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Setteperuno

I conquistatori del K2

Marco Pastonesi

L'impresa estrema di 10 nepalesi: è la prima storica scalata invernale della seconda montagna più alta del pianeta. A -50 gradi

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Nimsdai Purja, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Geljen Sherpa, Pem Chiri Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Mingma G, Dawa Tenjin Sherpa, Kilu Pemba Sherpa e Sona Sherpa. I conquistatori del K2 in invernale, l’ultimo ottomila mai scalato in questa stagione. Primatisti di salto in alto, nell’alto dei cieli: se la terrazza è l’Everest, il K2, con i suoi 8609 (ma c’è chi sostiene 8611) metri, è l’ultimo piano (e il più tempestoso) del grattacielo Terra.

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Nimsdai Purja, Mingma David Sherpa, Mingma Tenzi Sherpa, Geljen Sherpa, Pem Chiri Sherpa, Dawa Temba Sherpa, Mingma G, Dawa Tenjin Sherpa, Kilu Pemba Sherpa e Sona Sherpa. I conquistatori del K2 in invernale, l’ultimo ottomila mai scalato in questa stagione. Primatisti di salto in alto, nell’alto dei cieli: se la terrazza è l’Everest, il K2, con i suoi 8609 (ma c’è chi sostiene 8611) metri, è l’ultimo piano (e il più tempestoso) del grattacielo Terra.

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Nove sherpa e un gurkha, totale dieci nepalesi. Come vincere una Coppa del mondo di calcio con una squadra di soli mediani, come impadronirsi del Tour de France con un gruppetto di gregari, come violare Twickenham con una formazione di soli piloni. Anzi, molto di più. Finora gli sherpa erano stati considerati e trattati da mediani, gregari, piloni, ombre e controfigure, eppure sempre fondamentali e decisivi. Nella storica impresa del neozelandese Edmund Hillary (non ancora Sir) sull’Everest, il 29 maggio 1953, lo sherpa Tenzing Norgay fu soltanto un passo indietro per rispettare il turno di scalata, e forse anche confermare secoli di sudditanza. Stavolta, magari soltanto per una volta, ma una volta che varrà per sempre, la prima volta è stata riservata a loro, i dieci nepalesi: come per ricompensarli di quel posto, di quel ruolo, di quel compito da eterni secondi.

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E’ successo sabato scorso, alle 16.58 (ma c’è chi sostiene alle 17) ora locale. I dieci nepalesi si sono ritrovati a 10 metri dal tetto, per poi raggiungerlo contemporaneamente cantando insieme l’inno nepalese. “Siamo orgogliosi – ha scritto Purja (il più celebre dei primatisti: detiene il record di aver scalato i 14 ottomila in 189 giorni nel 2019) sulla sua pagina Facebook - di aver fatto parte della storia dell'umanità e di dimostrare che la collaborazione, il lavoro di squadra e un atteggiamento mentale positivo possono superare i limiti di ciò che riteniamo possibile”.

 

Un avvicinamento organizzato, pianificato in un mondo verticale nelle difficoltà e negli imprevisti, tenace, estenuante. E doloroso. Solo alcune ore prima uno dei componenti della spedizione internazionale, Sergi Mingote, 50 anni, spagnolo, co-leader del gruppo, era caduto in discesa, fra il campo 1 e il campo base avanzato, dopo aver trascorso la notte al campo 3 basso (quota 7mila). Subito soccorso dai compagni di cordata, Mingote aveva dovuto attendere l’elicottero, ma non ha resistito. Intanto risulta disperso lo statunitense Alex Goldfarb, sul Pastore Peak, impegnato da solo in un acclimatamento prima di affrontare il vicino ottomila Broad Peak in un’invernale.

 

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Il K2 ha proposto un approccio lungo e faticoso per il maltempo, solo alla fine ha regalato giornate senza vento (a quell’altitudine è una presenza quasi fissa, tanto da battezzarlo “jet stream”, una corrente a getto così forte da sembrare concentrata e canalizzata), anche se a temperature gelide (fino a -50°). E comunque, come nella sua natura, il K2 non ha praticato sconti. Il tracciato era quello giudicato meno impegnativo, lungo lo Sperone degli Abruzzi (così chiamato in ricordo e onore di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, il Duca degli Abruzzi, che esplorò quel versante lungo la cresta sud-est, in territorio pakistano, nel 1909), ma poi caratterizzato dal passaggio nel Collo di Bottiglia, pericolosissimo per la frequenza dei seracchi, torri di ghiaccio create dalla voragine dei crepacci, dall’esposto Traverso e dal pendio terminale.

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Il K2 (abbreviazione di Karakorum 2) è la montagna italiana (è anche il titolo di un libro di Sandro Filippini per Mondadori), da quel 31 luglio 1954 in cui Achille Compagnoni e Lino Lacedelli raggiunsero la cima, e in cui Walter Bonatti e l’Hunza Amir Mahdi patirono il martirio di una notte all’addiaccio e di un’ingratitudine finita nei labirinti infernali della storia fino al riconoscimento (tardivo) della versione di Bonatti. La spedizione è stata monumentale. Organizzata dalla Seven Summit Treks, era il biglietto da visita di un’impresa commerciale. Il prossimo appuntamento il 15 giugno (fino al 5 agosto), con tre gruppi ciascuno di 15 membri, alcuni posti ancora disponibili. Pagando, s’intende. Anche con la vita.

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Un fine settimana di "altri sport"

Sci: Coppa del mondo, Marta Bassino, quarto gigante conquistato in questa stagione, stavolta con una doppietta a Kranjska Gora, in Slovenia.
Atletica: a Aubiere, in Francia, Fabrice Zango Hugues, del Burkina Faso, nuovo primatista mondiale indoor di salto triplo (18,07). E’ il primo record di un africano in prove che non siano di corsa. Il primato mondiale del triplo all’aperto appartiene al britannico Jonathan Edwards (18,29).
Ciclocross: Gp Friuli Venezia Giulia a Variano di Basiliano, Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni, in testa nella gara elite, si urtano, Dorigoni cade, Bertolini lo aspetta, poi ricominciano a duellare. Vittoria sul campo (e anche nel fair play) di Gioele.

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