallegrarsi per la presenza contemporanea di Jorginho, Barella e Locatelli, il medesimo centrocampo che aveva preso a ceffoni la Svizzera in estate e stasera ricalpesterà quelle stesse zolle. Scrollarsi dalle spalle l'ansia residua, perché se sei campione d'Europa e vai per il Mondo non puoi farti rovinare la settimana da Italia-Svizzera, che peraltro in nessun caso sarà aritmeticamente decisiva per la qualificazione: chi vince dovrà ancora fare un punto nell'ultimo turno di girone, che in caso di pareggio diventerebbe uno stillicidio di differenza reti e app di live-score che non vogliamo nemmeno immaginare. E in ogni caso, ci penseremo lunedì.

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