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Juve-Roma e l'eterno ritorno del gol di Turone

Giuseppe Pastore

Quella tra i bianconeri e giallorossi è stata una partita di 96 minuti con lunghe sezioni molto noiose, ridotta e dissezionata nei suoi dieci secondi cult, a causa di uno degli episodi più controversi e intricati della storia delle tele-moviole. Gli errori di Orsato

Uno spettro si aggira per il campionato: è lo spettro dell'Allegri II – lo indichiamo così, con i numeri romani come si faceva con i governi della Prima Repubblica, in omaggio alla sua fortissima carica conservatrice che piace e rassicura il pubblico più tradizionalista, quello che dal 1996 non si perde una consegna di un Tapiro di Striscia la Notizia. Il terzo 1-0 consecutivo nonché il quinto 1-0 consecutivo in casa contro la Roma nella carriera dell'ineffabile Max non meritano ulteriori commenti: pensiamo che l'aver riesumato per l'ennesima volta De Sciglio fino a trasformarlo nel migliore in campo sia la miglior didascalia possibile del senso pratico di un allenatore, comunque la pensiate, ben sopra la media.

E c'è poi tutto il resto, il cosiddetto contorno che ci mette poco a diventare portata principale. Juventus-Roma è stata una partita di 96 minuti con lunghe sezioni molto noiose, ridotta e dissezionata nei suoi dieci secondi cult, a causa di uno degli episodi più controversi e intricati della storia delle tele-moviole. Episodio su cui nemmeno Mourinho è tornato a soffermarsi, forse più per gusto del colpo di scena che per reale convinzione, o forse perché sapeva che il fuoco incrociato dei social era già in azione, cavalcato con gusto da alcuni quotidiani del mattino dopo: il titolo sornione del Corriere dello Sport, “La Juve fa la Juve”, merita una citazione. Così come la meritava l'intera pagina dedicata ieri dalla Gazzetta a intervistare l'89enne sociologo Giuseppe De Rita sul maledetto gol di Turone che nella scorsa primavera ha tagliato la boa dei 40 anni: non c'è da stupirsi troppo, la quasi totalità dei quotidiani oggi è scritta da vecchi e letta da vecchi, dunque i temi prioritari vengono decisi di conseguenza.

L'Episodio, dicevamo, il sale di tutti gli Juve-Roma, sfida che ha sempre avuto il pregio della variazione sul tema anche un po' grottesca, dalle rimesse laterali disturbate dai guardalinee (Manfredini-Aldair, 1995) alle norme sugli extracomunitari cambiate in corsa a 48 ore dalla partita-scudetto (caso Nakata, 2001). Questa volta, l'Episodio è stato gentilmente offerto dal cosiddetto miglior arbitro d'Italia.

 

Daniele Orsato da Schio, 45 anni, si fa portabandiera da anni di uno stile molto rischioso, mantenendo una prossemica da classico arbitro italiano che impone l'ordine e la disciplina avocando a sé il dogma dell'infallibilità: ma così, quando sbaglia, l'errore si nota il triplo – e i fatti recenti dimostrano che Orsato è tutt'altro che infallibile, in campo e fuori. Non ci riferiamo solamente al famigerato Inter-Juventus del 2018, che gli è costato un lungo esilio, terminato solo di recente, da qualunque partita dei nerazzurri. Ad aprile l'Equipe gli ha appioppato un solenne 4 in pagella dopo la stellare PSG-Bayern anche lì soprattutto a causa di un vantaggio non concesso a Mbappé, in verità per colpa dell'assistente Preti che segnalò al francese un fuorigioco inesistente invece di lasciar proseguire l'azione. Quest'anno ha già fatto arrabbiare Gasperini in Atalanta-Bologna, l'anno scorso in Lazio-Milan ignorò un contatto Leiva-Calhanoglu prima del 2-0 di Correa e, quando fu giustamente richiamato al VAR insolentì il collega Mazzoleni con ampi gesti (“Ma cosa mi fai rivedere?”, più o meno) rimanendo sulla sua decisione. Allo stesso modo, nell'intervallo di ieri, ha provato a uscire dall'angolo con spiegazioni sin troppo creative fornite a Bryan Cristante, giustificabili solo in parte con l'adrenalina della partita: “sui rigori non si dà vantaggio” è semplicemente una frase smentita dal regolamento. Per non parlare del notevolissimo “E date la colpa a me se avete sbagliato il rigore?” con cui il miglior arbitro d'Italia, pur avendo ragione sul piano dialettico (se Veretout avesse fatto il suo dovere, nessuno sarebbe tornato sull'episodio), si è abbassato sul piano della schermaglia verbale con i giocatori a cui deve imporre rispetto e autorità.

