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Contro tutti i turisti. Soprattutto quelli che mangiano pesce

Camillo Langone

Ogni tipo merita un’avversione peculiare. Turisti poveri e ricchi, da mare e da monte, da Parma e da Puglia. Tocca analizzarli

I turisti sono quelli che mangiano il pesce. Quelli che sull’Adriatico mangiano il pesce del Tirreno. Quelli che sul Garda mangiano il pesce dell’Adriatico. Quelli sono i turisti. Io li riconosco subito, li sgamo, al ristorante non ho bisogno di guardare come si vestono, di sapere da dove vengono, mi basta intercettare la comanda. L’ittiofagia è il marchio a fuoco del turista, che è un povero pavloviano: pesce uguale mare uguale vacanza. Devo pertanto precisare: i turisti sono quelli che mangiano il pesce di acqua salata. Ovunque si trovino.

La totale avversione dell’italiano contemporaneo, homo turisticus, nei confronti del nobile pesce d’acqua dolce la spiego così: solo il mare è davvero vacanza, perfino se ti trovi lungo un torrente pullulante di salmerini.

Non odio tutti i turisti, molti li disprezzo, moltissimi li detesto ma ne odio soltanto alcuni e di solito sono quelli che mi ritrovo davanti in autostrada o al ristorante: non hanno una casa? Vorrei essere ancora più misantropo di quello che sono, ancora più ostile all’umanità transumante eppure non riesco a concordare con Martin Heidegger: “Il turismo dovrebbe essere vietato”. Credo di sapere le sue motivazioni che potrei anche condividere ma in mezzo secolo (il filosofo parlava nel 1973) i divieti si sono moltiplicati e aggiungerne un altro proprio no. Sarà che gli ambientalisti già da tempo molestano i voli e ora propugnano la limitazione dei “viaggi aerei di piacere”, e si capisce che il problema principale è proprio il piacere, il diletto, il gusto: non sia mai che qualcuno goda. Come tutti i culti pagani anche quello di Madre Natura esige sacrifici. Ed essendo un credo apocalittico i sacrifici devono essere, per coerenza, cospicui. Ecco perché appena sento parlare di turismo sostenibile, responsabile, etico mi viene voglia di partire e a volte parto davvero: naturalmente in macchina a benzina.

 I turisti sono quelli che mangiano il pesce. Oppure crostacei. Purché di allevamento come i pesci (si potrebbe sintetizzare così: uomini di allevamento mangiano animali di allevamento). Sono quelli che in Trentino mangiano i gamberi della Thailandia. Ecco, guardali bene, sono quelli i turisti.

 Sono contro tutti i tipi di turisti ma sempre per motivi diversi: ogni tipo di turista merita un’avversione peculiare. Tocca analizzarli. Ci sono i turisti poveri e i turisti ricchi. I turisti da mare e i turisti da monte, e poi i turisti da città d’arte. I turisti italiani e i turisti stranieri. I turisti da Parma e i turisti da Puglia. Ci sarebbero anche i turisti da Provenza ma quelli quasi li rispetto: in nome di alcune vecchie foto (in primis “Paloma Picasso” di Helmut Newton, Saint-Tropez 1973, sempre 1973) non mi accanirò... Preferisco i turisti ricchi innanzitutto perché sono meno numerosi dei poveri. Così come preferisco i giapponesi ai cinesi. “Ama ciò che è raro” è uno dei miei motti. E i giapponesi sono meno di un decimo dei cinesi. E mi sembrano, quando arrivano in Italia in forma di turisti, più garbati. Houellebecq scrisse che “i cinesi non solo mangiano con ingordigia, ma per giunta ridono sguaiatamente e con la bocca aperta, quindi schizzando tutt’attorno boli di cibo e, come se non bastasse, sputano per terra e si soffiano il naso con le dita – in pratica si comportano da veri maiali”. Chiaramente posso citare questo passaggio di “Piattaforma” solo perché non lavoro in Rai: chi lavora in Rai o chi intende lavorare in Rai non può permettersi preferenze personali, deve parlare come un automa, alla maniera di Chat GPT. Anzi, dev’essere più allineato ancora visto che perfino l’Intelligenza Artificiale è tacciabile di razzismo. Alla mia domanda sulle differenze fra i due popoli ha risposto: “Il comportamento sociale in Giappone è più formalizzato rispetto alla Cina. I giapponesi attribuiscono un’enfasi particolare all’etichetta e alla cortesia”. Nonostante il governo mameliano, in Rai e sui social potentissimi spadroneggiano sempre e soltanto i Compagni di Cina. Come ha sperimentato sulla sua pelle il telecronista Leonardo Leonarduzzi, massacrato per aver detto che un nuotatore di nome Riccardo i cinesi lo avrebbero chiamato “Liccardo”. Niente scherzi! Goliardia proibita! Pechino uber alles!

