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a casa di pablito

Viaggio a Santa Lucia, il quartiere di Prato che ha visto crescere Paolo Rossi

"Tornò qui dopo molti anni, e ricordava tutto". Paolo Macrì, il dirigente della squadra locale di cui Rossi era presidente onorario, racconta l'infanzia di Pablito e il suo legame con la città toscana

Giorgio Coluccia

I primi calci al pallone a otto anni. Poi la trattativa con la Juve che sua madre provò a sabotare. La città in pellegrinaggio sotto casa dei suoi genitori la sera della tripletta al Brasile. Il ricordo di Vieri e Diamanti, gli altri gioielli locali cresciuti all'ombra di Pablito

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Chi c’era, quell’estate del 1982 a Prato se la ricorda benissimo. A un certo punto iniziarono dei pellegrinaggi spontanei in via Bologna, una processione di motorini cominciò a rendere omaggio sotto casa dei genitori di Paolo Rossi, Amelia Ivana e Vittorio, proprio mentre il figliol prodigo con una tripletta contro il Brasile mandava in visibilio tutto il paese. Clacson e musica, cori e striscioni. La scintilla scattò quella sera, il 5 luglio 1982, partendo dall’Estadio de Sarriá a Barcellona fino ad arrivare sul tetto del mondo. A Prato il quartiere di Pablito è il Santa Lucia, quadrante nord della città, e il suo campo è sempre stato quello dove ha tirato i primi calci, a poche centinaia di metri da casa, poi intitolato a suo papà, Vittorio Rossi, ex ala destra del Prato. 

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Chi c’era, quell’estate del 1982 a Prato se la ricorda benissimo. A un certo punto iniziarono dei pellegrinaggi spontanei in via Bologna, una processione di motorini cominciò a rendere omaggio sotto casa dei genitori di Paolo Rossi, Amelia Ivana e Vittorio, proprio mentre il figliol prodigo con una tripletta contro il Brasile mandava in visibilio tutto il paese. Clacson e musica, cori e striscioni. La scintilla scattò quella sera, il 5 luglio 1982, partendo dall’Estadio de Sarriá a Barcellona fino ad arrivare sul tetto del mondo. A Prato il quartiere di Pablito è il Santa Lucia, quadrante nord della città, e il suo campo è sempre stato quello dove ha tirato i primi calci, a poche centinaia di metri da casa, poi intitolato a suo papà, Vittorio Rossi, ex ala destra del Prato. 

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Dopo la fusione avvenuta nel 2001, oggi la squadra si chiama Coiano Santa Lucia, ma per arrivare ai tempi dell’ex bomber della Nazionale bisogna tornare al 1964, quando Paolo Rossi aveva appena otto anni e fu trascinato al campo dal fratello maggiore Rossano. In poco tempo passò all’Ambrosiana e poi alla Cattolica Virtus, lo storico vivaio del pallone fiorentino. A sedici anni lo chiamò la Juve, che però aveva appena testato anche suo fratello, salvo poi rispedirlo a casa dopo un anno. E Pablito aveva raccontato la reazione della mamma: “Non voleva saperne di mandarmi a Torino così giovane, consigliò ai dirigenti della Cattolica di alzare il prezzo in modo spropositato per far saltare l’affare. In realtà quelli della Juve vennero direttamente a casa nostra e in pochi minuti la trattativa era chiusa”.

 

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Nonostante tutto da Santa Lucia non è mai andato via, lo dimostra anche la presidenza onoraria del club che conservava con piacere, come testimonia Roberto Macrì, attuale numero uno della società toscana: “Avevamo trascorso assieme una giornata fantastica nel 2016. Era tornato a Prato per una mostra che in pochi giorni fece qualcosa come quindicimila visitatori. Aveva messo a disposizione di tutti le vecchie maglie, gli scarpini, i gagliardetti e alcuni trofei, insomma tutto ciò che aveva caratterizzato la sua grande carriera calcistica. Quel giorno si concesse a tutti, proprio a tutti, per una foto o una chiacchierata e mentre camminavamo in centro veniva fermato ogni dieci metri. La gente lo ringraziava, gli ricordava partite ed episodi non solo del Mondiale 1982. Mi stupì il fatto che a Santa Lucia ricordasse tutto alla perfezione, ogni angolo di quando era un ragazzino, nonostante fosse stato chiamato dalla Juve davvero molto presto”. 

Questa mattina su Instagram è spuntata una storia di Alino Diamanti, ancora bambino, con le mani sulle spalle proprio di un Paolo Rossi sorridente, sul campo spelacchiato e polveroso di Santa Lucia, che invece oggi è in sintetico ed è uno dei punti di riferimento per il calcio in città. Diamanti è l’altro pilastro dell’orgoglio di tutto il quartiere, completato da Christian Vieri, anche lui partito dalle stesse latitudini baciate dal talento. “Per una realtà così piccola non capita tutti i giorni di avere tre top player di questo calibro - scherza Macrì -. Siamo orgogliosi, Diamanti e Vieri sono rimasti per diversi anni e si sono formati qui mentre Pablito ha bruciato le tappe e in poco tempo è finito tra i grandi. Quest’anno abbiamo la prima squadra in seconda categoria, la seguiamo con attenzione, ma devo dire che i giovani restano il nostro pallino. Puntiamo molto sul settore giovanile, vogliamo restare fedeli alla grande tradizione”. Non potrebbe essere altrimenti, le gesta e i gol di Paolo Rossi sono il làscito più grande.

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