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vizi dell'informazione

Contro la dittatura del “ma”, subdola particella, quando le cose vanno bene

Giuliano Ferrara

Ha funzione avversativa e un grande potere logico, politico, civile: un potere esagerato, assoluto in certi casi. Riconoscere che alcune cose vanno meno peggio di come si pensava è un gesto anticonformista

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Il “ma” è una particella di coordinazione del discorso, però avversativa, e ha un grande potere logico, politico, civile, un potere esagerato, assoluto in certi casi, e un infido carisma. Una persona che conosco non poi così bene, cioè Io stesso, me stesso, è spesso oggetto di giudizi segnati fatalmente dal “ma”: è cattivo, ma intelligente. Questa persona si irrita e si turba e vede in quella particella una insidia, vorrebbe, se proprio bisogna mantenerla in vita, rovesciarne il senso: è scemo, ma è buono, meglio ancora: è scemo e buono. Così infatti Io stesso si sente e pretende di essere, senza se e senza ma. Questa però è psicoanalisi, per fatto personale.      

 

Grave è che la dittatura della Particella affligga l’informazione intorno non si dica alla verità, basta dire alla verisimiglianza, una certa conformità, tra i dubbi, all’indubbio dei fatti accertati, adaequatio rei et intellectus come diceva sor Tommaso d’Aquino. Se leggete bene articoli e titoli di giornale, di servizi televisivi, di siti che influenzano la percezione immediata, nelle 24 ore, della realtà, vi accorgerete che un certo tipo di notizie, specie quelle riguardanti l’economia (anche la climatologia fa la sua brava parte), è sempre soggetto all’egemonia tremenda, apparentemente dialogica e invece irrecusabile, univoca, del “ma”.

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L’ultima riguarda le bollette del gas. Sono diminuite dell’importo del 34 per cento, ed ecco che subito si aggiunge un castratore e lezioso, anche pericoloso, “ma”. Quando erano aumentate, notizia ghiotta, eccitante, venefica, allora la Particella si era nascosta da qualche parte. Si scriveva, nelle tribune sopra ricordate: il gas aumenta del 400 per cento, punto. Niente “ma”, nemmeno un tuttavia, un però o altre consolazioni.  

 

Lo stesso per i dati sull’occupazione: sono aumentati i posti di lavoro occupati, mai così tanti attivi nel mercato, ed ecco il “ma”. Lo stesso su inflazione e pil: la tendenza è al ribasso del rialzo dei prezzi da guerra e caro energia, e la crescita ci fa la sorpresa di comportarsi bene, cioè di crescere, ma, ma, ma. Alla previsione di una recessione, basta la previsione, invece segue immancabilmente il punto fermo.

 

Ora vi confesso che anch’io uso il ma, ed ecco che lo faccio subito, uso il ma, ma non sono sicuro che sia sempre indizio di curiosità logica e psicologica, di apertura a versioni le più diverse dell’accaduto, credo anzi che spesso dietro alla Particella si nasconda un modo un po’ subdolo di affermare un pensiero dominante, che non tollera contraddizioni, che non ammette dubbi: e che, adesso, nel disastro apocalittico scoviamo fatti che vanno nella direzione opposta, che addirittura edificano, ma siamo matti, il costo dell’energia cala, si fanno in tutto il mondo grandi affari, le borse non gemono, la crescita smentisce gli indovini e i profeti di sventura, e che è, il Bengodi invece del pantano?

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Il “ma” è in due lettere (o potrebbe esserlo) la conferma di un meraviglioso aforisma, credo di Wilde: nutro idee che non condivido. In quanto tale è benemerito. Ci mancherebbe una affettazione di sicurezza e perentorietà nell’epoca del pensiero e del fatto definito dai sociologi “liquido”. Giusto assumere la postura giusta. Te lo dico a sorpresa che le cose vanno benone, malgrado tutto, ma uso il “ma” per non parerti un ottuso apologeta dell’esistente. Dio ne guardi: meglio essere considerati anarchici insurrezionalisti che tranquilli liberali al Barolo. Però l’anticonformismo e la buona voglia che allignano dietro la ormai onusta di anni e passioni campagna ottimistica e razionale del Fogliuzzo, e del suo direttore, dovrebbero essere talvolta premiati dal riconoscimento che alcune cose vanno meno peggio di come si pensava che dovessero andare, magari per serietà, sobrietà, senso comune, magari per pigrizia intellettuale. Forse è sbagliato, “ma” almeno proviamoci.

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