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Da Cultura Italiae

Muoversi oggi per salvare lo sport di domani

Che cosa resterà dopo lo stop alle attività di base? Tredici idee per cambiare un modello che non regge più

Piero Vietti

Mauro Berruto e Fabio Pagliara chiedono al mondo dello sport e ai decisori politici di iniziare a pensare adesso a come dovrà ripartire lo sport dopo lo stop e la crisi. Non chiamatelo appello

Ha superato in pochi giorni le 10.000 firme, ma non chiamatelo appello. È il manifesto “Sportivi-L’Italia che si muove”, lanciato dalla piattaforma Cultura Italiae con primi firmatari l’ex coach della Nazionale maschile di pallavolo Mauro Berruto e il segretario generale della Fidal Fabio Pagliara, entrambi noti ai lettori del Foglio Sportivo. Firmato subito da nomi noti del mondo sportivo, da Massimiliano Allegri ad Adriano Panatta, da Livio Berruti a Sara Simeoni passando per Filippo Tortu, Margherita Granbassi, Tania Cagnotto, Andrea Abodi e Luigi De Siervo, “Sportivi” non è “una richiesta di riaprire gli impianti o di dare soldi al mondo dello sport – racconta Pagliara – ma un invito a cogliere il ‘buono’ della crisi che c’è per fare ragionamenti più alti e ridisegnare il sistema quando ripartirà”. Non è poco, in Italia. Non ci si lamenta della situazione negativa, si cerca di reagire in modo costruttivo. “La pandemia ha reso evidente a tutti che lo sport è un’esigenza sociale: stiamo male se non ne facciamo e non lo vediamo”. Da mesi Mauro Berruto dice che un meteorite sta per abbattersi sullo sport di base in Italia, e che non basta spostarsi di qualche metro per non farsi colpire. È certamente “lodevole che si intervenga con i ristori – prosegue il segretario generale della Fidal – ma non basta. Non si può pensare di superare questo momento di crisi e  ricominciare come prima, semmai la crisi  si supera se si cambia”.

   

Il manifesto avanza tredici proposte concrete, partendo dal presupposto che “il mondo dello sport è consapevole del momento di grande difficoltà che il nostro paese sta vivendo e ha strenuamente dimostrato il proprio senso di responsabilità attraverso la capacità di seguire le regole, di tutelare la propria e l’altrui salute, di fare squadra, di lavorare per obiettivi”. Dopo avere ricordato l’importanza dello sport per la salute, la società, la cultura, l’economia, l’inclusività e l’educazione, il manifesto chiede che prima di tutto si impedisca a molte realtà di base di chiudere per sempre con sostegni economici ai centri sportivi e alle famiglie, ma poi immagina interventi creativi per tutelare i più fragili, utilizzare al meglio  palestre   e spazi all’aperto, utilizzare il tempo senza attività  per studiare storia dello sport. “Questo è il momento giusto per  essere pronti a ripartire – ci dice Berruto – e bisogna farlo adesso, nell’epicentro del problema, se no ci dimentichiamo e riadattiamo. Se adesso che lo sport è assediato da questa crisi facciamo passare questo momento e torniamo a ragionarci tra un anno,  riproponendo magari lo stesso modello, non sarà servito a nulla”.

   

Anche perché il modello su cui lo sport italiano si è basato dal secondo Dopoguerra fino a ieri è stato stravolto.  “Per decenni ha retto su tre pilastri: il sostegno dei privati, il sostegno delle famiglie che pagano la quota sociale, i luoghi dove fare sport. A rotazione uno di questi pilastri poteva venire meno, ma mai tutti insieme. Ora sono in crisi tutti e tre.  Questo modello è esploso, polverizzato, attaccato sui tre versanti”. Ecco perché una parte del manifesto chiede a chi di dovere di salvare il paziente-sport in codice rosso, l’altra parte chiede di pensare a come cambiarlo. Non è indirizzato soltanto a governo,  politica, o ai vertici istituzionali dello sport, (che peraltro in questi mesi non si parlano tra loro), ma innanzitutto “al mondo dello sport. Certo, i decisori devono agire in fretta, creare una condizione normativa per salvare lo sport di base e permettere la nascita e la crescita di un nuovo modello”, ma servono soprattutto idee. Inutile pensare di restare aggrappati a un mondo che si sta sgretolando, per poi contare i sopravvissuti a terremoto finito. Nelle intenzioni di Berruto e Pagliara questo manifesto “deve vivere a lungo, diventare una mappa per chi verrà dopo e dovrà decidere come ricominciare”. Per questo, già dalla prossima settimana, l’idea è quella di chiedere a tutti i firmatari di mandare idee concrete e fattive per ciascuno dei  punti. “Non so quante delle tredici azioni suggerite andranno a buon fine – continua a Berruto – ma ci sono cose che vanno fatte a prescindere”. Sarà dura non farsi tirare per la giacchetta, ma Berruto ha il vantaggio di essere “libero”, senza incarichi istituzionali.

   

Il manifesto non finirà sulla scrivania dei decisori così come è, dunque, rischiando di fare la fine di quasi tutti gli appelli. La raccolta di proposte concrete “serve proprio per andare dagli interlocutori politici e dire loro che anche dalla base arrivano idee”, spiega ancora Pagliara. Non è una rivendicazione egoista con il fiato corto, semmai uno sprone a capire che quel mondo sta cambiando. “Come Armani si è messo a fare mascherine a inizio emergenza – dice Berruto – riconvertiamoci anche noi. Se non si può andare in palestra, e in certe zone nemmeno nei parchi, usiamo questo tempo per lavorare su temi culturali legati allo sport. Quando ricominceremo avremo comunque atleti migliori: non solo perché la mancanza avrà aumentato in loro il desiderio di tornare a praticare la propria disciplina, ma anche perché nel frattempo avranno lavorato sulle loro capacità mentali, ad esempio”. Una volta raccolte le proposte, “a fine novembre metteremo a disposizione di chiunque quel lavoro”. Che non può restare lettera morta.

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  • Piero Vietti
  • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.