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Queste frasi cadono dall'alto in un periodo in cui la nuova gestione AIA di Alfredo Trentalange sta faticosamente cercando di rendere gli arbitri creature parlanti: con l'aiuto dei giornalisti, si capisce, magari evitando di darli in pasto a tribune televisive in cui vengono giudicati prima ancora che ascoltati. Proprio Orsato, a febbraio, era stato protagonista di un primo coraggioso esperimento a “Novantesimo Minuto”, quando aveva anche accettato di tornare sul suo personalissimo luogo del delitto a tre anni di distanza, ammettendo l'errore sul mancato giallo a Pjanic in Inter-Juventus perché “ero troppo vicino all'azione”. Lo stesso Orsato, però, che due mesi prima era stato molto più imbarazzante e fuori controllo quando aveva sbandierato a una tv locale il suo tifo per il Vicenza che “seguo in modo esasperato”, non il massimo per un arbitro che dirige anche partite di Serie B e in linea teorica potrebbe entrare in collisione con le avversarie della sua squadra del cuore.

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Le contraddizioni verbali e regolamentari di Orsato, il miglior fischietto d'Italia, sono il riassunto di un inizio di stagione faticosissimo dal punto di vista arbitrale, esasperato dal diffuso stress che si respira a bordo campo già a metà ottobre, in un campionato molto incerto in cui almeno cinque-sei squadre possono legittimamente nutrire ambizioni di scudetto. Per esempio, la normativa sui falli di mano in area è assai vaga e viene applicata in maniera baluginante, cambiando letteralmente da giornata a giornata. Lo stress legittima anche polemiche sul nulla (vedi il 2-1 di Lazio-Inter, su cui Irrati non ha alcuna responsabilità) e all'orizzonte si staglia minacciosa la sagoma colossale di una Inter-Juventus che potrebbe essere già decisiva per entrambe le squadre. Bisognerebbe che gli arbitri parlassero, spiegassero, chiarissero. Ma se poi Orsato, il miglior arbitro d'Italia, appena apre bocca fa disastri, forse è meglio di no.

  

PS: La Roma continua a essere bella senza ballare: anzi, ieri nell'ultima mezz'ora non ha nemmeno provato a muovere le anche ed è sembrata lasciarsi morire, operando un solo cambio sui quattro disponibili, come rassegnata alla supremazia difensiva della Juventus. L'episodio di ieri ha inciso sul risultato solo in minima parte: se Veretout, uno dei migliori rigoristi al mondo, avesse fatto il suo dovere non ne staremmo quasi parlando. Inoltre, anche davanti a ottanta replay non è chiaro se il tocco di mano di Mkhitaryan sia volontario o meno, e questo avrebbe fatto tutta la differenza del mondo sulla regolarità del pareggio di Abraham. Il rigore andava semmai ripetuto per l'ingresso anticipato di Chiellini, che poi disturba in maniera decisiva Mancini sul proseguimento dell'azione, ma fatichiamo a ricordare l'ultimo rigore ripetuto per ingresso anticipato di un “difendente” (certo, in linea teorica il VAR servirebbe anche a questo).

Insomma, l'ennesimo Orsato-Gate nuocerà esclusivamente alla salute mentale della squadra e della tifoseria che si stanno lamentando, dimenticando come al solito che le lamentele non portano mai a niente. Ma questo è il Paese e questo è il calcio che ci siamo scelti.

 

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