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Antonio Conte contro il metodo Davigo

Redazione

Il ct della Nazionale italiana di calcio commenta la sua assoluzione dopo quattro anni di processo: “Non dimentico la perquisizione alle 5 del mattino, le tv sotto casa già avvisate, i titoloni dei giornali, i giustizialisti”.

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“La fine della vicenda calcioscommesse è una buona notizia, ma non dimentico i giustizialisti”. A 28 anni esatti dalla morte di Enzo Tortora, vittima del tritacarne mediatico-giudiziario, il ct della Nazionale di calcio Antonio Conte, assolto pochi giorni fa dall’accusa di frode sportiva dopo quattro anni di indagini e processi, si scaglia contro il giustizialismo della magistratura, dell’informazione, dell’opinione pubblica.

 

“Un’assoluzione non fa dimenticare i quattro anni passati – ha spiegato l’allenatore azzurro – non fa dimenticare una perquisizione a casa alle 5 del mattino, le tv sotto casa alle 6 del mattino già avvisate, tanti titoloni sui giornali in prima pagina, tante trasmissioni, tanti giustizialisti, tante situazioni che hanno fatto male a me, alla mia famiglia”. “Questo non posso dimenticarlo, sono cose che hanno tracciato un solco e rimarranno indelebili nella mia vita. Sono contento dell’assoluzione, ma non è una vicenda del tutto a lieto fine”, ha aggiunto Conte.

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L’allenatore della Nazionale ha anche raccontato di aver “evitato di  fare scelte di comodo” che gli avrebbero consentito di evitare il processo e ottenere la prescrizione: “Le mie scelte sono state fatte per avere un giudizio”. E ai giornalisti che imperterriti continuano a foraggiare il filone manettaro, chiedendo ex post se “in caso di condanna si sarebbe dimesso”, Conte ha replicato: “Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. C’è un’assoluzione che ha spazzato via ogni dubbio”.

 

Arresti annunciati compiuti sotto i riflettori dei giornalisti, il principio costituzionale di presunzione d’innocenza più volte calpestato, processi lunghi che finiscono nel nulla: impossibile non rintracciare una connessione tra il caso Conte e l’attualità della cronaca politica, segnata dall'offensiva mediatica del presidente dell'Anm Piercamillo Davigo. Perché probabilmente, come abbiamo scritto, in Italia non è il calcio a essere uguale alla politica, ma sono i pm (e i giornalisti) che sono sempre uguali a se stessi.

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