(foto Ap)

La scomparsa del Pibe de oro

Maradona: il genio del calcio che era già morto tante volte

Maurizio Crippa

Matto nero e matto bianco. Perché il film del 2008 dedicatogli da Kusturica è il miglior ritratto mai fatto al campione argentino

E' morto Diego Armando Maradona. Lo scrive El Clarin, quotidiano argentino. L'ex campione del Napoli, è stato colto da un arresto cardiaco nella sua casa di Tigre. Qualche settimana fa era stato sottoposto a un intervento dopo un ematoma cerebrale. Ripubblichiamo un articolo che Maurizio Crippa gli dedicò in occasione del suo 60esimo compleanno, il 30 ottobre scorso. 


 

Gatto nero, gatto bianco. La vita a testa e croce, la vida tombola. Non potevano non incontrarsi, e amarsi pazzamente come in un melò sconsiderato tra i due emisferi di quel pallone pazzo che chiamiamo mondo. Diego Maradona ed Emir Kusturica. Maradona compie oggi sessant’anni, l’età in cui molti si sentono morti o in procinto di sottoporsi a un tampone esistenziale, di quelli senza consolazione. Lui è già morto un sacco di volte e nei modi più stolti (stoltezza per i moderni e scandalo per i benpensanti) e non ha più nulla da temere. Amato anche da quelli che lo detestavano, più passa il tempo. Perché lui è ancora il bambino, futbol sive natura, che la vita ci ha precluso se non in sogni straordinari.

 

C’è anche chi lo detesta più di prima, l’amico di Chávez: ma sono persone senza fantasia, gente come gli inglesi. Il più grande calciatore della storia. Ma di quale calcio? Del calcio eterno e primordiale e istintivo come una guerra o una scommessa, felice e brutale, persino sleale. Un bambino che scarta tutti, poi torna indietro e li scarta ancora, e poi riprende la palla ancora e ancora. Gioco, furia. La vita. E tutte le occasioni mancate. Non certo del calcio come scienza tattica marketing, e presentabilità sui social. Il calcio asettico che compriamo ogni giorno al mercato televisivo, ma col desiderio inconscio di ritrovare quell’altro: quello più vero. Quello che il Pibe de oro è stato come nessuno altro.

Kusturica è un talento balcanico incostante e parallelo, una sequenza geniale e una baracconata inutile, senza stacchi di montaggio tra i film e la vita e le sue idee eccessive. Come il Maradona magico del campo e quello disastroso di fuori. Maradona by Kusturica è un docufilm, anzi un film d’autore, anzi un documentario che a tratti diventa grandiosa invenzione veritiera come un mockumentary. Era uscito nel 2008 (c’era ancora Fidel, per dire). E’ un rapporto di fascinazione durato anni, avanti indietro tra Buenos Aires e Belgrado, tra un’infinita messe di immagini d’epoca, di gol e trionfi, di folle e di feste e parole in libertà – anche molto al di là della libertà vigilata – tra due animali più anarchici che liberi, senza equilibri. Con molti momenti intensi, di sincerità superiore a qualsiasi media. In due parole: un film caotico e volutamente sgangherato. E dunque il migliore ritratto mai fatto di Diego Armando Maradona.

(foto Ansa)

Non potevano non incontrarsi, e farne esplosione di racconto, confessione. Il Picasso del futbal: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita a imparare a dipingere come un bambino”, diceva Pablo; Diego ce ne ha messi sessanta per continuare a palleggiare come un bambino. E l’istrione serbo a guardare, a domandare. Ci sono Fidel, Morales, Porto Alegre, la maledetta Nato che bombarda Belgrado, il reddito di poveranza e l’inno a tutti i diseredati della Terra neoliberista. Ma lasceremo ai noiosi o agli inglesi la non necessaria necessità di dire che è tutto sbagliato. Chissenefrega. Certo che è follia, ma pensate che il calcio lo si ami in virtù del fatturato della Playstation? Ma ci sono soprattutto il gioco, le canzoni, la famiglia, i pentimenti, le magie con la palla e i deliri a chiacchiere seduti tra i bidoni, le immagini incredibili di Napoli. E c’è l’Argentina, il paese capovolto che non capiamo e non capiremo. C’è un uomo invecchiato male ma che ha ben malvissuto, che cammina con Manu Chau per la sua borgata natale mentre lui gli canta la sua splendida canzone. “Io sono la mia colpa e non posso rimediare”, dice il bambino d’oro. “Se io fossi Maradona vorrei vivere come lui”. Gli canta Manu Chau. Poi ancora i palleggi infiniti in bianco e nero di un bambino nato sessant’anni fa.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"