(foto Ap)

Ce lo chiede l'Europeo - 1

Meglio discutere di sacchetti di carta che guardare Euro 2020

Marco Archetti

Il fastidio per Francia-Germania al bar e lo strazio di Finlandia-Russia

Guido Barilla può dire quel che vuole, ma io non ho mai desiderato tanto il reddito di pigranza come quando mi chiamano dal Foglio e sono imminenti gli Europei. Come ogni volta, minacciandomi con la diffusione di un fottuto fotomontaggio che, fanno capire, mi vedrebbe trotterellare giulivo sulle ginocchia di Tomaso Montanari, la redazione mi propone le partite. Mi dicono: solo se ti va, eh, massima libertà... E ci mancherebbe, ribatto io, siamo pur sempre turboliberisti, no? E giù risate (sento sempre quella di Luciano Capone dal corridoio). Così, assillato dalla macchina del fango che dietro le quinte del Foglio fa girare le betoniere peggio che nel peggior bar di Caracas detto anche Fatto quotidiano, sono costretto a sorbirmi novanta minuti di Nulla per svariate volte: quanto fa Nulla per tre, per quattro, per cinque? Fa Pd.

Insomma, una noia come nemmeno a una conferenza di James Ward, il tizio che ogni anno organizza una conferenza dedicata alle cose più noiose che esistano – l’anno scorso si parlò di sacchetti di carta. Ovviamente viva i sacchetti, io farei qualunque cosa anziché scrivere di calcio, compreso i compiti delle vacanze tipo quelli che girano ogni anno in questo periodo, diramati da quei professori-dreamer che offrono una lista di precetti attimofuggentisti tipo: urlare al cielo stellato, scrivere i propri sogni su dieci post it, stendersi e guardare le nuvole per 45 minuti, dire almeno una volta al giorno a uno sconosciuto “ti voglio bene”, abbracciare le piante... tutte cose spaventose che, se le avessi fatte nel 1988, i miei non avrebbero ancora smesso di darmele (“Primo, non si urla, siamo forse a una grigliata della Lega? E poi, cosa lasci in giro tutti quei post it con scritto: tastare le tette a Heather Parisi? E già che ci siamo, perché ieri sei stato sdraiato un’ora in giardino a non fare una mazza? Ma cosa vuol dire che mi vuoi bene, ti sei drogato? Sì, sei un drogato, tuo padre stamattina ti ha visto avvinghiato a un platano”).

Ma passiamo al fòbal, come dice Fausto Leali quando è stufo di elogiare Mussolini. Lo strazio comincia con Francia-Germania. Trovo un bar piuttosto torvo vicino casa e, mentre la partita va per conto suo, io penso che, insomma, c’eravamo tanto distanziati, perché riavvicinarci? Trattandosi poi delle due Nazionali più detestate dall’italiano medio al bar, ecco che mi sono dovuto adeguare al rancore multiculturale, per cui con un cliente annuivo dicendo bleah, la Francia, che stronzi; con un altro che uh, la Germania, che infami; quindi deprecavo le baguette, poi di nuovo veleno sul cartofen, e ping e pong, odia di qua e infanga di là, dopo un’ora che banderuoleggiavo, completamente stordito, ho deciso di tornarmene a casa – ma come fa Salvini?

Premio Berija a Dzyuba

Poi mi è toccata Finlandia-Russia. Pare che entrambe le formazioni arrivassero all’appuntamento un po’ ammaccate: la Russia per le tre pinnate rimediate dal Belgio, la Finlandia a causa della propria stessa vittoria, evenienza scioccante occorsa contro la Danimarca. E mentre la partita scorreva (anche se “scorreva” non rende l’idea – più film coreano a Cannes che mulinelli eraclitei), scorreva un imperdibile catalogo di calcio dopolavorista: compagni di squadra che si portavano via la palla l’un l’altro o si prendevano a zuccate, rimesse laterali direttamente sul portiere, due morti contro il palo della porta – netta la sensazione che, tra una traiettoria pirandelliana e l’altra, la Finlandia giochi su un piano basculante. Poi gol della Russia. Poi noia, con la Finlandia che difendeva coi denti la sconfitta e la Russia che rivelava l’inemendabile natura kolchoziana del proprio calcio. Sul finire, quando i finlandesi, stravolti, perdevano palla continuamente, prendevano comunque corpo idee migliori di quando ne avevano il possesso. Premio Berija ad Artëm Dzyuba. 196 centimetri. Uno che, quando schianta a terra un avversario, si sporge impassibile sul groppo fumante di carne umana fracassata. Poi sbuffa risentito se il tipo si rialza.

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