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"Arrivò Diego, e a Napoli cambiò tutto". Parla Mauro, che a Maradona cedette il 10

Giorgio Coluccia

Massimo Mauro ha condiviso col Pibe de Oro la stagione 1989-1990, quella dello scudetto azzurro. "Un dolore enorme. Seguivo la sua riabilitazione, sembrava stesse meglio". Il ricordo, in campo e fuori: "Il più generoso di tutti"

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“Mi scusi, ma allora non so la notizia. Cos’è successo a Diego?”. Massimo Mauro cade dalle nuvole, risponde dopo pochi squilli e all’improvviso un sussulto scuote la voce pacata. Maradona se n’è andato. Il loro legame era sbocciato in occasione della stagione regina, 1989-1990, con il Napoli poi laureatosi campione d’Italia. E in un pomeriggio di settembre El Pibe de Oro entrò in scena all’intervallo, proprio al posto di Mauro, portando i partenopei dallo 0-2 al 3-2 in casa contro la Fiorentina in occasione del gran debutto. Segnano Pioli, Careca e Corradini a tre minuti dalla fine conclude l’opera facendo esplodere il San Paolo. “Ma com’è possibile, non sapevo proprio nulla - dichiara l’ex centrocampista calabrese -, sono appena guarito dal Covid e sono ancora chiuso in casa con qualche doloretto. Non riesco a spiegarmelo. Ancora qui sul telefono ho un lungo messaggio ricevuto appena due giorni fa dal mio amico di Catanzaro Stefano Ceci, che negli ultimi dieci anni ha sempre seguito Diego, passo dopo passo, e sapeva tutto di lui. Ero abbastanza tranquillo, mi diceva che si era ripreso bene dopo l’intervento, ma il suo corpo era malandato e doveva fare tanta, tanta riabilitazione come previsto dai medici”.

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“Mi scusi, ma allora non so la notizia. Cos’è successo a Diego?”. Massimo Mauro cade dalle nuvole, risponde dopo pochi squilli e all’improvviso un sussulto scuote la voce pacata. Maradona se n’è andato. Il loro legame era sbocciato in occasione della stagione regina, 1989-1990, con il Napoli poi laureatosi campione d’Italia. E in un pomeriggio di settembre El Pibe de Oro entrò in scena all’intervallo, proprio al posto di Mauro, portando i partenopei dallo 0-2 al 3-2 in casa contro la Fiorentina in occasione del gran debutto. Segnano Pioli, Careca e Corradini a tre minuti dalla fine conclude l’opera facendo esplodere il San Paolo. “Ma com’è possibile, non sapevo proprio nulla - dichiara l’ex centrocampista calabrese -, sono appena guarito dal Covid e sono ancora chiuso in casa con qualche doloretto. Non riesco a spiegarmelo. Ancora qui sul telefono ho un lungo messaggio ricevuto appena due giorni fa dal mio amico di Catanzaro Stefano Ceci, che negli ultimi dieci anni ha sempre seguito Diego, passo dopo passo, e sapeva tutto di lui. Ero abbastanza tranquillo, mi diceva che si era ripreso bene dopo l’intervento, ma il suo corpo era malandato e doveva fare tanta, tanta riabilitazione come previsto dai medici”.

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Massimo Mauro, classe 1962, ha giocato in carriera anche con fuoriclasse del calibro di Platini e Zico, ma se deve fare una classifica non c’è partita. Non è neanche terminata la domanda e sentenzia: “È scomparso il più grande calciatore di tutti i tempi, non ho alcun dubbio. E lo dico da sempre, mica proprio adesso che non c’è più. Perché ci ha lasciati un uomo generoso, di una disponibilità debordante, nonostante fosse più bravo di chiunque altro. Non se la tirava mai. Questo da compagno di squadra lo notavi subito, era una dote straordinaria e se avevi bisogno lui c’era sempre, sia in campo sia fuori. Dal lato umano era incredibile, dal punto di vista calcistico sappiamo tutti quello che è riuscito a fare”.

Tornando a quella stagione memorabile, dopo oltre trent’anni, il ricordo di Mauro va all’inizio dell’avventura: “Io a Napoli ho giocato le prime partite con il numero dieci, quell’anno lui arrivò due mesi dopo e nel frattempo indossavo io il numero più ambito. Ecco, in quelle settimane ho capito cosa significava, la gente non mi mollava un attimo perché avere il dieci sulle spalle andava oltre le prestazioni, nonostante il clima fosse ottimo e fossimo primi in classifica. A Napoli ci sono stati anche campioni come Sivori e Altafini, ma Diego è un figlio della città a tutti gli effetti, un napoletano al cento per cento. Lo dice la storia, non solo sportiva”.

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