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Le insidie delle lezioni di legalità. Anche se tenute da Geronimo Stilton

Guido Vitiello

Un’iniziativa editoriale per bambini finisce in un turbinio di retorica spicciola. Un giorno qualcuno dovrà prendersi la briga di ricostruire con cura le molte vie che hanno condotto a questa forma di pedagogia

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Se vi dico Geronimo, qual è la prima cosa che vi viene in mente? Voglio dire, a parte il capo Apache. Faccio una congettura anagrafica: se siete antichi lettori del Foglio, persone che negli anni Novanta avevano già raggiunto l’età della ragione o quanto meno dell’elettorato attivo irragionevole, probabilmente penserete all’ex ministro democristiano Paolo Cirino Pomicino, che sotto quello pseudonimo raccontò – in libri preziosamente pettegoli come “Strettamente riservato” – i torbidi intrecci tra procure, stampa e manovratori politici che portarono al crollo giudiziario della Prima Repubblica. Se siete un po’ meno attempati, o magari nel frattempo avete prolificato e vi trovate in casa dei lettori che ancora portano i craxiani calzoni alla zuava, il nome Geronimo si trascinerà subito dietro il cognome Stilton, e penserete al topo intellettuale dei libri per bambini che dirige il più grande giornale di Topazia, L’Eco del Roditore (testata che, per inciso, si adatterebbe benissimo a più di un quotidiano italiano). 


Ebbene, non è detto che le due associazioni mentali debbano escludersi. L’altro giorno non ho resistito e, pur non avendo bambini, ho preso in edicola “Il piccolo libro della legalità” di Geronimo Stilton, pubblicato dalla Repubblica. Non è la prima volta che cedo a tentazioni del genere. Nel 2010 mi appassionai a “Le regole raccontate ai bambini” di Gherardo Colombo e Marina Morpurgo, una specie di favola del magistrato buono e del politico cattivo illustrata con disegni che senza saperlo brulicavano di memorie iconografiche di un secolo intero di pedagogia dell’uomo nuovo: marmocchi festanti dietro cartelli con scritto “Viva la legalità!” e “Vogliamo la legalità!”. Era tutto sinistramente comico. Il libricino di Geronimo Stilton ha delle illustrazioni meno efferate ma per il resto è nello stesso solco. Comincia come una storia innocua sul vandalismo in un parco, sennonché di pagina in pagina quella parolina, legalità, spicca il volo dal suo significato terra terra (conformità alla legge) per abbracciare un orizzonte infinitamente più vasto. La legalità “è una scelta che tutti noi compiamo ogni giorno, anche nei piccoli momenti quotidiani, anche quando non ce ne rendiamo conto: è un modo di affrontare la vita, facendoci guidare dai valori importanti!”. Di più, “la legalità è con noi in ogni momento della giornata”. Vorticando in questo turbine retorico, la parola legalità sviluppa una forza centripeta che la porta a fagocitare e inglobare tutto ciò che di buono c’è a questo mondo: sincerità, gentilezza, condivisione, rispetto, amicizia… “Possiamo provare a fare un paragone con il cielo notturno: se in questo cielo riusciamo a far risplendere le ‘stelle della legalità’, non solo le nostre vite ne saranno illuminate, ma tutta la società potrà trarre beneficio dalla loro luce per compiere un cambiamento reale”. 


Non ci tengo a infierire su un libro per bambini che forse nessun bambino leggerà, ma sulla mentalità degli adulti che ci stanno dietro sì. Un giorno qualcuno dovrà prendersi la briga di ricostruire con cura le molte vie che hanno condotto a questa forma di pedagogia – l’alleanza cementata negli anni Novanta tra la cultura dell’antimafia palermitana, l’antiberlusconismo del ceto medio riflessivo, i feticisti costituzionali di Libertà e Giustizia, le mille iniziative di Gherardo Colombo, la cultura professionale di un’avanguardia della magistratura che ha coltivato una nozione sempre più estensiva del “controllo di legalità”. In breve, sarebbe un capitolo – non certo il più importante – della storia di un’espansione semantica che accompagna un’espansione di potere. Per parte mia, mi limiterò a citare una vecchia pagina di Augusto Frassineti, che dopo l’istituzione dell’insegnamento dell’educazione civica nel 1958 si era divertito ad analizzare i primi manuali scolastici sul tema (la trovate in “Tre bestemmie uguali e distinte”, un libro del 1969 ripubblicato l’anno scorso da Italo Svevo, e siccome la legalità ci osserva anche quando non ce ne accorgiamo mi affretto a fugare le accuse di conflitto d’interessi e a dichiarare che ne sono il prefatore). Scriveva Frassineti: “Vi sono dei manuali che rendono omaggio alla Resistenza, che condannano il fascismo, che illustrano la Costituzione senza omissioni faziose né disinterpretazioni palesi, e nei quali tuttavia circola uno spirito profondamente reazionario, un autoritarismo moralistico e precettistico disgustoso e funesto: l’essenza vera del fascismo perenne italiano. E sono questi, ovviamente, i testi più insidiosi”. 
Anche se sono scritti per i bambini.

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