 I turisti sono quelli che mangiano il pesce con le lische: tolte, nei ristoranti di alta cucina (ma qualcuna per errore può sempre rimanere); lasciate, nei locali di cucina bassa. E pensare che qualche pesce senza lische esiste: lo storione aristocratico, lo squalo crudele... I turisti non li conoscono o non li ritengono commestibili: il turismo è ignoranza e masochismo insieme.

 I turisti ricchi, dicevo. Che almeno sono pochi e non causano ingorghi in autostrada. E che spendono. Gli scemi, i manichei penseranno che la mia preferenza per i turisti ricchi sia dovuta a classismo, al volermi snobisticamente mostrare difensore di privilegi altrui. Al contrario: preferisco i turisti ricchi perché solidarizzo con i poveri lavoratori del turismo. Sono stato uno di loro. Da ragazzo feci il barista, il cameriere, il bagnino a Lido del Savio, località romagnola minore che i ricchi giustamente non sanno nemmeno dove si trovi. Non avevo ferie, malattia, contributi, niente di niente, l’unico giorno di riposo era il giorno di pioggia che attendevo come manna dal cielo, e da allora sono un dark e amo le nuvole. I turisti poveri producono posti di lavoro povero mentre gli ospiti degli alberghi di lusso producono posti di lavoro dignitoso e tutelato. Aneddoto: sulla costa pugliese ho scoperto una pizzeria dove il calzone costa poco e costa uguale sia al tavolo, serviti e riveriti, sia al bancone, come asporto. Il locale è affollato da indigeni felici e turisti egoisti che pensano solo a ingozzarsi, beatamente incapaci di farsi la domanda che a me viene spontanea: ma lo pagano il cameriere?

 I turisti sono quelli che mangiano il pesce. Quelli che al sud mangiano il salmone della Norvegia. Quelli sono i turisti, metterselo in testa.

 I turisti da mare e i turisti da monte. I secondi sono teoricamente meno peggio dei primi, siccome minoritari, e però i tornanti sono più stretti delle litoranee e alla fine gli ingorghi si equivalgono. Odio di più i turisti da mare perché si spogliano di più. “Esibizionismo e assenza di pudore sono caratteristici di una società in cui l’ostentazione compensa la mancanza di profondità” ha scritto Chantal Delsol. Io che sono profondissimo se potessi andrei in spiaggia vestito come Aldo Moro a Terracina, in giacca e cravatta, e visto che non posso, niente spiaggia. Ci sarebbe forse una via d’uscita di nome Marinella: “L’eleganza anche in vacanza”. Una bellissima utopia. Una sfilata di nodi, colletti e doppiopetti sullo sfondo dei Faraglioni. Esisteranno simili capi e tessuti al di fuori del profilo Instagram della fulgida Casa napoletana? Trovandomi molto lontano da Capri, circondato da uomini che girano per strada all’incirca in mutande, non so. E i turisti da città d’arte? Sono i più velleitari. Si credono superiori e sono deturpatori. Poggiano deretani e schiene sudate sulle sedie di plastica dei locali che sfigurano i centri storici, per avvelenarsi di spritz. Si mettono in fila per vedere l’arte morta, l’arte sacra ammazzata dai musei, l’arte che (a loro) non dice più nulla. Anziché andare a vedere i vivi e vegeti: Omar Galliani a Palazzo Reale, Milano, la collettiva “Volti” sul lago di Como coi ritratti di Daniele Galliano, Giovanni Iudice, Bernardo Siciliano, Daniele Vezzani, la personale di Patrizio Di Massimo alla Pinacoteca di Jesi, l’omaggio a Pasolini di Nicola Verlato al Maschio Angioino, Napoli... 

Riguardo turisti italiani e turisti stranieri ho già detto troppo parlando di cinesi e giapponesi, non voglio rischiare ulteriormente scrivendo di americani e arabi... Riguardo invece i turisti da Parma e i turisti da Puglia? Sì, avevo promesso di parlarne ma ho appena cambiato idea, ho deciso di non entrare nei dettagli, chiamatemi vile ma a Parma e in Puglia ci abito, conosco sindaci e commercianti, ci siamo capiti. Ammetto tranquillamente che sarà l’abitudine ai luoghi, l’assuefazione, a impedirmi di capire perché attraggono tanto. Al di là del parmigiano cavallo crudo e dei pugliesi molluschi crudi, cibi supremi e distintivi che però se sei un vero turista non ce la fai a mangiarli, ti fanno un po’ senso e anche se non ti fanno senso il mio consiglio è lasciar perdere, lo stomaco turistico è inadatto, potrebbero addirittura farti male.

 I turisti sono quelli che mangiano pesce: preferibilmente tonno, essendo tonni.

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  • Camillo Langone
  • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).